E insomma ha vinto il no. E adesso?

(Questo articolo è stato chiuso alle ore oo.30 di lunedì 5 Novembre 2016)

Come ampiamente annunciato ha vinto il No. Non farò ipocriti “complimenti” a chi ha vinto ma un sincero augurio a tutti noi. Chi ci legge sa benissimo che il nostro orientamento era favorevole al anche se, nello spirito hicrhodusiano, non abbiamo lesinato critiche e segnalato anche molteplici elementi discutibili. Per chi non ci conosce bene rinviamo al completo dossier costituzione cliccando QUI. Immagino la soddisfazione in queste ore del fronte del No; è giusto, normale e li comprendo. Vincere è bello, ed è bellissimo festeggiare in compagnia, fra amici e sodali. Domani, invece, sarà un altro giorno: la sbornia della vittoria sarà passata e sarà ora di chiedersi: e adesso cosa succede? La prima cosa che mi viene da dire, di ordine molto generale, è: “niente”. Non succederà un bel niente. Non ci saranno scontri armati nelle piazze e nessun asteroide ci colpirà. Ma già da oggi, invisibili al grande pubblico, molteplici forze si saranno messe in moto per sconfermare ogni promessa e pronostico ribaldamente asseriti dal fronte del No fino a ieri.

Renzi non andrà a casa, anzi rimarrà a lungo. Poiché il No, salvo rarissime eccezioni, ha soffiato per mesi sulla favola del mandare a casa Renzi, è bene che tutti gli interessati sappiano che sono stati presi in giro. Una cosa facile da capire se molti elettori non fossero stati abbagliati da un cieco orientamento anti-casta, anti-governativo, anti-istituzionale, alimentato dalla naturale antipatia verso l’arrogante Premier. Chi ha immaginato un Renzi che rassegna le dimissioni a Mattarella e un successivo governo di illuminati e simpatici politici capaci di darci un futuro di latte e miele, beh… hanno fatto male i calcoli. Chi pensava addirittura di andare a elezioni anticipate e far vincere alla grande i megafoni popolar-populisti, oltre che aver fatto male i calcoli sanno proprio poco di aritmetica. Molteplici ragioni portano a pensare che sì, Renzi andrà da Mattarella semplicemente per succedere a se stesso, con qualche rimpastino governativo che rafforzerà questa medesima maggioranza. O si farà da parte, forse, ma solo per un breve-medio periodo, lasciando però il posto a un governo-fotocopia. Mi perdonerete se non vi annoio col perché accadrà questo, ma potete scommetterci (e considerate che sto scrivendo ovviamente prima che tutto questo accada; se volete, quindi, accetto scommesse, chissà? forse potete guadagnare un gruzzoletto…).

Renzi non ne esce indebolito ma rafforzato. Sembrerà paradossale ma è così. Sì, è stato sconfitto sull’onda populista anti-tutto che attraversa il mondo, e questo in qualche modo è già un bel pezzo di giustificazione, ma osservate un’altra cosa: con quale percentuale di consensi ha perso il Sì? Ecco: quella percentuale Renzi se la può intestare tutta, visto che lui e il suo governo (ma Alfano rappresenta all’incirca lo zero-virgola) sono stati gli unici a sostenere la riforma. Tutti gli altri partiti e un pezzo del suo hanno fatto campagna contro, quindi essere sconfitto con una percentuale così alta (attorno al mitico 41% delle europee) mostra l’enorme bacino di potenziali elettori che Renzi può immaginare di raccogliere attorno a un progetto politico riformista, progetto fallito per un soffio, per ragioni eminentemente politiche (l’occasione della spallata a Renzi) disinteressate alle ragioni di merito. Renzi ha mostrato una forza notevole, anche se perdente, ed è stato fermato da forze di conservazione, giudicate tali da poco meno della metà dei votanti; ha mostrato di non lasciarsi sedurre dalla sinistra radicale, vetero-comunista, attaccata a una ditta inesistente, e questo piacerà a un bel po’ di moderati, riformisti e liberali; ma ha mostrato anche di non mescolarsi ai ruderi della Prima Repubblica e ai populisti, quelli della famosa accozzaglia, tenendo diritta quella barra socialdemocratica che tiene assieme la base del suo partito, almeno quella non bersaniana. Ma davvero credete che Renzi scomparirà dalla scena politica con questo capitale sociale ed elettorale per le mani? Siete matti!

