Vi rubo pochi minuti per una riflessione sul fallimento degli intellettuali. La conclusione sarà che serve un nuovo criterio di validazione di chi appelliamo in tal guisa, o vorremmo farlo, o loro medesimi desidererebbero noi facessimo.
Il fatto da cui tutto questo ambaradan scaturisce è una noterella di Mattia Feltri sull’HuffPost di ieri, che mi permetto di riassumere: sul quotidiano La Stampa – ci racconta Feltri – appare una foto di guerra dall’Ucraina; lo storico comunista Angelo d’Orsi la critica aspramente perché ambigua, e anziché testimoniare certamente la crudeltà russa potrebbe (hai visto mai?) essere il frutto della crudeltà ucraina. d’Orsi affonda di più la critica prendendosela poi con Feltri (che scrive anche sulla Stampa) per avere sbertucciato Canfora che, come sapete, è critico sulla guerra e non molto sulla Russia. Feltri, nell’articolo che sto citando, riporta per filo e per segno quanto da lui scritto, nell’articolo denunciato, dove si legge in realtà una lode sperticata a Canfora; Feltri non è d’accordo con l’opinione di Canfora, ma lo stima e tesse un lungo elogio. Conclude Feltri:
Mi risulta difficile pensare che un accademico del calibro d’Orsi abbia potuto equivocare parole così poco equivoche; forse come tutti noi pure lui è vittima di qualche pregiudizio, probabilmente ha giudicato un articolo sulle sue aspettative, senza leggerlo. Non lo scrivo per difendere la mia reputazione: ognuno sopravvaluta la propria. Riconoscerò a d’Orsi la buona fede – in fondo costa poco e solo gli sciocchi pensano che la buona fede non sia invece un aggravante – e pazienza, è soltanto un piccolo incidente. Né tirerò in ballo la violenza o la volgarità o la disonestà e tantomeno i principi etici, che bisognerebbe maneggiare con estrema prudenza. Ma è soltanto per sottolineare la deliziosa circostanza di un uomo che denuncia una falsificazione oggettiva mentre fa una falsificazione oggettiva.
Cose di questo genere si incontrano tutti i giorni; gente con la bava alla bocca che spara filippiche abominevoli sulla base del titolo, al massimo delle prime 5 righe di un articolo (che poi il troppo leggere stanca), semplicemente perché, oggi più di ieri, abbiamo abbandonato la discussione, l’argomentazione, il dialogo, la critica, e le abbiamo sostituite con un giudizio tranchant orientato dall’ideologia, dai pregiudizi, dai luoghi comuni e dalle scorciatoie del pensiero che sembrano orientare sempre maggiori masse di popolazione. E di intellettuali, a quanto pare, perché a parte d’Orsi sono anni che su questo blog denunciamo il decadimento degli intellettuali, o di persone che dovrebbero, in astratto, fregiarsi di questo titolo.
L’informazione mediocre, di parte, faziosa, alimenta l’ideologismo, ma quegli intellettuali che dovrebbero sapersi sottrarre diventano, invece, cospicua parte del problema.
Poiché altre volte mi è stato chiesto chi sarebbero, comunque, questi intellettuali, sulla base di quali criteri riconoscere i buoni dai cattivi, eccovi allora le linee guida definitive.
Linee guida definitive per distinguere gli intellettuali buoni e apprezzabili da quelli cattivi come il fumo negli occhi:
- il titolo di studio non conta; è logico aspettarsi più ingegno, sapienza, moderazione da persone istruite rispetto ai porcai, e fra tutte le persone istruite quelle che scrivono libri, e fra quelli che scrivono libri quelli che sono perfino docenti universitari; ma non è così: costoro hanno certamente più cultura, più sapienza in un campo specifico (che comunque non è trasferibile automaticamente a qualunque altro oggetto di discussione), ma non necessariamente più intelligenza, o più moderazione;
- chi indossa un’ideologia certamente non è un intellettuale, al più è un militante; se sei comunista non puoi essere intellettuale nel senso che vorrei indicare qui; neppure se ti autodefinisci liberale, sia chiaro; non sei un’intellettuale se ti proclami femminista, non lo sei ogni e qualunque volta la tua opinione si dichiara, a priori, schierata. Se sei un intellettuale comunista, prima di tutto sei comunista, e in quanto “intellettuale” pieghi le circostanze all’ideologia che ti comanda, e di cui tu ti fai servo (vale – come già detto – per chi si proclama in qualunque modo: fascista, populista, postcolonialista, liberista…);
- l’intellettuale, in ogni e qualunque caso, ha l’obbligo dell’argomentazione delle sue opinioni e tesi; poiché nessuno possiede la verità, né il porcaro né l’intellettuale, è obbligo di quest’ultimo (diversamente dal porcaro) di citare compiutamente, criticare sul filo della logica, evitare fallacie, spiegare e argomentare. Poi sbaglia ugualmente, certo, ma consente ad altri, di diverso parere, di riconoscere i concetti messi in campo e controargomentarli opportunamente, perché è da tale alternarsi di argomentazioni che nasce il senso sociale, base fondamentale per una sana opinione pubblica.