(Questo post segue - lo si capisce dal titolo - l’ultimo da me scritto qualche giorno fa)
L’analogia del biliardo
Immaginate un tavolo da biliardo con le 15 palle numerate (Palla 15 o, erroneamente, Carambola). Il giocatore di turno, con la stecca, picchia la sua bilia bianca perché collida con quelle numerate, al fine di mandarle in buca e aggiudicarsi i punti.
Teoricamente, potendo misurare tutte le forze in campo al momento del colpo, l’angolo della stecca, le qualità dei materiali che collidono (bilie e sponde del biliardo), e numerosi altri accidenti, noi sapremmo esattamente quale sarebbe l’esito del colpo. Praticamente, il bravo giocatore intuisce una parte rilevante di questi elementi, ne stima – anche grazie all’esperienza – i valori, e sa in anticipo che il suo tiro si approssima all’obiettivo; vale a dire che sa di avere una probabilità più o meno alta (probabilità, non certezza) di infilare la palla in buca. Se il giocatore umano fosse sostituito da una macchina, avremmo misurazioni esatte dell’angolo della stecca e della forza impressa sul colpo, e quella probabilità (non ancora certezza) aumenterebbe considerevolmente. Solo una cura maniacale nell’analisi delle bilie (che dovrebbero essere perfette e/o perfettamente misurate – dimensioni, massa, eventuali micro-fratture…) e del tappeto e delle sponde, della larghezza delle buche, etc. (tutto esattamente controllato e misurato) alzerebbe ulteriormente il valore percentuale delle probabilità di previsione del tragitto delle bilie, fino a valori, a un certo punto, prossimi al 100%.
A quel punto, anche l’introduzione di parametri aggiuntivi (bilie di volume o massa diverse, imperfezioni sul tappeto…) complicherebbe la formula ma sarebbe ininfluente, purché ciascun fattore noto e misurabile.
In un Universo-biliardo, i mondi-bilie si comportano allo stesso modo, e noi sappiamo dove vanno, e in che posizione saranno fra un miliardo di anni, perché abbiamo contezza delle leggi fondamentali che li muovono, delle loro masse, orbite, forze gravitazionali etc., e con un percorso a ritroso possiamo risalire fino al Big Bang, constatando che, proprio in virtù di tali forze e leggi, oggi il Sole – per dire – non poteva che essere qui dove esattamente è ora, perché sin da quel Big Bang (il colpo di stecca iniziale con la “spaccata” delle bilie) la proiezione di elementi, la loro repulsione, fusione, attrazione, e tutte quelle cose che solo Ottonieri può capire, non potevano che condurre all’attuale situazione.
L’analogia dei topi
Ogni dannato atomo di idrogeno, anche se non ha mai saputo perché, o come, non poteva che andare a finire dove è ora. Ma quell’analogia – che potrebbe essere adeguata, semplicisticamente, per rappresentare il mondo fisico – non va mica bene per i nostri topolini nel labirinto, di cui ho scritto la volta scorsa.
Loro sono spinti da pulsioni piuttosto elementari: fame, paura, desiderio sessuale etc.; queste pulsioni sono il frutto di reazioni chimiche nel cervello (ne ho parlato in un articolo ancora precedente che – mi rendo conto ora – costituisce un trittico col presente e l’altro già citato) a fronte di determinate situazioni ambientali (per esempio essere finiti in un labirinto) alla luce del patrimonio genetico disponibile (essere più o meno intelligenti) e dell’esperienza pregressa (in quanti labirinti ogni topo era già stato cacciato dal ricercatore). Nel caso dei topi abbiamo alcuni parametri misurabili, ma molti no. Per esempio l’intelligenza (non solo dei topi) non è misurabile con un test di intelligenza, perché abbiamo difficoltà a definire cosa l’intelligenza sia, e quindi confondiamo il concetto di ‘intelligenza’ con l’operazione di misurazione chiamato “test d’intelligenza” e col suo risultato (il QI – quoziente d’intelligenza stabilito dal test). Si chiama ‘operazionismo’, ma ci farebbe divagare.
