¡Podemos! ¿En serio?

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Il nuovo partito spagnolo Podemos ha ottenuto risultati strabilianti alle ultime elezioni. Ovvio che dopo quello che è successo in Grecia e in Polonia, dopo il risultato lepenista in Francia e in attesa del probabile successo leghista in Italia in giro ci si chieda cosa stia succedendo. Succede che la crisi è lunga e inizia a diventare strutturale per alcuni aspetti, che l’Europa è sempre più distante e ostile e che – soprattutto – i politici spagnoli, come quelli francesi, come quelli greci e come quelli italiani o del paese che preferite non ce la fanno più ad uscire dal pantano e sembrano peggio di quello che sono, che certamente è già moltissimo e insopportabile, e i privilegi dei pochi sono inaccettabili in epoca di vacche magre, e i servizi scadenti sono intollerabili con l’aumento dei bisogni fondamentali e via così con tutto il repertorio di problemi assolutamente reali. Lo voglio riscrivere così capite che sono serissimo: problemi assolutamente reali. Dietro le statistiche sulla povertà, sul lavoro e la disoccupazione, sulle pensioni eccetera ci sono persone con solitudini, con drammi, con angosce che non possono continuare a rimanere senza risposte. Che la colpa sia del neoliberismo, della Merkel o dei rettiliani importa fino a un certo punto a chi ha fame, a chi ha perso il lavoro, a chi ha un figlio disabile, a chi deve interrompere gli studi per ragioni di reddito, a chi si vergogna di andare a chiedere qualcosa alla Caritas, a chi soffre in solitudine una malattia… Se non partiamo da qui tutte le nostre analisi più o meno sofisticate non valgono una cicca. Bisogna fare qualcosa, e bisogna fare presto.

Quello che bisogna fare, e presto, è un’enormità di cose che comporta un’enormità di coraggio, impopolarità politica, forza d’animo collettiva. Non farò nemmeno mezzo elenco salvo dire che di una cosa sono certo: le cose da fare non sono chiacchiere demagogiche. Dire al popolo prostrato che con delle chiacchiere risolveranno i problemi, infiammare quel popolo, portarlo a credere che la strada ci sia, sia praticabile, sia stata finora nascosta da politici incapaci e corrotti ma ecco! è arrivato l’angelo sterminatore che cancella quelle bugie, taglia i veli che coprivano la verità e indica la strada… Sì, possiamo (Sì, podemos)! Ecco, incantare il popolo con chiacchiere prive di possibile realizzabilità a me pare insopportabile. Guardate che l’affabulatore, il bugiardo affascinante capace di esaltare le folle, il pifferaio che porta gli ignari topolini dove pare a lui non l’hanno mica inventato all’estero; non vi sarete scordati il Berlusconi del milione di posti di lavoro, eh? Parliamo di vent’anni fa! E di balle, in questo ventennio, ne ha dette una valanga (fino a negare la crisi con la storia dei ristoranti pieni); e delle balle pirotecniche di Grillo vogliamo parlare? E di quelle – assai più da dilettanti – della sinistra? Diciamo così: essere stufi delle balle dei soliti politici e quindi finir per credere alla nuove balle dell’ultimo arrivato mi pare ingenuo, ma fare propaganda politica con mirabolanti promesse non mantenibili mi pare colpevole; sto pensando a Tsipras in Grecia e a Iglesias in Spagna che, non a caso, piacciono a una certa sinistra parolaia á la Bertinotti, per intenderci.

Schermata 2015-05-25 alle 17.13.52Allora ho rispolverato il mio spagnolo molto molto basic e sono andato a leggere il programma di Podemos. Una settantina di pagine scritte larghe; si può fare. Perché anche criticare senza andare alla fonte (oppure elogiare senza conoscere la fonte) ad Hic Rhodus non va bene. La sintesi è che si tratta, a parer mio, di un mucchio di favole. C’è molta costruzione di un mito, molto dover essere, molto orizzonte glorioso che ci aspetta, ma non ho trovato una sola indicazione pratica di come realisticamente i) immaginare un piano organico, sistemico, integrato di sviluppo economico capace di puntare sulle eccellenze spagnole in modo di sostenere l’impresa e aumentare l’occupazione; ii) svincolarsi dalla pastoie dell’Unione Europea (così dichiarano di voler fare) senza correre gravi rischi sul piano economico e finanziario (abbiamo già visto nel caso dell’ipotesi britannica quali rischi enormi ciò comporti per il Paese che intende ritirarsi; questo non può significare obbligo a restare nell’Unione, ma indubbiamente obbligo a dire ai cittadini cosa ciò comporterà); iii) trovare le coperture economiche per le molteplici proposte di sostegno del reddito, aiuto alle fasce povere, aumento dei salari (tutte dichiarazioni ampiamente presenti nel programma).

Vi faccio alcuni esempi concreti del programma ufficiale di Podemos; il sito dove scaricare il programma ve l’ho indicato e potete con poco sforzo esercitarvi da soli.

