Volete sicurezza o volete libertà?

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Il mondo occidentale, sempre più impaurito e arroccato, corre verso continui miglioramenti ai sistemi di sicurezza e controllo dei cittadini. A scapito della loro libertà. Per esempio il paesaggio urbano si è modificato notevolmente negli ultimi decenni; prima foreste di antenne TV, poi giardini di parabole, ora inesplorabili moltitudini di apparecchi di videosorveglianza e centraline telefoniche che non vi abbandonano un istante. Se siete dei balordi qualunque il vostro reato difficilmente sfuggirà a geolocalizzazioni, tabulati telefonici, moltitudini di video. Se siete raffinati professionisti del crimine invece riuscirete a schivare questi occhi che proteggono i sonni delle brave persone, ma con sempre maggiore difficoltà e maggior impegno da parte vostra. Ma la grande rete protettrice, che con la scusa del terrorismo controlla già email e ogni forma di comunicazione che facciamo, non è destinata a finire qui. Per chi vuole il Male (quello vero, grande, drammatico) scivolare nelle zone grigie di questa protezione non è poi impossibile. Chi vuole il Bene (la protezione delle nostre vite e dei nostri beni, della nostra libertà e del nostro stile di vita) si dovrà inventare qualcosa di più.

La nostra lotta per il Bene, e la contemporanea nostra perdita di libertà, può essere datata 11 settembre 2001. È a partire da quell’incredibile shock che in America si approva in un batter d’occhio l’USA PATRIOT Act, solo in una parte secondaria poi dichiarato incostituzionale, che consente a polizia e agenzie statunitensi di superare in maniera veloce molte restrizioni investigative dovute a diritti civili e privacy dei cittadini. Malgrado le controversie scaturite e le denunce pubbliche, l’USA PATRIOT Act è stato mitigato dal democratico Obama solo in questi giorni con il nuovo Freedom Act, un po’ meno invasivo ma non privo di rischi, perché che ci piaccia o no siamo su un piano inclinato e questo meccanismo paranoico viene da un lato legittimato da fatti di sangue drammatici (come quello di Parigi del Gennaio 2015) e dall’altro invocato dai diversi organismi deputati alla sicurezza (magistratura, polizia, intelligence…) che trovano nel controllo strumenti preventivi a volte indispensabili e comunque repressivi (ex post) di grande aiuto. Ma anche strumenti politici, ovviamente, perché il controllo sempre più a maglie fitte e senza garanzie (o con assai labili garanzie) cattura forse qualche terrorista, fa catturare certamente qualche rapinatore, ma “cattura” anche le opinioni e le relazioni sociali di tutti noi, permette di verificarne mosse, spostamenti, reti di appartenenza, scambi effettuati. Il perché questo dispositivo americano confligga coi diritti civili dovrebbe essere chiaro ma se volete approfondire potete leggere i testi segnalati in fondo nella sezione “Risorse”.

Fonte:
Fonte: “Science and ‘the 9/11 Effect'” (http://scienceprogress.org/2011/09/science-and-the-the-911-effect/%5D

Mentre in America politici democratici e conservatori hanno dibattuto e si sono mobilitati per restringere il potere dell’USA PATRIOT Act, in Francia si va verso un potenziamento dell’intelligence che assomiglia non poco al modello americano, e non è che in Francia (a differenza di quanto successe in America all’indomani delle torri) non ci sia stato dibattito, proprio alla luce dell’evidente trade-off fra sicurezza e libertà. E se di un Patriot Act europeo parlano per ora solo complottisti professionali come Beppe Grillo, è da considerare probabile un coordinamento europeo più stretto e più severo in ambito di sicurezza; quest’anno entrerà in funzione il PNR – Passenger Name Record per ogni viaggiatore aereo europeo che – per carità! – non ci limiterà più di tanto ma incide pure un pochino sulla nostra privacy; Schengen resta lì, ma non c’è chi non abbia già proposto di rivederlo; l’accordo Swift (che prevedeva un’importante violazione della privacy per i cittadini europei) è stato bocciato ma abbiamo anche imparato che queste vittorie sono sempre temporanee e non è detto che non sia riproposto; l’analisi dei blog e dei siti Internet dei terroristi sono oggetto di interesse e sviluppo tecnologico e

L’UE-Unione Europea, in particolare attraverso l’azione della CE-Commissione Europea, si sta distinguendo per quanto riguarda l’azione sul terreno della ricerca ed innovazione tecnologica al servizio della sicurezza.