Guardando centinaia di topi in decine di labirinti, il ricercatore scopre che ci sono comportamenti ricorrenti, che hanno semmai delle relazioni con altri fattori: l’età del topo, la razza, il peso, da quanto tempo non mangia, quanti labirinti ha già percorso e così via, ed elabora quindi delle teorie per spiegare comportamenti sorcini.
Passare dai topi nel labirinto alle persone nel mondo reale è assai più complicato rispetto al precedente passaggio (dalle bilie ai topi), in virtù di considerazioni che hanno a che fare con la solita complessità sociale e col fatto che gli esseri umani cambiano gli scenari man mani che li vivono; come se i topi potessero modificare il labirinto man mano che lo percorrono. Voi capite che una “meccanica” sorcina definitiva non è possibile (ma possiamo avere dati organizzati sui comportamenti tipici, come detto), e una umana ancor meno (ma anche qui possiamo avere – e abbiamo – una quantità di dati e osservazioni che ci inducono a costruire teorie generali sul comportamento umano).
L’umanità
Tenendo presente quanto sopra, adesso cerchiamo di capire qualcosina sul funzionamento sociale, ovvero su quella black box (così arrivai a concludere nel post precedente) che fa sì che succedano le cose che succedono nel mondo, dalla nostra banale quotidianità alla guerra in Ucraina.
Bilie del biliardo | Topi nel labirinto | Esseri umani |
Massa, volume… | Età, razza… | Intelligenza e altri fattori biologici |
Velocità impressa dal colpo | Fame, paura, desiderio sessuale… | Fame, paura, desiderio sessuale… |
Angolo di collisione | Tentativi ed errori; esperienze | Cultura, educazione, esperienze… |
Imperfezioni sul tappeto | Conformazione del labirinto, sue tipicità… | Incontri quotidiani e modifiche continue del set e del setting sociale |
Facciamolo in forma di racconto.
- Tizio si sveglia di cattivo umore a causa di alcuni sogni; andando in analisi, capirebbe le origini di quelle immagini in virtù di molteplici fattori passati, il rapporto coi genitori, e bla bla tutto l’armamentario psicoanalitico (non ci interessa, ma: ci sono ragioni per quei sogni);
- quel cattivo umore gli fa rispondere distrattamente al saluto del coniuge che ci rimane male, e dei figli che si colpevolizzano (Another brick in the wall);
- più tardi sulla metropolitana ne è vagamente consapevole, e gli verrebbe un certo qual senso di colpa, se non fosse per il tipo con l’ascella puzzolente che lo infastidisce; il suo malumore diventa aggressività. Non è razzista, sia chiaro, ma il tizio è chiaramente dell’Est Europa e ci puoi scommettere che non ha pagato il biglietto;
- al lavoro si accinge a fare le sue brave sei ore di routine, ma arriva una grana inaspettata…
Adesso, scusate, imitando Virginia Woolf salto nel raccontarvi del capufficio che ha appena rifilato la grana a Tizio. Costui si chiama Caio:
- Caio ha ricevuto una telefonata dalla scuola, dove la figlia è caduta e si è fatta male; deve correre, ma un certo lavoro va finito in giornata perché si vuole mettere in mostra col Direttore, in vista di future promozioni; deve quindi distribuire un po’ di lavoro extra ai suoi sottoposti;
- Caio non si fida di Tizio; non perché Tizio non abbia sempre dato prova di essere puntuale e responsabile, ma perché Caio sospetta che sia un comunista, da certe battute sentite alla macchinetta del caffè, e a Caio i comunisti non vanno a genio. Quindi, la rogna più noiosa di tutte va a Tizio, mentre a Sempronia, la bionda procace che è lì da un annetto, chiede gentilmente se può occuparsi di una sciocchezzuola, ma solo se ha tempo, solo se non la disturba…
Altro salto:
- Sempronia sa di piacere. Ha usato il suo aspetto al liceo, per avere vuoti buoni, alla selezione del personale, e ora in questo ufficio di merda dove non vede l’ora di uscire. Disprezza i suoi colleghi, in particolare quel Tizio Pallemosce, ma ha capito che Caio ha un debole per lui;
- quando Sempronia interagisce con Caio, tutto il suo linguaggio del corpo mostra seduzione; sa che deve fare così, perché presto se ne andrà da quell’ufficio e farà carriera altrove;
- quando Caio le chiede il piccolo favore, Sempronia fa quelle piccole mosse posturali, quelle impercettibili modifiche vocali, che a livello subliminale sembrano dire – a Caio – “quanto mi piaci!”;
- poi, non vista, scrive un SMS a Laura, il suo vero amore, per descriverle la ridicolaggine di certi uomini.
