Sia chiaro da subito: questo non è un articolo buonista né un post che fomenta l’odio razziale, non è mia intenzione rinfocolare gli animi su questioni relative all’immigrazione né consolare chi ritiene che il problema non sussista. Quindi chi cerca una presa di posizione netta, a favore o contro non importa, ma che confermi la propria idea, può pure smettere di leggere ora.
Per chi invece voglia fare assieme a noi una riflessione su come i dati vengano usati per scopi diametralmente opposti, a seconda di quale è la fonte che fornisce questi dati, allora è il benvenuto.
Come spesso accade, un po’ per la realtà dei fatti e un (bel) po’ per l’interesse dei media, questa sembra l’Estate delle violenze sessuali. E pare anche, secondo un certo tipo di stampa, che a farla da padrone siano gli stranieri e le vittime le donne italiane. In numeri assoluti o relativi, questo è tutto da verificare. E poiché si parla di stupri, poiché secondo le principali testate giornalistiche pare che questa sia l’estate delle violenze sessuali in Italia, è doveroso fornire dati precisi che conducano a riflessioni obiettive.
Iniziamo con un po’ di dati relativi al numero degli stupri in Italia (l’Istat evidenzia tuttavia che solo il 7% delle violenze viene denunciato: per paura, vergogna, diffidenza e altri motivi). I dati Istat 2014 (al momento gli ultimi disponibili) sono inequivocabili e indicano un netto miglioramento rispetto agli anni passati: le violenze, gli stupri e le molestie sono in diminuzione, alla maggiore capacità delle donne di uscire dalle relazioni violente o di prevenirle si affianca anche una maggiore consapevolezza che fa sì che più spesso considerino la violenza subìta un reato e la denuncino di più alle forze del’ordine, più spesso ne parlino con qualcuno cercando aiuto presso i servizi specializzati, centri antiviolenza e sportelli predisposti.
Potremmo sintetizzare in questo modo: il fenomeno è straordinariamente diffuso, indubbiamente oltre il tollerabile, ma in decrescita. L’indagine Istat disegna un profilo chiaro del maschio violento: poco istruito e di bassa estrazione sociale, con precedenti con la legge, spesso ubriaco e uso alla violenza (queste le caratteristiche modali, che non escludono violenti laureati, sobri, e così via). Ma, principalmente, è nella cerchia familiare e amicale che si consuma il numero maggiore di violenze e stupri, mentre le molestie sessuali avvengono principalmente da parte di sconosciuti. Dati recentissimi del Ministero dell’Interno indicano, nei primi 7 mesi di quest’anno, 1543 italiani denunciati o arrestati per violenze di genere e 904 stranieri (entrambi i dati in leggerissimo calo rispetto all’anno precedente); è evidente che i 1.543 italiani vanno rapportati alla popolazione maschile italiana (escludendo i minori e gli anziani una popolazione quindi di 20-25 milioni) contro l’analoga popolazione straniera stimabile in poco più di un paio di milioni. In pratica al 31 dicembre 2016 i cittadini residenti in Italia risultavano circa 60.580.000 di cui l’8,3% stranieri.
Qui la sintesi potrebbe quindi essere: per le donne italiane (assai meno vittime di violenze sessuali rispetto alle straniere) c’è un modesto rischio di stupro e un più altro rischio di molestie da parte sia di italiani (maggiormente) che di stranieri, che sono inferiori di numero, ma percentualmente rilevanti in relazione alla loro comunità.
Il dato in sé potrebbe sollevare, e lo fa ampiamente soprattutto sui social, reazioni opposte che vanno dall’indignazione e conseguente condanna indiscriminata di tutti gli stranieri come potenziali stupratori (deriva xenofoba), all’ottimistica constatazione che gli stupri sono in diminuzione e che gli stranieri comunque ne sono responsabili in numero inferiore agli italiani (deriva buonista). Le due facce della popolazione italiana, che in modo alquanto prevedibile, salvo pochissimi e lodevoli casi, si schiera automaticamente da una parte o dall’altra, senza analizzare obiettivamente i dati, stimolata in questo dalle fonti di informazione. Tertium non datur.
Alcuni esempi li possiamo trovare in quotidiani come Libero, il Corriere e l’agenzia di stampa Adnkronos, per fare solo tre esempi.
Si va da un “Immigrazione e stupri, il 40% delle violenze commesse da immigrati (che sono l’8% del totale)” del quotidiano di Feltri, a “Stupri, meno da stranieri e più da italiani” di Chiara Moretti su Adnkronos. In entrambi i casi, considerando che la maggioranza delle persone si ferma al titolo, le frasi sono fuorvianti.
