Il Grande Disagio è senza memoria. Ma fosse quello il suo principale difetto…

Avrete letto dei Grandi Disagiati No Vax che a Novara hanno sfilato vestiti da internati ebrei, aggrappati a un filo spinato (QUI il video); Nichi Vendola ne scrive giustamente scandalizzato:

Lo stupro dei simboli, nella oscena ribalta di una protesta contro la tutela della salute pubblica, indica la loro necessità ideologica di rendere estrema, iperbolica, eroica, la ribellione contro i vaccini: i No Vax amano sceneggiature a tinte forti. Il loro rifiuto della scienza si ciba di superstizione, di complottismo, di ogni sorta di fake, e si arricchisce con tutte le rubriche dell’incultura, incluso il rovesciamento della storia. Con una sorta di parassitismo mimetico verso le più emblematiche tra le vittime del più immane degli orrori. In questa buffonesca sproporzione tra l’enormità dell’Olocausto e la cronaca delle gesta No Vax c’è tutta la miseria di un amalgama di paure, luoghi comuni, frustrazioni, fanatismo che istruisce il loro repertorio argomentativo. Il loro vittimismo è patetico, sono solo vittime di se stessi, delle proprie credenze.

Il fatto è che queste persone rappresentano l’altra faccia della cancel culture, che è una delle manifestazioni del Grande Disagio. Che si voglia giudicare il passato con giudizi (generalmente moralistici e bigotti) ritenuti corretti da una parte della società (questa è la cancel culture), o che si prendano a prestito elementi del passato, espungendoli dalla loro realtà e dal significato che hanno assunto, al fine di trasfigurarli e adattarli a fini pseudo-argomentativi attuali, il senso dell’operazione è il medesimo: non solo non si conosce la storia, o la si conosce in maniera superficiale e cinematografica, ma non si conosce il senso della Storia (e qui ci va la maiuscola). Il senso della Storia non è nella sequenza di fatti, imparati male a memoria nelle scuole primarie, ma nella costruzione culturale, nel flusso di senso, che ha portato noi a essere chi siamo. Un ragionamento che sì, implica una certa cultura, una sensibilità, qualche buona lettura che manca generalmente ai Grandi Disagiati.

Il problema che però vedo come principale non è questo; mica devono avere per forza letto Gadamer o Toynbee per andare in piazza a protestare contro la dittatura sanitaria. Ma questa ignoranza è indicatrice della natura del Grande Disagio, e vale la pena soffermarsi. Loro rifiutano la scienza, com’è noto; non conoscono la Storia, come abbiamo appena visto; ma anche non hanno una strategia politica, essendo evidente che non otterranno nulla, minoranza di minoranza quale evidentemente sono; ma anche non hanno identità, visto che nel loro seno c’è di tutto, dalla destra estrema (molta destra estrema) alla sinistra anarchica ed eversiva. Sono pre-politici quindi, tendenzialmente eversori, penalizzati dalle regole stringenti che abbiamo adottato in Italia eppure fermi (al momento) nel continuare settimana dopo settimana la loro sterile protesta. Quale piattaforma hanno, quali richieste? Ma davvero pensano che dopo avere rotto i zebedei nelle piazze, in poche migliaia, il governo cancelli l’obbligo del green pass? I casi sono due: sì, davvero lo credono perché sono ingenui inconsapevoli; no, non lo credono davvero ma far casini dà loro identità. Questi secondi sono gli eversori professionisti infiltrati nelle piazze, i neonazisti, i black bloc, gli anarchici e gli agitatori di professione. Costoro hanno trovato una straordinaria occasione “popolare”, che non riescono a cavalcare completamente ma che fornisce straordinarie possibilità. I primi, invece, i “veri” No Vax, sì, in fondo in fondo ci credono. Essendo nati e vissuti nel Paese dei condoni, delle deroghe, delle eccezioni, del salvataggio dell’Alitalia, del reddito di cittadinanza, di quota 100… perché no una bella eccezione cucita loro addosso?