Mi sembrerebbe sciocco spiegare il raccontino, che potrebbe proseguire nel corso di tutta la giornata raccontando di queste persone e di tutte quelle incontrate, o pensate.
Individui-bilie
Questo impasto inestricabile di umori, sentimenti, desideri, illusioni, culture, ambizioni, educazione, competenze, paure, frustrazioni, intelligenze, chimica nel cervello, contesti, incomprensioni, neuroni e sinapsi, tempo atmosferico, cibo ingerito, esperienze e tutto, ma proprio tutto tutto, quello che vi viene in mente di elencare, tutto questo – dicevo – cambia un momento dopo essere stato registrato, come la posizione e la velocità della bilia cambia dopo l’impatto, o comunque cambia in relazione alla posizione delle altre.
Se questo vale per Tizio, Caio e Sempronia, vale esattamente allo stesso modo, per Meloni, Biden, Putin, Zelensky, Xi e chi vi pare.
Anche Putin si alza alla mattina con sogni buoni o cattivi fatti nottetempo, con obiettivi favoriti o contrastati da situazioni che in parte controlla e in gran parte no, interagisce secondo linee possibili e praticabili, forzando quanto può di quelle che giudica malleabili, e subendo quelle che non può controllare: Putin può controllare Lavrov e Medvedev, parzialmente Nabiullina e Lukasenka, poco Prigozin (proprietario della milizia Wagner); può credere di poter trattare con Xi e Orban, e sa di avere influenza su Erdogan e Modi, ma solo in ristretti ambiti e a certe condizioni; ovviamente non ha alcun modo di influire su Zelensky e Biden.
Quindi la bilia-Putin non ha affatto un percorso matematicamente prevedibile; ma pure il topo-Putin è in difficoltà. Quando si alza la mattina, l’individuo-Putin, ha lo stesso impasto di umori, sentimenti, etc. elencati a inizio paragrafo, che si modificano man mano che gli arrivano notizie dal fronte, dalla banca centrale, dalle diplomazie e via discorrendo; egli interpreta quindi gli accadimenti del mondo (“interpreta” è la parola chiave) alla luce di quei sentimenti che esprimeva, e risponde secondo quelle che sono le chimiche del suo cervello, gli stimoli del contesto, i consigli dei suoi fidi (collisioni di bilie che generano nuove traiettorie), e quindi decide, fa e disfà, dice e contraddice, e alla sera va a letto carico di dubbi, rancori, desideri di vendetta oppure, se qualche rara notizia buona lo ha raggiunto in giornata, con nuove speranze, senso di onnipotenza, autostima.
Qual è la differenza fra Tizio e Putin? Che il secondo ha 6.000 testate nucleari.
In un mondo parallelo, dove qualche nonno di Tizio e qualcuno di Putin hanno fatto scelte diverse, avute diverse occasioni e opportunità, oggi Tizio sarebbe Presidente del consiglio e Putin un ex funzionario sovietico in pensione. Semmai Tizio Presidente del consiglio sarebbe stato formidabile, ma non lo sapremo mai; forse Putin pensionato avrebbe dato spazio a una linea storica russa più democratica, amica dell’Ucraina, ma non lo sapremo mai.
