Alessandro Barbano si interroga sull’HuffPost sul tema; arrivano i vaccini ma nessuno sa quale sarà la risposta della popolazione in Italia, in Europa ma sostanzialmente ovunque nel mondo:
tutti sanno che, mai come in questo caso, una minoranza può condizionare il destino della maggioranza. Prendete il caso dell’Italia: per raggiungere l’immunità di gregge occorre che entro l’anno prossimo il vaccino sia somministrato ad almeno 42 milioni di cittadini, pari al 70 per cento della popolazione. Da questa massa vanno escluse le persone con una storia di reazioni allergiche pericolose per la vita, una quota di immunodepressi e di donne in gravidanza, i bambini e i ragazzi sotto i 16 anni, che da soli fanno circa 9 milioni. Vuol dire che ne bastano altrettanti di renitenti al siero per trasformare la campagna di vaccinazione in un flop come quello di Immuni, l’app promossa dal Ministero della Salute per il tracciamento dei contatti.
A partire da questa constatazione Barbano si chiede se sia il caso di rendere la vaccinazione obbligatoria. L’ Autore fa capire di essere contrario a queste soluzioni perché “sporcano il volto della democrazia”; mi piace questa immagine, e mi fa anche capire cosa intenda Barbano con democrazia: un concetto mitico, pulito, che ha gli strumenti interni, propri, di controllo e stabilità, e che deve trovare in se stessa il modo di affrontare le crisi che l’attraversano, senza scorciatoie autoritarie, per esempio, che “la sporcherebbero”.
Scrivo da tempo su Hic Rhodus che questo concetto di democrazia è morto e sepolto da tempo. In realtà non è mai esistito in pratica e a tutto tondo. Ce ne sono stati brevi esempi, accenni incompleti, nella seconda metà del secolo scorso, ma è sempre esistito un mito democratico che ha per lungo tempo nascosto, in gran parte, la realtà di una democrazia ampiamente imperfetta, che ha dato luogo a disuguaglianze sempre maggiori, a ingiustizie sociali palmari, a guerre e opportunismi su scala globale. Ha dato il destro a classi dirigenti sempre più scadenti, a un linguaggio politico sempre più volgare e banale. Citatemi i tre elementi che caratterizzano una democrazia ideale, e vi garantisco che andremo facilmente a vedere, dati alla mano, che quegli elementi sono traditi dai fatti. L’idea che ‘democrazia’ equivalga, più o meno, al suffragio universale, e che il diritto di votare la classe dirigente ogni pochi anni sia, in sé, l’elemento necessario e sufficiente della democrazia, è un falso palmare: guardate la Brexit, guardate Trump, guardate chi ci governa in Italia.
Abbiamo trattato delle cause di questa situazione in numerosi articoli passati e non voglio ripetermi, salvo ricordare che il processo è stato lungo, subdolo, anche seducente: un piano inclinato iniziato alcuni decenni fa, disceso prima dolcemente, poi più velocemente, fino ad accorgersi troppo tardi di essere finiti in fondo al baratro. Questo piano inclinato è il frutto di un difetto strutturale (permettetemi di chiamarlo così con qualche semplificazione) della democrazia liberale del Novecento: i diritti universali (alla vita, alla dignità, alle uguali opportunità di partenza) sono diventati diritti corporativi contrapposti gli uni agli altri; l’attenzione ai deboli, ai poveri, agli esclusi, è diventata scuola di massa (giusto) dove Gianni (il bambino sfortunato e deprivato della Lettera a una professoressa) non è stato aiutato a salire al livello del “figlio del dottore”, ma gli si è invece costruito un sistema di istruzione a sua misura, cosicché Gianni è rimasto ignorante ma non più bocciato, mentre il figlio del dottore – se non è stato mandato in una scuola privata – si è annoiato a morte senza sviluppare le competenze alle quali poteva accedere (una critica puntuale al testo di don Milani QUI); l’attenzione all’inclusione sociale (giusta) è diventata accettazione di tutto e di più anche accogliendo valori che hanno l’obiettivo dichiarato di minare il sistema democratico, e qui ci sono anche i no vax. E via di seguito perdendo, man mano che si scendeva lungo quel piano, il senso del concetto di ‘democrazia’; perdendone i connotati, annacquandone i valori e, specialmente, procedendo nella prassi disseminando di campi minati quel concetto, quelle istituzioni, quelle politiche, che tutto assieme abbiamo etichettato come ‘democrazia’ e che oggi è un’altra cosa, molto confusa, composta di molteplici corpi separati, che vaga con moto proprio.
