Poche donne al governo (più o meno la metà dei colleghi maschi) ma tante che ne scrivono, con vari gradi di indignazione, su più o meno tutti i giornali.
Prima premessa: sì, è assolutamente vero, è certamente un elemento di giudizio negativo sia per Draghi sia per quelle forze politiche, specialmente di sedicente sinistra, che si sono guardati bene dall’indicare al Presidente incaricato, all’epoca in cui ragionava sulla squadra, dei nomi di donne; penso soprattutto al vergognoso PD che ha ficcato al governo tre capi-bastone maschi per salvaguardare i delicati equilibri interni di potere, e non è che nel PD manchino le donne di grande, grandissimo valore. Se perfino Forza Italia ha fatto meglio (sembra, poi ci ritorno), c’è decisamente qualcosa che non va.
Seconda premessa, definibile come “excusatio non petita”; nella mia vita professionale e intellettuale ho sempre cercato, con alterne fortune, di avere una componente femminile nei gruppi di lavoro; per dire (non so se Ottonieri si ricorda): quando progettavamo questo blog eravamo, all’inizio, quattro maschi, e io proposi di invitare qualche valentissima amica; per varie ragioni non si fece, ma solo perché dei quattro rimanemmo in due, con diverse collaborazioni esterne (maschili e femminili). Perché desideravo “qualche” donna? Perché non solo ho la generica consapevolezza dell’importanza e della ricchezza dell’apporto del pensiero di entrambi i generi nella progettazione e conduzione di un’impresa, ma ne ho conoscenza teorica dalla vastissima letteratura scientifica sulla diversa conformazione dei cervelli di maschi e femmine, e sui diversi modi di pensare e vedere le cose, e quindi sull’importanza di entrambi questi mondi; quindi: lo so, lo sento, lo esperimento. Ma anche all’epoca non pensavo affatto di avere “metà donne”, giusto “anche alcune” donne. Perché nella mia lunghissima esperienza scientifica e professionale ho sempre constatato che era bene essere mescolati, ma non necessariamente numericamente paritari; mi sono trovato benissimo in gruppi femminili dove io ero l’unico maschio, come in gruppi maschili con un’unica donna.
Perché nel governo ci sono poche donne (non pochissime, suvvia…)? Una ragione l’abbiamo appena detta: i partiti, alcuni almeno, sono stati vergognosamente latitanti; una seconda ragione è che molti dei “tecnici” in quota Draghi (Colao, Franco etc.) sono, semplicemente, le persone che Draghi conosce personalmente, delle quali si fida ciecamente, che ha voluto nei dicasteri chiave; Draghi, in questi ruoli chiave, non ha scelto i migliori entro una vasta platea di eccellenze maschili e femminili, ma semplicemente – per dirla in modo spiccio – gli amici suoi, che devono rendere conto a lui. È triste pensare che Draghi abbia poche illustri amiche delle quali parimenti fidarsi, si vede che l’imprinting cattolico è potente, che la moglie è gelosa, o semplicemente che queste conoscenze sono maturate in anni di professione in ambienti prettamente maschili; questo è grave – che quegli ambienti siano prettamente maschili – ma se è lì che Draghi ha conosciuto le persone di cui si fida, non è una colpa di Draghi oggi, ma di un sistema sociale ingiusto verso le differenze di genere a monte, e non credo affatto che Draghi doveva dare “un segnale” di genere per accontentare il loggione a scapito del suo progetto.
Adesso smettiamo di parlare di Draghi e parliamo di competenze. Posto che le eccellenze femminili ci sono, e che diverse sono al governo con ministeri anche importanti, dovrebbe essere evidente che non è il genere che fa la qualità. Se non la fa per i maschi non vedo perché lo debba fare per le femmine, e se dico Gelmini (e non solo) ho detto tutto. Non è colpa di Gelmini essere Gelmini, ma è piuttosto evidente che lei (e non solo lei) non è competente, ha mediocre intelligenza, e fa sfigurare assai il suo genere nel gabinetto Draghi, per altro come alcune mezze figurette maschili messe lì per quote di partito, non certo per quote di genere né di intelligenza. Di questo le commentatrici che ho letto non parlano. Occorre dire che non ci sono neppure ministri siciliani, o umbri, o abruzzesi; non ci sono ministri dichiaratamente gay; non ci sono ministri di colore, o comunque con origini extraeuropee; non ci sono ministri musulmani o buddhisti (mi sembra); non ci sono ministri premi Nobel; e così via. Perché queste diverse rappresentanze mancate non fanno scalpore? Perché la mancanza di ministri gay non lede la dignità della comunità LGBT, non sottolinea le capacità che questa comunità esprime, mentre la scarsa rappresentanza (scarsa, termine assai relativo) di donne offende le comunità femministe, insulta l’intelligenza delle donne e penalizza il governo? Perché la mancanza di ministri della mia Umbria dovrebbe farmi contento, non avendo una mia “rappresentanza” in un momento così importante?
Naturalmente vi dico io il perché IMHO.
Perché c’è un tempo e un modo per rappresentare i particolarismi, e altri tempi e altri modi per stabilire delle generalità. Il governo italiano – tanto più in epoca di grave emergenza, ma questo è quasi secondario – deve rappresentare il meglio possibile per tirarci fuori dalla pandemia e dalla drammatica situazione economica. Ho sottolineato “possibile”. Possibile per la composizione del Parlamento, per i livelli di uguaglianza sociale, per la situazione vergognosa del dibattito politico, eccetera, ovvero per un insieme di condizioni che sì, certamente, penalizza in vari modi il genere femminile. Ma ogni ministro di questo gabinetto ha giurato di cercare di fare il bene della Repubblica, non solo dei maschi eterosessuali, bianchi, non siciliani. Le politiche economiche, fiscali, sanitarie, del territorio eccetera, se ben impostate, faranno il bene di tutti i cittadini indipendentemente dal genere; e se qualche volta così non fosse, bene farà l’opinione pubblica femminile a protestare. E bene fanno gli uomini e le donne di buona volontà a continuare con la pressione sociale a spingere per una sempre migliore e maggiore parità nel lavoro e nella politica. Ce n’è bisogno.
Ma davvero, certi commenti “femministi” sono illeggibili e le argomentazioni addotte spesso meschine.