Se la Russia non avesse invaso l’Ucraina, oggi Zelensky sarebbe il presidente di uno stato poco democratico e poco liberale, non preso in considerazione come eventuale partner dell’Unione Europea, invece nel guazzabuglio di bilie impazzite di questo anno di massacri, l’adesione di questo paese al’Unione è data per certa, con procedure facilitate, a guerra finita. Per me una follia, ma lo schiocco delle bilie ha prodotto sentimenti, umori, circostanze, occasioni, che fra traiettorie e collisioni hanno condotto a questa possibilità. Cosiccome le conseguenze sulla Russia di quanto sta accadendo affliggeranno i russi per generazioni, e tutto sarà stato causato dalle bilie che hanno portato, scontrandosi, a Putin al potere, e i suoi sodali, autocrati, burocrati, yes men, tutti e ciascuno che hanno avuto un piccolo e micragnoso interesse a perpetuare e consolidare il suo potere, tutte piccole bilie che hanno sbatacchiato fra loro concorrendo al risultato attuale.
La vera differenza fra le bilie e gli individui
Il paragrafo finale di questo ragionamento riguarda la responsabilità, che le bilie non hanno, e nemmeno i topi, ma gli individui sì. Però il discorso si complica, perché – ammesso che il ragionamento che precede sia corretto – anche le responsabilità sono frutto del contesto, e dell’interpretazione che di tali responsabilità si può, si sa e si vuole dare, data la chimica, i neuroni, i sentimenti, e bla e bla e bla.
La cosa funziona così, negli esseri umani: dato tutto l’Ambaradan della complessità (il contesto, gli altri individui, i vincoli, le possibilità…) l’individuo opera delle interpretazioni: si fa domande, si dà risposte; capisce (qualcosa) e ne trae conclusioni (incerte); valuta e programma; si confronta e modifica il suo pensiero; impara e si adegua; crede in qualcosa che gli viene confermato o smentito; analizza, sintetizza; deduce. Insomma: l’individuo sviluppa un pensiero esplicitabile, almeno in parte. Ovviamente, tale pensiero è frutto di molteplici circostanze, in gran parte non controllate o addirittura ignote, ma per poco, confuso e vincolato che sia, quel pensiero, c’è.
Noi esseri umani attraversiamo la vita compiendo migliaia di boiate sesquipedali, errori demenziali, cattiverie inesplicabili, errori di valutazione micidiali, ma siamo in grado di meditarli, giudicarli, valutarli, farne un esame critico.
Tale esame critico è condizionato (come lo sono state le nostre azioni stupide che sottoponiamo a vaglio) ma – meraviglie di un’ermeneutica ricorsiva! – possiamo valutare anche la nostra valutazione, possiamo riconsiderare le nostre considerazioni.
Deve essere chiaro che il processo ermenutico è potenzialmente infinito, che in pratica ovviamente non lo è mai, e che raramente qualcuno di noi si mette realmente a ragionare in questo modo.
Lo sforzo critico di cui sto pensando non è probabilmente una peculiarita di Caio, Tizio o Sempronia, o quanto meno non ce lo aspettiamo da loro. È probabilmente di Putin, di Meloni, di Xi, certamente con successi limitati visti il contesto acritico nel quale si situano. È indubbiamente, invece, la funzione degli intellettuali, sui quali tante volte ho riflettuto qui su HR.
Una riflessione sulla Storia ci potrebbe mostrare come questa piccola, lacunosa, spinta a fasi alterne di consapevolezza, di tentativi critici, di ricerca di ragioni, di argomentazioni e confutazioni, segue uno sviluppo che potremmo, forse, chiamare evolutivo.
Certo, resta il fatto che Putin ha 6.000 testate nucleari, mentre Tizio, Caio, Sempronia e il sottoscritto, no.
(Segue...)