Per i primi la questione è la medesima per cui saliamo tranquillamente in auto, mentre lo facciamo con maggiore apprensione se si tratta di un velivolo, senza considerare quanto maggiormente il secondo mezzo di trasporto sia sicuro rispetto al primo. Certamente l’auto sta appoggiata al suolo, mentre l’aereo vola ed a questo, in quanto esseri umani, non siamo ancora così abituati.
Anche ad una società multietnica molti non hanno avuto il tempo di abituarsi a causa dei rapidissimi mutamenti che negli ultimi vent’anni hanno cambiato il volto del nostro paese. Quindi è facile sollecitare la naturale diffidenza umana verso il cambiamento e verso chi, venendo da lontano, inevitabilmente con la propria presenza costringe a cambiare punto di vista. L’adattamento non è facile, tanto più quanto il cambiamento è veloce e l’era che viviamo ha la sgradevole caratteristica di mutare con una velocità inimmaginabile anche solo un secolo fa, per non parlare di epoche più lontane.
Per contro, dal lato opposto della barricata, c’è chi è diffidente nei confronti di qualsiasi posizione ritenuta anche solo vagamente razzista, xenofoba e reazionaria, e con tutte le buone intenzioni rischia parimenti di sottovalutare situazioni potenzialmente esplosive, a volte scaturite proprio dall’intransigenza di chi difende a tutti i costi il pensiero ritenuto eticamente e moralmente più ‘giusto’.
Un esempio è proprio la questione ‘emergenza stupri’ di cui stiamo trattando, argomento delicato che viene strumentalizzato per i fini che ho già indicato, ma che rivela risvolti interessanti e forieri di sviluppi positivi a patto che venga analizzato senza pregiudizi. Mi spiego: se tra gli stranieri c’è una percentuale maggiore di molestatori e stupratori, riconoscerlo porta ad analizzare le ragioni di ciò (marginalità, povertà, mancata integrazione, distanza culturale, scivolamento verso la devianza anche in seguito al tipo di “accoglienza” possibile in Italia). Non si può negare che la percentuale di stranieri che commettono atti di violenza nei confronti delle donne sia molto più elevata rispetto a quella degli italiani, se riferiti alle rispettive provenienze etniche; né è il caso di minimizzare il dato: a che pro? E soprattutto: perché leggere obiettivamente un dato dovrebbe essere considerato ‘razzista’?
Meglio sarebbe valutare come l’accoglienza e l’integrazione vengono gestite nel nostro paese, capire se sia possibile una correzione di rotta, analizzare anche le differenze e le motivazioni che spingono alla violenza: ad esempio dai dati Istat citati prima si evince che sono in maggior numero le donne straniere a subire violenza, che le molestie a sfondo sessuale da individui sconosciuti vedono come protagonisti gli stranieri più che gli italiani, i quali invece agiscono prevalentemente tra le mura domestiche.
Parlare di emergenza stupri quando i dati evidenziano addirittura una diminuzione non può essere giustificato con il fatto che d’estate si vendono meno giornali e non c’è nulla di significativo per attirare l’attenzione, dato che anche la politica è in vacanza.
Sembrerebbe persino ingenuo sostenere che i dati in sé, oltre ad essere esposti con obiettività, andrebbero analizzati approfonditamente, senza lasciarsi trascinare dall’emotività e soprattutto dalla propria opinione; e che le ragioni politiche e di marketing che spingono i giornalisti a scegliere il titolo ed il taglio del pezzo che più infiamma gli animi ed aiuta a vendere copie ed a sostenere il proprio referente partitico non siano giustificate, quando ne va della convivenza pacifica, integrazione e vivere civile in un paese democratico.
È un tema più ampio, poiché coinvolge, come vedremo in seguito, anche altre fantomatiche ‘emergenze’ (ne ha scritto in precedenza Bezzicante su Hic Rhodus qui).
È un tema che richiede una riflessione attenta: assolto l’obbligo scolastico e divenuti aduti, per i cittadini esistono agenzie educative che contribuiscano alla loro ‘educazione civica’? (tanto per usare un termine onnicomprensivo). Il mondo dell’informazione, i giornalisti, direttori di testate televisive, cartacee e digitali, per cultura, potenza e capillarità del mezzo hanno in questo un ruolo di enorme importanza.