Tutti gli altri pseudo-argomenti del No saranno smentiti dolorosamente: meno credito all’estero, un’Europa nuovamente incattivita con l’Italia, la finanza alla gola delle deboli banche italiane, l’interruzione probabile della ripresina, spread in rapido rialzo con ovvie conseguenze sul debito pubblico e altre piacevolezze che l’uomo della strada e la casalinga di Voghera non coglieranno se non nel medio periodo come impoverimento da attribuire, naturalmente, alla carognaggine del potente di turno, che sia Renzi o Di Maio. In cambio, però, tutto sarà preservato come prima e la Costituzione più bella del mondo, già più volte malamente violentata, questa volta resterà come prima, col rimpallo infinito delle leggi fra le due camere, con i perpetui contenziosi fra Stato e Regioni, con le Province nel limbo e via discorrendo, vale a dire che resteranno tempi biblici nell’Amministrazione pubblica con evidenti costi per cittadini e imprese. Ma, soprattutto, resterà per altri vent’anni l’impossibilità di cambiare alcunché. Non ci sarà, dopo la vittoria del No, un tavolo istituzionale in cui tutti si siederanno lietamente per scrivere una Nuova Bella e Condivisa Riforma. Non ci sarà proprio nulla, perché l’accozzaglia (non ho capito perché il termine abbia offeso, descrive semplicemente l’eterogeneità del fronte) non potrà in alcun modo mettersi d’accordo, da Landini a Meloni. Naturalmente, con un po’ di tempo, lo spread tornerà su valori accettabili, la scarsa credibilità italiana all’estero continuerà come nei precedenti venti-venticinque anni, gli italiani continueranno a lamentarsi credendo di averne ragione…

Ma c’è un altro elemento spinoso: l’Italicum presupponeva la riforma del Senato. Nella situazione attuale la legge elettorale non è applicabile senza generare un pantano di grave ingovernabilità, e si dovrà subito (questo chiederà Mattarella) mettere mano a una nuova (con dispendio di molti altri mesi di discussioni sfibranti). E sapete cosa uscirà dal cappello? Un bel coniglietto con sistema proporzionale e preferenze, esattamente com’era nella Prima Repubblica e in barba a decenni di tentativi, lotte e referendum (vinti a stragrande maggioranza, ma chi se ne frega? Gli italiani votano per gioco) per superare il sistema delle clientele e dell’immobilismo. Perché le preferenze portano clientele e il proporzionale provoca, con sapienza matematica, l’ingovernabilità senza coalizioni forzate ad accettare governicchi, compromessi, soluzioni che non ha caso una volta chiamavamo “democristiane”, col sottogoverno disegnato col manuale Cencelli, la ricerca del peggior consociativismo per mantenere la pace sociale, e via rimembrando. E guardate che questo scivolamento indietro nella storia, coll’ulteriore ricaduta per la nostra economia e il debito, rischierà di compromettere definitivamente la nostra permanenza nell’Euro.

Gioite quindi, per oggi almeno, popolo del No. Stappate una bottiglia di quello buono e congratulatevi per questo “vaffa” alla facciaccia di Renzi. È bello vincere, ogni tanto. Senza tanti sofismi, ragionamenti complicati, argomentazioni noiosissime. Avete vinto e avete costretto l’Italia a rimanere nel pantano; non andremo più da nessuna parte, almeno non a breve, non per la mia troppo matura generazione.

Da domani si ricomincia, ma non ci lasceremo queste giornate alle spalle come nulla fosse stato. Il grave solco maturato in questi decenni fra riformisti e conservatori – all’epoca interpretati da altri protagonisti – ha subìto un profondo scavo ulteriore, radicalizzando le fazioni. Siamo tornati ai Guelfi e Ghibellini e a lungo ci scambieremo reciproche accuse, chi convinto che nello statu quo ci sia garanzia di libertà e progresso e chi certo che solo cambiando, se si fosse cambiato, ci sarebbe stato progresso e bene comune. Al netto dei numerosissimi voti inconsapevoli o distorti da una campagna costruita sulle bufale, i tanti “No” in buona fede sono sinceri come i “Sì”, entrambi motivati da una diversa idea di bene comune; è su questo che occorrerà lavorare nei prossimi anni: non possiamo andare da nessuna parte divisi, quasi a metà, da due verità ineccepibili; dovremo trovare un punto di sintesi che difficilmente, in questo caso, si trova da qualche parte “a metà” fra le due posizioni.

Non prevedo un futuro facile.