Bankitalia: il peggior metodo per il peggior risultato

Quindi, la montagna della politica ha partorito il consueto topolino: dopo l’entrata a gamba tesa di Renzi con la mozione parlamentare che “sfiduciava” il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, il Presidente del Consiglio Gentiloni, evidentemente irritato dalle forzature del suo predecessore (anche essere stato costretto a porre la fiducia sulla legge elettorale non credo sia piaciuto al premier), ha di fatto chiuso la diatriba confermando Visco al vertice di Bankitalia.

Considerando tutto quanto è accaduto nel corso del mandato del Governatore, e tenendo presente che, da quando la politica monetaria è gestita dalla Banca Centrale Europea, l’unico ruolo autonomo della Banca d’Italia è essenzialmente la vigilanza, è francamente difficile trovare un qualsiasi motivo per approvare la riconferma di Ignazio Visco. Se a “vigilare” sulle banche fosse stato un comitato di sordomuti ciechi dalla nascita, le cose non sarebbero andate peggio. Anzi, a mio avviso l’azione, diciamo così, della Banca d’Italia in questi anni ha confermato tutte le perplessità sulle ambiguità del suo ruolo e del suo assetto che abbiamo sottolineato sin dai primi passi di questo blog.

D’altra parte, se io dovessi immaginare un modo inammissibile per porre il problema dell’efficacia della vigilanza bancaria, non so se troverei di meglio dell’assurda mozione parlamentare imposta da Renzi, che ha paradossalmente, proprio per la sua irritualità, facilitato la strada per il mandato bis a Visco (anche questa una “novità”), visto che né Gentiloni né Mattarella devono aver avuto voglia di apparire agli ordini di Renzi in una questione in cui il Parlamento non ha voce in capitolo, e meno ancora il capo di un partito. Era imprevedibile che la mozione sarebbe stata, come minimo, inefficace? Direi di no.
Più probabilmente, Renzi ha valutato che la mozione avrebbe avuto un effetto per lui positivo anche se Visco fosse stato confermato, perché in questo modo potrà dissociarsi da una scelta di continuità e cercare di spuntare le armi di chi usa, più o meno a proposito, la questione bancaria contro il PD “governativo”. Insomma, una mossa elettorale, fatta però a spese di un istituto, come la Banca d’Italia, che si dovrebbe avere ritegno a usare come parafulmine. Ancora una volta, le considerazioni di piccola opportunità politica immediata prevalgono su quelle di interesse generale, e il fatto che questo sia un carattere comune al comportamento di tutte le parti politiche non può certo consolarci.

E sì che, volendo aprire una discussione seria, nel merito (e non sul nome del Governatore), avremmo molto da guadagnare da un dibattito su come debba essere interpretato il ruolo di vigilanza di Bankitalia (e in generale di tutte le autorità di vigilanza). A mio avviso, e spero di non essere il solo a pensarla così, Bankitalia infatti esercita la vigilanza in modo essenzialmente interno e organico al sistema delle banche: se c’è qualcosa da dire, viene scritto in qualche documento destinato appunto ai vertici delle banche, nei limiti di una moral suasion che lascia sostanzialmente le cose come stanno. Quando si arriva a delle sanzioni reali, e comunque sempre sproporzionate al danno prodotto verso chi del sistema bancario non fa parte, in genere è tardi. Non ho mai avuto, personalmente, la sensazione che la Banca d’Italia si considerasse responsabile verso i cittadini, e avvertisse il dovere di impedire che essi fossero esposti a rischi impropri. Perché la Banca d’Italia non ha ritenuto di dover avvertire il pubblico del fatto che certi titoli erano a rischio e non andavano acquistati? Perché la comunicazione su questi temi è sempre autoreferenziale, interna a un mondo che come si è visto non è certo al di sopra di ogni sospetto? È difficile non pensare che il motivo sia che la Banca d’Italia si considera parte del sistema bancario e non parte delle autorità di vigilanza che operano nell’esclusivo interesse dei cittadini.

L’occasione di discutere seriamente di questo è ancora una volta stata perduta, e difficilmente potrà essere colta dalla Commissione Parlamentare costituita per indagare sui crac bancari e che nei pochi mesi prima della fine della legislatura potrà al massimo diventare l’ennesimo teatrino di accuse incrociate tra politici. Si è utilizzato il peggiore dei metodi per affrontare la nomina del Governatore della Banca d’Italia, e si è raggiunto il peggiore dei risultati, avallando la continuità con una gestione deficitaria e che peraltro non si riassume di certo nel solo nome di Visco. Quest’ultimo, se incassa il sostegno di Mattarella e Gentiloni, sarà un Governatore “semisfiduciato”, sotto il tiro delle critiche politiche fin dal primo giorno, in un ruolo in cui autorevolezza e indipendenza sono tutto. Davvero un pessimo viatico per il futuro di un settore, quello delle banche, che ha gravi problemi strutturali e dovrà con tutta probabilità fare i conti con altre e dolorose crisi.