Questo quadro psicologico e culturale dei Grandi Disagiati è dunque plasmato dall’inconsapevolezza. Sì, sono ignoranti e cialtroni, prepolitici ed eversori, ma la cifra personologica è data dall’inconsapevolezza. Ogni tanto qualcuno, scimmiottando Umberto Eco, critica la mia analisi dicendo che gli stupidi di oggi sono uguali a quelli che si incontravano nel bar decenni fa, solo che adesso hanno i social e hanno più visibilità. Questa è un’analisi davvero povera; la società non è un monolite ma evolve sistemicamente, e oggi noi non siamo quelli di ieri più i social media; siamo diversi, e anche parecchio. E certamente i social media hanno avuto un ruolo importantissimo nel farci cambiare, ma non semplicemente come aggiunta, ma come elemento strutturale di modifica. Ho conosciuto, nei lontani decenni e nelle situazioni descritte da Eco, molti stupidi che dicevano sciocchezze dopo un bicchiere di vino; erano generalmente considerati per quello che erano, e nel loro fòro interiore vagava una nebulosa consapevolezza di essere, alla fin fine, degli stupidotti di paese. Ho anche conosciuto persone intellettualmente e moralmente superiori, riconoscibili perché, nel medesimo bar, avevano sempre un capannello di gente attorno che volentieri ascoltava e partecipava alla discussione: intellettuali nel senso più puro del concetto, senza orpelli e sovrastrutture. La consapevolezza del proprio sapere o della propria ignoranza, sia pure in modo vago, non sempre lineare, era ben presente. Oggi è scomparsa, a causa dell’estremo individualismo particolarista, dell’egocentrismo, della ricerca identitaria, dell’edonismo infantile, che formano l’asse principale della cultura dominante.

I Grandi Disagiati, insomma, non hanno consapevolezza. Come l’anoressica che si crede bella, e non malata; come il bullo che si crede un figo, e non sa di essere uno sfigato; come lo statale pigro e inetto che crede di avere i diritti acquisiti, e non dei doveri indivisibili. Così i Grandi Disagiati che sfregiano la Shoah non è che non conoscono la Storia ma, più grave, non hanno consapevolezza della Storia, né del dolore, né della misura, della comparazione, del valore di un’analogia, della semantica della negazione della realtà, non hanno consapevolezza di loro stessi, di chi siano, di cosa, veramente, facciano lì.

Questa mia conclusione toglie ogni speranza al possibile dialogo con costoro. Non è possibile spiegare loro il valore comprovato dei vaccini, credete forse che gli si possa spiegare l’orrore della loro pagliacciata in costumi da ebrei nei lager? Credete forse che possano ragionare sul come e sul perché sia possibile che proprio la loro battaglia sia così facilmente infiltrabile dai fascisti? O che si possano mostrare comparazioni sull’andamento della pandemia, per esempio in Ungheria, e farli giungere a una conclusione logica?

Ecco perché l’articolo di Vendola citato all’inizio, che condivido integralmente, manca di una conclusione, quando scrive

Occorre fermare questa violenza dei simboli sfregiati e mistificati: lo dobbiamo alla memoria degli assassinati, lo dobbiamo al nostro sentimento della decenza.

Se, sotto il profilo democratico, Vendola sa benissimo che non si possono impedire manifestazioni non violente, come sappiamo tutti benissimo che la Costituzione non vieta l’imbecillità, l’unica vera soluzione è, semplicemente, stare ben piantati sul diritto alla salute come comprovato da ogni indagine scientifica seria e accreditata, insistere con le vaccinazioni e col green pass, fare sempre una corretta comunicazione e, semplicemente, lasciar perdere gli inconsapevoli Grandi Disagiati

Conviveremo negli anni col Covid, convivremo anche con loro: coi tifosi della Lazio a braccio teso, coi cacciatori di frodo che lasciano le cartucce per terra, con la mamma col Suv in doppia fila ma “solo un attimino” perché deve far scendere il pupo, con quello che urla al telefonino in treno, coll’indignato sui social media che commenta solo dal titolo e sì, anche coi No Vax e i No Green Pass.

L’importante è che tutti noi, comunque, si spinga. Si prema, si opponga resistenza. Non accettiamo l’inconsapevolezza se diventa attentato, né l’ignoranza se produce un danno, né l’egoismo se produce disagio. Spingiamo. Puntiamo i piedi per terra, mettiamoci spalla a spalla, una fila dietro l’altra, e spingiamo.