Barbano, nell’articolo che ho citato in apertura, conclude ricordando il concetto di responsabilità:
Se libertà e responsabilità continueranno a divergere, le forme delle prescrizioni e dei divieti tenderanno a farsi più stringenti, con il rischio che l’autorità ceda alla tentazione di scorciatoie che sporcano il volto della democrazia. Per questo la vaccinazione è una partita che si vince con un racconto corale, veritiero e mai velleitario.
Sarei totalmente d’accordo e analoghe erano le mie conclusioni in precedenti articoli su questo tema (per esempio QUESTO). Ma il lettore stanco di bla bla farà una semplice riflessione: l’appello alla responsabilità, la moral suasion, il convincimento dei cittadini da parte delle autorità, sono cose che rientrano in pieno nel vecchio concetto di democrazia che – abbiamo appena detto – non esiste più. Le autorità non sono credibili, la moral suasion premette una “morale” condivisa, e in quanto alla responsabilità beh, questa è figlia dell’impegno, di una scuola meritocratica, di una famiglia che non abbia confuso il suo ruolo educativo… tutte cose cancellate da tempo.
Il risultato quindi sarà il seguente: i vaccini sono arrivati, inizia la campagna di vaccinazione ma le voci contrarie non solo saranno numerose, ma rumorose; perché fa più notizia l’antivaccinismo di una vecchia soubrette che dimenava il sedere trent’anni fa rispetto alle assicurazioni delle Agenzie internazionali sanitarie e farmacologiche; la prima è una sincera cittadina preoccupata, le seconde… chi le paga? Che interessi hanno? Chi c’è dietro?
Sarò chiaro: così andremo avanti pochissimo. Continuando a vagare (= andare in giro senza meta, ma anche essere vaghi, imprecisi, assenti) entro quel simulacro di forma politica e di governo che chiamiamo ‘democrazia’ non troveremo la soluzione al dilemma. Io personalmente – e per onestà dichiaro al lettore che questa non è la linea editoriale di maggioranza di Hic Rhodus – sono per un totale obbligo vaccinale, semmai realizzato non già legando i cittadini a un lettino e infilandogli l’ago in vena ma – ne accenna rapidamente anche Barbano – mettendo dei paletti a tutela dei cittadini; sei un medico? Se non ti vaccini non puoi esercitare; sei un genitore? Se in famiglia non siete vaccinati non potete mandare i figli a scuola; usufruisci di bonus, uno qualunque nella vasta pletora italiana? Se non sei vaccinato quel bonus ti verrà sottratto. E via discorrendo.
Alla vostra domanda “Ma questo non diverrebbe un obbligo autoritario?” Rispondo molto semplicemente con un Sì; ovvio che è autoritario. È autoritario ogni obbligo imposto ai cittadini; era autoritaria la leva militare senza che si gridasse allo scandalo, è autoritario pagare le tasse, il semaforo, poi, è un manifesto di autoritarismo: ma chi si credono di essere costoro per obbligarmi a fermarmi quando è rosso? E se io invece, in nome della mia autonomia responsabile, decidessi di volere andare avanti, non dovrei averne il diritto? No, ovviamente. Il mondo sociale organizzato è fatto di centinaia di obblighi che accettiamo e diamo per scontati, solo perché siamo cresciuti in un contesto che ce li ha presentati come ovvi, normali. Quindi perché no anche alla vaccinazione?