Un bell’articolo di Claudio Cerasa oggi, sul Foglio, elenca le crescenti forze sociali contrarie a questo governo. E l’elenco è lunghetto assai, ve lo ripropongo intero:
Contro il governo oggi si trova la stragrande maggioranza del mondo degli imprenditori rappresentato da Confindustria (con le confederazioni della Lombardia e del Veneto più agguerrite di altre), buona parte del mondo dei commercianti rappresentato da Confcommercio (ieri Carlo Sangalli ha bocciato di fronte a Luigi Di Maio l’operato del governo), la stragrande maggioranza del mondo degli artigiani rappresentato da Confartigianato (il 18 luglio a Roma l’assemblea annuale di Confartigianato tirerà fendenti al governo), buona parte del mondo degli agricoltori rappresentati da Confagricoltura e Cia (Coldiretti con il governo ci va invece ancora a nozze), la quasi totalità dei sindacati dei pensionati (il 1° giugno a Roma si sono riuniti in piazza per una manifestazione nazionale Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp e manifestazioni continueranno in tutta Italia fino al 22 giugno), la quasi totalità dei sindacati confederali (Cisl e Uil fustigano ogni giorno il governo, la Cgil ci prova ma molte battaglie combattute dal governo sono le stesse che aveva lanciato da numero uno della Fiom il segretario attuale della Cgil Maurizio Landini) e buona parte dei sindacati che rappresentano i medici (che l’8 giugno saranno in piazza a Roma contro il governo).
Cerasa, poi, aggiunge buona parte della CEI, il mondo del Terzo Settore, quello dei militari e della polizia di Stato che, in forme diverse, manifestano crescenti disagi. E infine passa in rassegna i fattori del totale isolamento internazionale che ora, in questa nota, tengo fuori dal ragionamento.
Io mi leggo questo elenco (ampiamente incompleto) e mi dico: fra industriali, commercianti, pensionati, sindacati, e questi e quelli, ma come diavolo ha fatto il Truce a prendere il 34,3%, il M5S il 17,1 e Meloni il 6,4 (considero queste tre forze sostanzialmente affini come politica-non politica concretamente realizzata – i primi due – o prossima, i FdI)? Il 58% degli italiani ama il sovranismo, l’antieuropeismo, il fascismo, la retorica inconcludente, la politica assistenziale, la mancanza di visioni strutturali per il Paese e tutto ciò che costoro rappresentano (e arriveremmo al 67% con Berlusconi, che sembra attirato dalla scelta sovranista). Ebbene questo 58% (o 67%) non include industriali, artigiani, commercianti, pensionati, militari eccetera? Certo che li include. Fra gli iscritti di quella stessa Confindustria ostile al governo, molti avranno votato Lega (è noto); così fra i commercianti di Confcommercio e gli agricoltori della CIA e dei pensionati Cisl, gli elettori di Lega e 5 Stelle (e semmai di FdI) sono certamente numerosissimi.
Abbiamo quindi i vertici associativi che vedono la situazione drammatica del Paese e chiedono un cambio di passo, e la base degli iscritti che vota – in parte – per i responsabili della situazione denunciata.
Questo mirabile scollamento fra popolo ed élite (un tema che ci è caro) mi fa pensare che la faglia non è semplicemente verticale, fra industriali pro e contro il governo, fra artigiani pro e contro e così via, che semplicemente aderiscono alla medesima organizzazione per ragioni svariate ma non “politiche” (ricevere servizi e informazioni, per esempio). Credo che ci sia anche una faglia orizzontale, che attraversa i singoli individui per cui, per esempio, un imprenditore vuole un cambio di marcia nelle politiche economiche e appoggia, in ciò, la sua Associazione, ma ammira anche il trucismo anti-immigrati e lo spernacchiamento a quel fighetto di Saviano; il pensionato che teme per la sua pensione e va in piazza col suo sindacato, ma condivide la legittima difesa perché ha paura dei Rom e l’Europa – lui crede – l’ha rovinato. Questa considerazione, che credo vera, complica assai l’analisi politica. Il Salvini “in noi” può essere combattuto o corteggiato a seconda delle diverse situazioni. Non voglio richiamare Wittgy e altri nobili pensatori che hanno ben spiegato la compresenza di molteplici luoghi di senso (Schütz, un altro che non si può non citare, direbbe di “province di significato, laddove Wittgy parla di giochi linguistici; e poi ci possiamo infilare Bauman, che ci sta sempre bene…).
Insomma: il nostro “io” è molteplice. Noi siamo tante cose, con diversi luoghi, in contesti e situazioni differenti. Non si tratta di sbagliare, o di vivere in un mondo disastrato e frantumato. È una normale conseguenza della complessità sociale (altro nostro refrain) che porta alla moltiplicazione dei sensi (ancor più che dei significati) e alla “normale” e continua migrazione, di ciascuno di noi, dall’uno all’altro.
La conseguenza politica (che è ciò che mi interessa) non è ovviamente semplice ma neppure impossibile da intravvedere:
- mostrare le priorità; sono più importanti i 100 migranti sul barcone o l’avvenire della tua azienda, della tua famiglia?
- mostrare comparativamente: l’Italia sprofonda e va peggio della Grecia; sicuro che sia colpa della Troika?
- la sinistra deve imparare un linguaggio diretto e sapere fare proposte dirette e chiare e realistiche sui temi appannaggio della sinistra, sicurezza e migranti in primis;
- aiutare – ma qui ci vuole tempo – a ricostruire l’organicità del pensiero populista, mostrando come l’inazione economica, il sovranismo, la xenofobia sono coerenti, e che se ti piace il pugno di ferro contro i Rom ti devi necessariamente tenere anche il reddito di fannullanza e lo sprofondo di quota 100.
Riferimenti hicrhodusiani:
- Complessità: si veda la mappa: Benvenuti nella complessità.
- La complessità dentro di noi: Io sono complesso.
- Popolo ed élite: La tragica incomprensione fra popolo che sente e intellettuali che sanno; L’intellettuale organico nell’Italia del Terzo Millennio.