Psicopatologia dello stragista

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E adesso piangiamo Orlando. Prepariamoci perché lo stragismo continuerà a colpire l’Occidente sorprendendoci stranamente ogni volta, costringendoci a porci le stesse medesime domande, come una stereotipia autistica, come se le risposte non fossero abbastanza chiare. Naturalmente quella di Orlando è una strage differente dalle recenti parigine, ma proprio nella diversità – solo apparente, relativa a circostanze manifeste ma non alla sostanza del gesto – abbiamo la possibilità di distinguere e analizzare. A Orlando, semplificando, è successo questo: un uomo armato ha fatto strage in un locale gay subito dopo avere dichiarato fedeltà all’Isis (Daesh). Le componenti da analizzare sono quindi tre: 1) l’omofobia che sembra essere (sia pure forse in forma contorta) parte importante della motivazione del gesto; 2) l’ideologia Daesh come cornice giustificativa; 3) la facile disponibilità di armi micidiali negli Stati Uniti. Gli argomenti devono essere affrontati in questo esatto ordine per evitare semplificazioni indebite.

1) Omofobia, suprematismo e altre intolleranze. Vedremo cosa concluderanno le indagini, naturalmente, ma la motivazione omofoba è emersa subito e appare, quanto meno, una componente forte di Omar Mateen, il killer che probabilmente non accettava la propria omosessualità. La precedente strage di San Bernardino (2 Dicembre 2015), sempre all’insegna dell’islam fanatico, è avvenuta in un centro disabili. A Giugno, in South Carolina, c’era stata la strage di un suprematista bianco a danno di una comunità di afroamericani. E anche il “nostro” Breivik (77 assassinati nel 2011) era un suprematista bianco. Una motivazione ai gesti estremi, agli assassinii di massa, riguarda quindi l’intolleranza, l’insopportabile senso di esclusione che in molti individui provoca un odio estremo, un desiderio di “pulizia” e di estirpazione del male che si rende indispensabile per non sentirsi più sporcati, forse minacciati dai diversi. Si può estendere questa analisi anche agli estremisti Daesh? Credo di sì. La religione è uno straordinario plasmatore di identità, e per come mistificata e distorta nell’islam radicale diviene un’arma letale in mano a cinici spregiudicati che possono facilmente manipolare la mente di personalità fragili, disadattati di seconda generazione in Europa, male integrati e dubbiosi, a cavallo come sono fra la tradizione dei padri e la modernità dello stato ospite; o fanatici ignoranti, veramente convinti che se moriranno da eroi per il loro dio saranno premiati con la possibilità di stuprare (così Dacia Maraini sul Corriere) non ricordo più quante vergini in paradiso.

1 bis) Il dono della propria vita come uso dell’unico capitale sociale posseduto. Partiamo quindi da personalità fragili profondamente convinte del male – per loro intollerabile – rappresentato dal diverso: l’omosessuale, ma neppure: colui/colei che vive con libertà la propria sessualità; il negro, ma neppure: colui che ha rivendicato, ha lottato e ottenuto, pretendendo di non rimanere schiavo e servo; il cristiano, ma neppure: l’occidentale blasfemo per antonomasia e quindi offensivo agli occhi del suo dio, propugnatore di libertà per le donne, per i diversi, per gli atei. L’idea di ucciderli è una conseguenza assai logica della totale inaccettabilità che essi rappresentano. Questi assassini non possono essere oggetto di un processo dialettico, argomentato, filosofico; per costoro il male si estirpa e basta, il demonio deve essere cacciato, il reo deve essere ucciso. Non dimentichiamo che atei e omosessuali sono severamente puniti, e spesso giustiziati, in diverse parti del mondo. Resta l’inquietante elemento del sacrificio personale; questi fanatici sanno benissimo di rischiare di morire al termine della loro strage, e con la morte si sono conclusi la maggior parte di questi eventi recenti. Non c’è contraddizione. Queste persone sono dei poveracci, degli sfigati disadattati con poche e confuse idee; storie di fallimenti alle spalle; prospettive di vita anonime quando va bene. Hanno a disposizione un unico enorme bene: il capitale sociale rappresentato dalla loro vita nell’ultima ora, negli ultimi dieci minuti: essere catturati, subire un processo da parte della società che odiano per averli emarginati, ammuffire in una cella fino all’oblio, rappresenta la caducità della spinta motivazionale, l’avvilimento dell’ideale, lo snaturamento di quell’identità malata capace del Grande Gesto. Il Grande Gesto si illumina solo nella tragicità; sterminare i froci, i negri, ebrei, atei occidentali, barricarsi con ostaggi, cercare di far fuori qualche sbirro e morire nella gloria. Ricordate il finale di Butch Cassidy? La bella morte non l’hanno certo inventata questi fanatici da operetta tragica. Loro non hanno nulla: non hanno cultura, esperienza, competenza, generosità, pietà, comprensione, futuro, fortuna, affetti, relazioni; hanno uno straccio di vita miserabile che acquista uno spettacolare valore in quel preciso momento che si fanno saltare in aria in un mercato di Baghdad, che si fanno crivellare a Parigi o a Orlando.

2) L’ideologia islamista come cornice giustificativa. Oppure quella suprematista, negazionista o altre. Ma serve una cornice giustificativa. Se i gay mi fanno schifo e ne ammazzo qualcuno sono solo un omofobo assassino, ma se li ammazzo nel nome di Allah e dichiarandomi combattente del Daesh cambia tutto: divento un eroe, un martire, un giustiziere. Se a Orlando questo camuffamento appare, al momento, piuttosto evidente, non dobbiamo credere che non agiscano meccanismi simili anche per gli stragisti di Parigi e altri recenti. Spesso opera di terroristi di incerta cultura islamica, di fede recente e poco profonda, di indubbia ignoranza su Islam, religioni etc. Sapere troppo non serve, basta una patina, una spolverata, quanto basta per avere una patente di martire per la religione. È così che funzionano le ideologie negative: tu psicopatico sfigato, buono a nulla, accecato da odio indistinto e bisognoso di affermare una qualche rivalsa al mondo, tu inutile fardello della società ai cui margini ai vissuto fino ad ora hai bisogno di una giustificazione. Qualcuno deve dirti che quel tuo disagio, quel tuo odio, è giusto. Anzi: è nobile, parte di una grande causa che accomuna moltitudini, che tu puoi illuminare con un Grande Gesto che finalmente darà un senso alla tua mediocrissima vita. Il Daesh, i talebani, il salafismo in generale forniscono questa cornice giustificativa, così prossima alla cultura originaria islamica (come, per altro verso, il suprematismo bianco e filonazista e ogni altra pseudo-giusificazione ideologica).

2 bis) Ecco perché il problema del Daesh deve essere affrontato e risolto. Anche se in profonda crisi e in ripiego (almeno rispetto all’anno scorso) l’esistenza del Califfato è di per sé sufficiente ad alimentare questa cornice giustificativa. Non si tratta solo della capacità di armare e addestrare i terroristi che arrivano in Europa ma della luce che concede all’esaltazione di questi fanatici. Se il Daesh non esistesse crollerebbe la cornice giustificativa, non si alimenterebbe la falsa leggenda del martirologio islamista, non ci sarebbe una comunità visibile a sollecitare il martire e benedirne il nome. Il Daesh è un’infezione capace ancora di far accorrere troppi disperati in cerca di un riscatto qualunque, e senza un serio intervento per eliminare questa infezione il terrorismo salafita e riconducibile all’islam radicale continuerà.

3) Troppe le armi in giro. È solo alla fine che possiamo discutere della facilità con cui si comperano armi in America (ma non è così difficile neppure da noi…). Troppo facile, sì, ma non bisogna commettere l’errore di un ribaltamento logico della realtà; non è la disponibilità di armi a innescare la scintilla omicida. In un post di qualche mese fa, in seguito all’ennesima strage americana, abbiamo mostrato come gli Stati Uniti non siano affatto in testa alla graduatoria mondiale dei morti ammazzati. Indubbiamente è più facile acquistare armi automatiche e da guerra e fare quindi più morti in un colpo solo; e certamente se Omar Mateen avesse avuto a disposizione solo un coltello, o al massimo un revolver, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente (come sostiene anche Obama). Ma se è certo che una legge più severa aiuta a limitare i danni, la radice del problema non sono le armi quando l’intolleranza resa “nobile” da una causa apparentemente giusta e condivisa.

Ed ecco allora che la conclusione di questa riflessione conduce solo in un punto preciso: il mondo sempre più complesso e mischiato e integrato e interconnesso crea i presupposti per l’intolleranza e il fanatismo. Alimenta spinte identitarie ed esclusive, quel “noi” (islamici, eterosessuali, nazionalisti, bianchi…) che vive con angoscia il confronto con “loro” (quelli liberi; liberi dalla necessità di queste forme arretrate e difensive di identità) e che si mostra disponibile al Grande Gesto che dà senso, tragico, al profondo sentimento interiore di impotenza e fallimento; fallimento come maschi (c’è qualcosa che ha a che fare col femminicidio, sì), fallimento come giovani di periferia (c’è qualcosa che ha a che fare con le risse attorno agli stadi, sì), fallimento come immigrati, fallimento, sostanzialmente, come persone. La risposta, se è immaginabile una risposta, è gigantesca e inafferrabile come una montagna. Sul piano interno dei paesi occidentali: politiche sociali ed economiche capaci di guardare i giovani; integrazione reale e non di facciata; sostegno intelligente all’immigrazione e specie alle seconde e terze generazioni; controllo della vendita delle armi. Sul piano esterno: sconfitta militare del Daesh; risoluzione della questione palestinese; pacificazione libica; pacificazione siriana; politica estera dura contro i paesi canaglia (tutti notissimi) che finanziano il terrorismo.

Come vedete, se ne parlerà molto più in là. Intanto, piangiamo i nostri morti.