Questa citazione è piuttosto rilevante perché tratta da Gnosis, la rivista dei nostri servizi segreti.

Insomma sembra piuttosto evidente che con movimenti più o meno rapidi, a seconda della presenza o meno di fatti sanguinosi, di elezioni o di altri elementi che possono potentemente influenzare le decisioni, la direzione è questa: più sicurezza a scapito di qualche piccola, ininfluente, poco avvertibile, trascurabile perdita di libertà.

Il fatto è che non si tratta più solo di sicurezza (anzi: non si è trattato mai solo di sicurezza) ma anche di affari. Secondo Austen Givens che ha dedicato un libro a questo tema, il fatturato dell’antiterrorismo americano oscilla da 100  a 1.000 miliardi di dollari se si considera tutto l’indotto (fonte: la Repubblica); con casi come Palantir, azienda semisconosciuta al pubblico che da sola vale quanto l’intero gruppo Fiat-Chrysler. La Storia ci insegna che quando ci sono forti interessi economici una buona causa per combattere la si trova sempre…

Comunque la pensiate – questo è il senso del presente articolo – non c’è scampo: più sicurezza = minore libertà. Alla stragrande maggioranza delle persone, io credo, non importa nulla di essere ripresa da molteplici videocamere mentre passeggia al centro; e non riflette sull’uso di dati sensibili a sua insaputa, sulla possibilità di essere intercettata nella corrispondenza, di essere oggetto di studio comportamentale ecc. Sono tutte cose lontane, da film hollywoodiano, e poi noi siamo persone semplici, banali, a chi vuoi che importi la nostra corrispondenza? Eppure, almeno dopo il caso Snowden dovremo riflettere su alcune questioni:

  1. forse all’NSA americana non interessano le mie email, ma quelle dei politici europei sì (o dei magistrati, dei giornalisti…); pensate – a puro titolo di esempio – all’importanza per gli Stati Uniti dell’Accordo TTIP ormai in dirittura d’arrivo; sapere chi è favorevole e chi contrario, perché, con chi vengono intessute trame per favorire od ostacolare il trattato potrebbe diventare cruciale; e non è che siano cattivi quelli dell’NSA o della CIA e buoni gli omologhi europei e italiani; un’interrogazione in questo senso è stata presentata al Parlamento Europeo il 3 Maggio 2006 in seguito a una denuncia pubblicata sul Washington Post (relativa a centri segreti antiterrorismo sparsi nel mondo con attività sistematicamente violatrici dei diritti dei cittadini), ottenendo una risposta a dir poco evasiva;
  2. forse a nessuno importa cosa leggo, cosa mangio e dove vado in vacanza (tranne i social che vendono queste notizie ad agenzie di marketing) ma le preferenze religiose, sessuali, alimentari, le opinioni politiche, le frequentazioni incaute di questo o quel personaggio pubblico possono diventare oggetto di estorsione al fine di modificarne il comportamento decisionale.

134461Le tecnologie contrastano il terrorismo, rintracciano i ladri, combattono la delinquenza. Per farlo controllano continuamente imponenti volumi di dati di un numero sempre maggiore di cittadini ignari. Lo sviluppo di queste tecnologie lascia immaginare facilmente fin dove potranno spingersi, e il bello è che – così io credo – molte persone, forse la maggioranza, sarebbero ben liete di essere “controllate” allo scopo di essere sicure. Se oggi si potesse installare un microchip sottocutaneo a ciascun individuo presente sul suolo europeo (una nota bufala complottista che qui utilizzo in senso paradossale) e se tale dispositivo potesse realmente monitorare ogni spostamento, ogni attività, forse addirittura ogni pensiero degli individui, il tasso di criminalità si abbatterebbe drasticamente, e molti forse ne sarebbero lieti. Ma ne varrebbe davvero la pena? Uscendo dal paradosso complottista resta comunque la realtà, assai meno fantascientifica ma a mio avviso sufficientemente inquietante, di governi che hanno i mezzi e la volontà per violare la privacy di cittadini (politici o no che siano) di altri paesi. Ciò indubbiamente è parte di un processo assai più grande volto a reprimere il terrorismo e la delinquenza, ma il prezzo pagato a me pare già troppo alto in termini di diritti civili e libertà personali.

Risorse: