Coerente con la solida piattaforma di idiozie grilline delle origini, Di Battista ribadisce, alla corte di Casaleggio, il suo credo:
Sogno un Paese che per tutti ci sia impossibilità, per legge, di essere eletto per più di due mandati.
Sono certo che non riuscirei mai a spiegare a Dibba e a Casaleggino il perché questa sia una totale idiozia, come sono certo di sprecare tempo coi lettori di Hic Rhodus, che sono un pubblico selezionato e intelligente. Diciamo che scrivo qualche riga per tutti gli altri: né troppo stupidi per capire, né troppo intelligenti per esserci già abbondantemente arrivati da soli.
Agli antipodi col mondo di Paperino e Qui Quo Qua in cui lui vive, noi, qui, pensiamo proprio che la politica sia un mestiere, e nobile, e che vada premiato. Io l’ho scritto su Hic Rhodus per la prima volta 5 anni fa; un’ulteriore interessante analisi la fece Marco Bezzi l’anno scorso, rileggetela.
Poiché la convinzione dei due noti politologi, Dibba e Casaleggino, riguarda anche il reclutamento dei politici fra i condomini più votati nella piattaforma Rousseau, il drastico calo degli emolumenti, nessuna pensione e la galera a vita se ti macchi di un reato, così avremmo la seguente brillante situazione: un tizio, simpaticaccio (o una tizia simpaticaccia) si candida senza sapere un beneamato nulla di nulla di come funzioni la macchina dello Stato, come se ne rediga il bilancio, come funzionano le commissioni, quale sia l’iter delle leggi, e meno ancora di economia, ambiente, sviluppo industriale, ricerca e sviluppo, casino della Libia, pasticcio della Turchia, interscambio con la Cina, migranti e tutto, assolutamente tutto il resto, senza eccezione alcuna. Oddio, semmai fra i simpaticacci c’è la naturopata che ti sa “curare” coi fiori di Bach, o il complottista che farà per tutti noi una vigorosa battaglia contro le scie kimike (non sto facendo lo spiritoso, sto citando a braccio i parlamentari pentastellati della prima ora; adesso si sono tutti scafati, hanno imparato i congiuntivi e non si raggruppano più sul tetto della Camera, proprio perché, dai e dai, qualcosa gli è entrata in zucca).
Questo popolo di insensati vedrebbe pochissimi professionisti competenti di qualche cosa perché, come ha spiegato Marco Bezzi nel suo post, non troverebbero alcuna convenienza a lasciare perdere le loro professioni per buttarsi, per due soldi e uno stop obbligatorio dopo due mandati, in una carrierucola senza slancio, senza premio, e tornare poi dopo pochi anni a riprendere un lavoro interrotto che, per molti professioni, significa ripartire da zero.
Come abbiamo visto dai veterani con 5 (immeritate) Stelle, quelli al secondo mandato sono diventati un pochino più competenti della macchina politica, sono maturati, hanno perfino imparato l’italiano; è normale: se non sei stupido alla fine impari e diversi di loro hanno imparato qualcosina. L’ideona di Dibba, invece, è di sprecare immediatamente e risolutamente il poco imparato. Alè, a casa, zitto e cuccia!
Che lo statista Dibba abbia idee bislacche, lo si coglie anche da questo passaggio, sempre riferibile al decalogo del Perfetto Imbecille Politico (PIP per gli amici) stilato ai bei tempi:
Fondamentalmente, il fatto che i parlamentari o gli eletti debbano rispondere al popolo non è populismo.
Nella visione dibbiana questo significa “vincolo di mandato”; lui – lo statista – è così acuto da non capire che l’obbligo di questo vincolo rende i parlamentari servi delle segreterie politiche, mentre la vera, autentica, coscienziosa aderenza al mandato popolare ricevuto dagli eletti è proprio quella di potere dire “No”, in nome e per conto del popolo che li ha eletti sulla base di certe idee e valori.
Fiato sprecato. Quando, da epoche immemorabili, sin dalle origini di questo blog, abbiamo appellato i pentastellati come proto-fascisti (questa cosa, avendo una pazienza infinita, potremmo provare a spiegarla a Zingaretti, a Letta e a tanti illusi che continuano a ritenerli di sinistra) indicavamo questi e altri potenti ed evidenti fattori e aspetti fenomenologici che gridano autoritarismo, centralismo, massimalismo, pensiero unico, oscurantismo, giustizialismo (pensate al loro Ministro dell’Ingiustizia, Bonafede, uomo da brividi) e tante belle cose che i due filosofi (Dibba e Casaleggio) spacciano per democrazia diretta, partecipazione, in una parola: populismo. ‘Populismo’ non è una bella parola; non significa “che ama il popolo”, ma che lo usa come arma politica; non vuole dire che ascolta il popolo per poi decidere, ma che lo illude di lasciargli la decisione che invece viene pilotata dal gruppo di potere.
Populismo = proto-fascismo; populismo come forma acerba (e particolarmente stupida) del fascismo. Il novello Ras e il giovane Guru ne sono i degnissimi araldi.