Nell’indifferenza generale, ora allietata dalle feste natalizie che mal si conciliano con problemi sanguinosi e imbarazzanti, Pierluigi Battista ci ricorda il massacro degli Uiguri, la loro continua e spietata repressione che avviene, da parte del governo cinese, nell’assoluto silenzio delle democraticissime nazioni occidentali, pervase da un liberalismo buono per dare battaglia sui diritti degli omosessuali, per condannare il bieco maschilismo e sacrificarsi sull’altare della salvaguardia del bue muschiato, ma così sfortunatamente distratto quando a reclamare attenzione sono minoranze di importanti soci in affari: gli americani fino a pochi decenni fa, i cinesi oggi (i russi mai, manica di mafiosi pieni di testosterone, a dar retta alle pellicole hollywoodiane). I nativi nordamericani, i messicani, i latino in generale, gli afroamericani per i primi (ovviamente con modalità e conseguenze assai diverse), gli uiguri e i tibetani per i secondi, i ceceni per i russi.
Difficile biasimare apertamente gli americani per come si comportano nel cortile di casa; imbarazzante apostrofare Xi Jinping per le minoranze represse; assai più facile fare le linguacce a Putin. Anche Erdogan pare fin troppo protetto e mi sembra si parli pochissimo, quasi zero, di armeni, curdi e minoranze greche. E delle tribù amazzoniche, e dei maori, e delle minoranze russofone in Estonia, che poi se dal vago concetto di minoranza etnica passiamo a quella religiosa, avremmo veramente molto da indagare fra gli “amici” arabi che ci forniscono petrolio e fra i simpatici induisti.
La facile morale di questa breve riflessione è che il mondo dei disgraziati ha delle sue classifiche: i tibetani, per esempio, hanno uno straordinario testimonial nel Dalai Lama, mentre gli uiguri, in quanto musulmani, partono già con un forte handicap, e non dite di no. E degli sponsor diversi; se il repressore è potente, ha in piedi milioni di dollari di commesse con noi democratici perbene, oppure ci elargisce risorse indispensabili per il nostro benessere, bisogna essere attivisti estremamente motivati per girare le spalle a quel ben di dio a favore di pochi miserabili straccioni. Motivati come il calciatore Antoine Griezmann, che ha rifiutato un vantaggioso contratto con Huawei (ce lo ricorda Battista) perché l’azienda ha approntato un sistema di riconoscimento facciale che scova gli uiguri, e Griezmann non ne vuole essere complice. Bravo Griezmann, domani ci saremo già dimenticati.
Se pensate che il problema sia limitato; se pensate che qualche diritto in meno non sia poi così grave e rifiutate di capire che in molti casi si parla di pulizia etnica; se pensate che siano problemi lontani da noi… fate un piccolo sforzo e cercate su Internet. Potete partire per esempio dalla pagina Human Rights del sito https://ourworldindata.org/, per scoprire come repressioni piccole o grandi sono enormemente diffuse in Asia e Africa, in Centro e Sud America, fino alle porte dell’Europa. Poi proseguite liberamente, se credete, ma poi – vi avverto – arriva il conto da pagare in termini di inquietante rovello: “cosa si può fare per cambiare tutto questo?”.
È piuttosto semplice, direi; la risposta l’abbiamo pesantemente fornita a Putin per i suoi peccati, e il concetto, quello di ‘sanzione’, va semplicemente esteso, che poi come cittadini possiamo al massimo procedere con un boicottaggio, ma se lo faremo tutti non sarebbe male. Quindi, quando la persecuzione di milioni di curdi, ceceni, uiguri, eccetera eccetera vi avrà sufficientemente sconvolto, incominciate a non guardare più film americani, a non usare tecnologie cinesi, a non consumare petrolio saudita, a non visitare il TajMahal, a non scaldarvi col gas russo, a non spremere pompelmi istraeliani, a non mangiare più baklava, a non bere tè dello Sri Lanka, e una dozzina di altre cose che ora non mi vengono in mente.
E se il tè può essere sostituito da altre bevande, e se invece dei pompelmi possiamo spremere altri agrumi, onestamente dubito che potremo fare a meno dell’interscambio con la Turchia, con la Russia, figuratevi con gli Stati Uniti e la Cina.
La morale triste di questa che non è una favola è la seguente: possiamo avere contezza dei disastrosi mali del mondo (e già non è semplice), ma più consapevolezza avremo e più saremo preda da un lancinante senso di impotenza. Semplicemente non possiamo fare nulla. Non ci possiamo rifugiare neppure nell’idea che fare pressione sui nostri governanti possa, alla lunga, servire per condizionare quegli altri… I nostri governanti non contano un fico secco e, per essere chiari, anche se tedeschi, inglesi e francesi contato enormemente più di noi, neppure loro possono fare nulla. Le regole di questo gioco sono in mano a forze composite, cangianti, che a volte si coagulano e alleano, altre volte si rarefanno e dividono, con logiche fuzzy che sono lontanissime dalla possibilità di governo. Neppure Xi Jinping, per essere chiari, che pure è un giocatore di primo piano di questa partita, ha il pieno controllo del gioco e delle sue regole.