Partiamo dalla prima parte, il Plan de rescate ciudadano; fra le altre cose si può leggere una proposta relativa all’accessibilità popolare all’energia che utilizzerò come esempio:

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In sostanza un carattere di servizio pubblico di gas ed elettricità idoneo a garantire energia gratuita, in parte, sotto una certa soglia di povertà; continuità di fornitura anche in caso di morosità dovuta a povertà; un anno di diritto all’accesso dell’energia, prorogabili a tempo indeterminato in caso di perdurare delle condizioni di povertà. Se non mi sbaglio i dati Eurostat più recenti sono del 2010 (non credo che le cose siano migliorate nel frattempo) e per la Spagna indicavano il 20,7% di persone a rischio povertà, equivalenti all’ingrosso a nove milioni e mezzo di spagnoli che possono o potrebbero avere diritto a queste forniture gratuite o a condizioni privilegiate. Per una spesa di…? Pagata da…? Consideriamo che se anche l’energia elettrica di fonte rinnovabile copre un terzo del fabbisogno nazionale spagnolo, la rimanente viene prodotta col carbone e col nucleare, con costi economici e ambientali rilevanti. L’importazione di gas naturale è in continua crescita negli anni e il petrolio viene importato al ritmo di oltre 500 milioni di barili annui (Spagna 18° consumatore al mondo; fonte. Più dati sui consumi energetici dei paesi europei QUI).

Mi sono un po’ dilungato solo per mostrare un metodo: l’intenzione di alleviare i problemi delle famiglie bisognose regalando energia è encomiabile, la sottoscrivo in pieno; ma un paese che produce una quantità davvero minima di petrolio, gas ed elettricità e dipende così tanto dalle importazioni (che si pagano in valuta pregiata) deve anche spiegare dove trova i soldi. E se la scelta prioritaria è l’energia, facendo sacrifici su altri piani, allora non c’è molto più spazio per altre forme di sostegno alla povertà, come la Rentas Mínimas de Inserción (punto 11 del programma), di cui abbiamo già parlato a proposito dell’analoga proposta pentastellata italiana, i pasti scolastici gratuiti ai bambini poveri (punto 15) e come le molteplici altre proposte di Podemos.

Si passa all’Empleo, innovación y nuevo modelo productivo: dopo una breve analisi sulla crisi e sulla necessità di un nuovo modello capace di fare miracoli, la specificazione delle proposte riguarda, oltre il rigetto dell’austerità fiscale e il rinnovamento del sistema tributario, un generico stimolo alla domanda interna grazie a un non ben precisato cambiamento del modello produttivo (punto 22). Per lo specifico tema del lavoro il programma di Podemos propone, fra varie altre cose:

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Incentivi invece che bonus generici? Ok! Settimana di 35 ore? Esperienze e proposte analoghe in Europa (prima fra tutti la Francia) appaiono controverse tanto più se – come vuole Podemos – la diminuita produttività dovesse essere a parità di stipendio; non credo che le aziende spagnole sarebbero così contente visti i maggiori costi con scarsi risultati sociali (QUI una documentazione). Queste misure minime e vaghe produrranno miracoli, secondo Podemos: il punto 29 del programma per esempio assume come dato scontato il rilancio economico insistendo sul freno alla caduta dei salari; cioè l’argomento è: “freneremo la caduta dei salari per mantenere il potere d’acquisto perso con la crisi”, ma questo auspicato esito di una politica economica è priva – nel programma di Podemos – dell’esplicitazione di tale politica, salvo accenni disorganici come quelli già menzionati. Non si sa come si potrà fare, ma si spiega in molti punti come si sosterranno al 100% i permessi lavorativi per nascita indipendentemente dall’orientamento sessuale o tipo di famiglia (punto 30), che si potenzieranno i servizi pubblici per l’impiego (sole sei righe al punto 31), che si condurrà una valutazione di genere sui servizi per la formazione e l’occupazione (punto 35) e varie altre cose, ciascuna giusta, interessante e forse anche entusiasmante in sé, ma nessuna idonea a formare una politica del lavoro e sviluppo.

Vado avanti velocemente incontrando tante parole e pochissime cifre (per non dire nessuna). Si parla di patrimoniali, di imposte ambientali, di tetti agli stipendi e altre indicazioni che naturalmente colpiscono l’immaginazione di chi guarda la grande ingiustizia sociale dal basso delle proprie difficoltà. C’è un’importante terza parte su Gobernar para la gente, molto demagogica e populista, ma questo non sembra disturbare neppure un osservatore raffinato come Bertinotti che dichiara

Il tratto saliente, confermato anche dalle amministrative spagnole, è l’affacciarsi in Europa di un fenomeno che sembrava essere del sud America. Cioè l’affermazione del populismo, parola che uso senza alcuna connotazione diffamatoria (fonte).

Il futuro dei popoli europei sarebbe quindi il populismo di sinistra, da contrapporre al già diffuso e bieco populismo di destra? Un’Europa di populismi produttori di slogan, parole d’ordine, articolazioni retoriche e pochissimo argomentate a sostegno di sogni, di speranze destinate ad essere vanificate come stiamo vedendo in Grecia in queste settimane di azzardi di Tsipras destinati a un forte ridimensionamento. Che sarà doppiamente pagato dal popolo greco.

Io personalmente detesto questo modo di fare politica e denuncio il populismo di sinistra al pari di quello di destra. La rivoluzione, se mai ci sarà, sarà fondata su una volontà condivisa e consapevole, sarà fondata sulla razionalità praticabile e non su sogni momentaneamente consolatori destinati ad accrescere la disperazione. Il populismo si alimenta di ignoranza e assieme la produce; indica soluzioni facili e impossibili a problemi complessi, soluzioni rapide e indolori in contesti dove molteplici attori locali e internazionali possono invece avere modo di mettersi di traverso, e lo faranno, e faranno male. Io credo che qualunque proposta, oggi, possa essere messa sul tappeto: dall’uscita dall’Euro al sostegno alla povertà, all’eguaglianza e ai diritti; ma ciascuna di queste battaglie comporta sacrifici, ostacoli, rischi che vanno chiaramente indicati. E occorre anche fornire priorità, perché l’elenco generale dei bei sogni non potrà mai essere realizzato tutto assieme, d’un colpo solo, gratis e felicemente.