Pensare la democrazia nel Terzo Millennio. 4 – I bisogni

Una serie di punti chiave, chiari, ineludibili, per ripensare la politica, da tempo scomparsa in Italia e – probabilmente – in stato comatoso in tutto l’Occidente. Una serie di punti che riteniamo fondamentali, in ordine logico, che proporremo in diverse puntate ravvicinate. In questa quarta puntata: i bisogni.

Invitiamo tutti i lettori a dibattere questi temi scrivendo suggerimenti e critiche nei commenti.

4. I bisogni sono le rappresentazioni operative, fattuali, dei diritti, ma hanno natura assai diversa. Assolutamente da non confondere con quelli, i bisogni non sono universali ma diversi con l’età, per esempio; certamente secondo il genere e anche l’etnia, la religione, la condizione economica, la latitudine e altro ancora. I bisogni sono anche diversi a seconda degli individui, della loro personalità, dei loro valori, della loro intelligenza e tipi di esperienze maturate. I “bisogni” quindi non sono oggettivi e non possono essere veicolo di pretese, tantomeno di “diritti”, anche se discendono da questi. Riconoscere i bisogni, valutarne la portata, e cercare risposte eque, è compito della politica, che riconosce che non tutti i bisogni possono essere soddisfatti, o soddisfatti completamente, se non altro perché molti di questi confliggono con gli interessi generali e perché le risorse disponibili sono limitate [si veda cap. 2].

4.1 La relazione fra diritti e bisogni è duplice, e va compresa: i bisogni – nello loro soggettività e variazione e contingenza – sono sempre esistiti e precedono la concezione dei diritti; i diritti, d’altro canto, stabiliscono l’universalità e, in un certo senso, la sacralità della natura di determinati bisogni (della loro natura, non della forma storica e contingente con la quale si manifestano).

4.2 I bisogni hanno una natura contingente, storica e soggettiva. I bisogni delle donne non erano riconosciuti pochissimi decenni fa e non esistevano (quindi: non solo non erano riconosciuti) un secolo fa; quelli degli omosessuali più o meno uguale; la storicità dei bisogni, assieme alla soggettività, sono gli elementi basilari per capire che non sono “oggettivi”. La non oggettività dei bisogni non ha a che fare col peso e l’impellenza di soddisfarli di coloro che li esprimono.

4.3 La soggettività dei bisogni non risiede solo nell’individuo che li esprime ma anche – e si potrebbe dire soprattutto – in coloro che li riconoscono. Paradossalmente, i “bisogni” sono quelle cose come tali definiti da chi è incaricato di soddisfarli. L’operatore chiamato a soddisfare determinati bisogni è in buona parte artefice della costruzione sociale di quel bisogno, e di conseguenza della definizione del bisognoso e del tipo e forma e adeguatezza delle risposte a quel bisogno.

4.4 Data la loro origine socialmente costruita è evidente che bisogni differenti possono facilmente confliggere: il mio tentativo di acquisire benessere può scontrarsi col tuo, la mia fame può impoverire il tuo territorio, il mio senso di giustizia essere difforme dal tuo. In nessun modo si può ricorrere a categorie quali Bene e Male, o Giusto e Ingiusto. Ogni individuo ha dei bisogni, in qualche modo, “giusti”. È ruolo della politica trovare equi compromessi, soluzioni almeno parziali, accomodamenti che soddisfino la parte maggiormente soddisfacibile di ogni bisogno espresso che abbia una base di ragionevolezza, alla luce delle risorse disponibili.

4.5 C’è una serie di bisogni che, per quanto esprimibili, non possono essere oggetto di alcuna soddisfazione, o che addirittura devono essere sanzionati sin dal loro apparire; si tratta dei bisogni che ledono i diritti di terzi; non già le opinioni di terzi o i loro interessi materiali (come nel conflitto fra ambientalisti e industriali) ma i diritti in quanto persone [come specificati nel cap. 1]. I bisogni di pedofili, terroristi religiosi, evasori fiscali, neonazisti sadici, per esempio, sono soddisfacibili solo togliendo diritti (alla dignità, alla vita, alla sicurezza, al riconoscimento), oltre che beni, oltre che idee, e quindi sono da rigettare al loro nascere. È compito delle leggi determinare questo rifiuto e sanzionare chi lo viola.

4.6 La complessità sociale aumenta il numero di bisogni espressi e la difficoltà a trovare soluzioni di equo compromesso.

4.7 La mancata soddisfazione dei propri bisogni può dare legittimamente corso a una protesta individuale o collettiva. Nessuna protesta può ledere i diritti altrui.

4.8 In una società ottimamente organizzata i partiti politici, avendo già, all’origine, riconosciuti tutti i diritti, si confronterebbe sul piano dei bisogni, contrapponendo programmi, e visioni generali a sostegno dei programmi, in grado di perseguire con efficacia la soddisfazione dei bisogni di determinati gruppi sociali. Poiché i bisogni cambiano, anche una politica siffatta cambierebbe spesso nella struttura, nell’agenda, nell’azione proposta.

Prossimo tema: le disuguaglianze.

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