E le donne che ruolo hanno? Sono restia a considerare le donne esclusivamente come vittime: ho accennato sopra come la diminuzione dei casi di violenza possa ragionevolmente essere collegata ad una maggiore consapevolezza femminile. Un servizio di cui lo stato potrebbe e dovrebbe farsi carico è la prevenzione: molte le iniziative, innumerevoli le associazioni ed i centri antiviolenza in tutto il paese, e tuttavia quasi nulla viene attuato a livello preventivo, informativo e psicologico prima che la violenza avvenga. Pianificare interventi eucativi nelle scuole finalizzati ad ottenere una crescita civile degli individui di sesso maschile e femminile, puntando sui valori universalmente condivisi di rispetto reciproco, tolleranza delle diversità, solidarietà nelle difficoltà, riconoscimento della parità degli individui a tutti i livelli, sembra un’utopia; eppure lo si potrebbe realizzare più capillarmente, visto che in molte relatà scolastiche italiane questo già avviene. I dati inoltre parlano chiaro: nelle comunità di origine straniera ci sono dinamiche che non possiamo liquidare semplicisticamente come espressioni di culture differenti, per paura che ciò possa sfociare nel razzismo; sarebbe ora che si mettesse da parte la paura ingiustificata di una deriva razzista.
In ultima istanza: esiste davvero un’emergenza stupri in Italia? Poiché – adesso posso svelarlo – la tesi di questo post è che l’Italia è un posto molto più sicuro per le donne, rispetto al resto del mondo; vediamo qualche dato internazionale, precisando la difficile comparabilità fra le fonti (per esempio fra Istat presentata sopra e le prossime); secondo l’indagine europea Violence against women: an UE-wide survey, del 2014, svolta fra 28 paesi dell’Unione (un rapporto ricchissimo di dati) l’Italia risulta uno dei paesi europei più sicuri per le donne.
Relativamente ai soli stupri, NationMaster propone una classifica mondiale (attenzione: anni di riferimento differenti, fonti di polizia con criteri differenti, paesi industrializzati con statistiche più attendibili, anche una diversa disponibilità culturale a denunciare la violenza…) che vede l’Italia al 47° posto con 7,6 incidenti su 100.000 persone nel 2006. Dalla figura sottostante potete avere un’idea di cosa significhi questo dato comparato con altri paesi, anche importanti.
Coniugando questi dati sulla violenza di genere con altri trattati in post precedenti (sul femminicidio QUI; sulla violenza in genere QUI), e proponendo alcune inferenze plausibili ma non supportate da dati diretti, credo che una conclusione generale possa essere la seguente:
1. L’Italia è un paese dove omicidi, gravi reati di violenza e, nello specifico, il femminicidio, sono molto ma molto meno diffusi che in altri paesi (sia d’Europa sia, ancor più, comparando con altri continenti) e in costante calo negli anni;
2. reati meno gravi, quelli che poi creano allarme sociale come risse, furti etc. sono invece in crescita; le generiche molestie sessuali – che potrebbero appartenere a questa categoria – sono invece anch’essi in calo;
3. gli immigrati contribuiscono in maniera rilevante a queste statistiche; se in numeri assoluti risultano meno degli italiani è pur vero – e non solo per i reati sessuali – che la percentuale relativa è significativa, con gruppi specifici ben osservati e noti; è ovvio che ci sono molte e significative ragioni per questa percentuale di stranieri che agisce fuori dalle regole. Codeste ragioni devono essere conosciute e considerate per ogni spiegazione sociologica e ogni giudizio morale, e dovrebbero essere ben meditate anche sotto il profilo politico perché sottolineano l’insuccesso di un “modello” di accoglienza fallimentare, carenze nei programmi ed azioni per favorire l’integrazione sociale e lavorativa. Il tema, però, è troppo ideologizzato; se anche è giusto segnalare i valori relativi per non cadere in un buonismo stupido e acritico, è pur vero che siamo fra i paesi che ospitano meno immigrati, malgrado il dibattito ancora una volta distorto. Insomma: si parla di numeri piccoli e le percentuali viste sopra, completamente avulse da queste polemiche, continuano a dire che i reati qui considerati sono in calo, e in piccolo numero in Italia;
4. la considerazione finale, che tuttavia costituisce il tema centrale di questo articolo, riguarda l’informazione: due o tre anni fa, sull’uscita di un discutibile studio, fu tutto un fiorire di scenari di femminicidio; e sempre in quell’epoca una polemica speciosa contro i provvedimenti di Monti e Fornero fornirono il pretesto per dipingere il paese come un cimitero di suicidati per ragioni economiche. Tutto falso.
Questa è stata l’estate degli stupri, montata dai giornali per sopperire alla crisi estiva di lettori. Insomma: i dati sono sempre complicati e noiosi, ma occorre tenere ben presente che l’informazione, oggi, è sempre manipolata.
Contributo scritto per Hic Rhodus da Michela Piovesan Domatrice di bonobo alle scuole medie, insegno anche italiano, storia e geografia. In precedenza consulente aziendale e segretaria factotum per fisici e ingegneri. Diplomata in lingue, in erboristeria, laureata a Ca' Foscari in lettere (studi storici), veneziana doc (specie in via di estinzione), occasionalmente guida turistica per gli amici (gratis). Velista per passione, vogo alla veneta in laguna.