Perché me la prendo tanto col poro Zingaretti

Qualche affezionato lettore ha certamente colto che dopo anni di martellate contro Salvini (contro il quale ho anche scritto un libro, non mi sono certo tirato indietro) e Di Maio, da un po’ di tempo me la prendo insistentemente con Zingaretti. Marginalmente con Renzi, quasi nulla con “la ditta” (alla quale, qualche anno fa, riservai strali non da poco). Naturalmente ho amici che gravitano in quest’area, che cercano di sopportarmi e ogni tanto – raramente – di porgermi qualche ragione sul perché io sbagli. E quindi adesso vi dico per filo e per segno perché la mia indole politica sia sopraffatta dalla rabbia verso Zingaretti, tanto da lasciare perdere gli altri storici bersagli delle mie rimostranze.

Che poi, tutto sommato, il discorso è piuttosto semplice, ma parte da una premessa, che i lettori di questo blog conoscono benissimo: il populismo è il male. Il populismo è eversione, antipolitica, ignoranza, è anti-istituzionale, è anti-razionale, accoglie nel suo alveo ogni sorta di complottismo becero, di anti vax, di no mask, è autoritario, massimalista e sostanzialmente protofascista, è contro l’Europa, è contro il progresso, è contro lo sviluppo… Ognuna di queste affermazioni è stata abbondantemente argomentata su Hic Rhodus alla lunga di ormai – credo – cinque anni, se non sei, da quando il fenomeno grillino si è affacciato alla ribalta e in molti si chiedevano cosa diavolo fosse, mentre una pletora di insensati l’hanno addirittura votato perché pensavano che fosse “di sinistra”, e poiché all’epoca c’era Renzi che era “di destra”, giù a votare Crimi e Di Maio e Taverna e quel genio della Cunial, per dispetto al fiorentino.

Data questa premessa, il seguito viene facile. Zingaretti si candidò alla segreteria PD giurando che non si sarebbe alleato coi populisti, e invece non solo si è alleato, ma è diventato come loro. E – nello stile di Hic Rhodus – adesso argomenterò questi punti.

Mi viene bene, anzi benissimo, la dichiarazione rilasciata l’altro ieri dal segretario PD, dopo la direzione del suo partito.Questa dichiarazione la trovate per intero QUI; dopo avere annunciato il “Sì” ufficiale del PD al referendum, Zingaretti dichiara, testualmente:

  • Il “Sì” serve per cambiare (0,20’ del filmato); se mi conoscete un pochino sapete che non sopporto slogan, frati fatte e specialmente le prese per il culo. Se, sotto un profilo strettamente logico, tagliare un terzo di parlamentari è certamente un cambiamento (prima quei parlamentari c’erano, dopo non ci saranno) il concetto di ‘cambiamento’ viene utilizzato per indicare qualcosa in meglio, un progresso, un maggiore benessere, efficienza, efficacia, qualità, quel che vi pare. Chi si è informato anche solo un pochino, e con la mente sgombra, sa che non è per niente così, e che questo referendum, populista e demagogico, peggiorerà l’operatività parlamentare e – senza la vagheggiata nuova legge elettorale e nuovi regolamenti per le Camere – si potrebbero aprire seri problemi democratici; oltre 180 costituzionalisti l’hanno detto, oltre a una pletora di intellettuali di varie aree politiche. Quando Zingaretti dice che il “Sì” serve per cambiare (come slogan, senza spiegare come e perché) non solo mente, ma lo fa malamente, irresponsabilmente, stupidamente, come un Di Battista qualunque.
  • Finalmente potremo fare le riforme (0,24’ del filmato); se al punto precedente mi irrito, qui mi imbufalisco. “Finalmente” cosa, come, perché? In che modo il “Sì” al referendum sbloccherebbe non si sa che, per consentire finalmente le riforme? Di quali riforme parla? È passato giusto un anno dal giuramento del governo Conte bis, e in questo anno non è stata messa mano a nessuna riforma, riformina o riformicchia. Certo, c’è stato il Covid che ha assorbito molti pensieri, ma senza essere eccezionalmente multitasking il virus non impediva – per dirne una a caso – di mettere mano a una riforma della legge Bossi-Fini sull’immigrazione (si devono vergognare più Bossi e Fini per avere promulgato questa legge vent’anni fa, o la sinistra che ha governato e non l’ha mai sostituita con qualcosa di più decente?); oppure a una decente legge sul mercato del lavoro (ma oops… c’è Parisi – cocco di Di Maio – all’ANPAL, ci sono i navigator inutilmente stipendiati dai contribuenti, suvvia, non si può far loro torto…); oppure, più banalmente, i patti contratti con Di Maio, di mettere mano alla riforma elettorale e ai regolamenti parlamentari, potevano essere messi all’ordine del giorno subito (come, peraltro, era stato garantito; qualcuno si ricorda che avevano solennemente giurato di depositare una prima proposta entro dicembre scorso?); o ancora: diavolo di un Conte che ha strappato una vagonata di soldi a Bruxelles, dai dunque, scriviamo una (richiesta, obbligatoria) proposta di riforme per accontentare anche quella brutta persona di Rutte… Nulla. Questo governo, in totale continuità col precedente, non ha fatto assolutamente nulla, salvo che non c’è più un Salvini alticcio e sudato al Papeete a guardare le tette delle cubiste chiedendo pieni poteri. Se mi dite che già questo è un cambiamento significativo, allora abbiamo un problema.
  • Tutta la vita ho lottato contro l’antipolitica, e lotterò tutta la vita contro l’antipolitica (0,28’ del filmato); si chiama excusatio non petita o, detta semplice, mettere le mani avanti per cercare di parare l’enorme ipocrisia dell’uomo. Non ci spreco neppure una riga di commento.

Potrei semplicemente fare spallucce. Zingaretti mi appare come un pover’uomo, messo a dirigere una barca che fa acqua, da dirigenti assai più spregiudicati e cinici, consapevoli che le proprie bande non erano sufficientemente forti per impadronirsi del partito e allora – come si fa in questi casi – si mette una figuretta, che si va a prendere i pesci in faccia mentre, dietro le quinte, ci si organizza e si aspettano tempi migliori. Ma le spallucce, invece, le faccio per Renzi e il suo minuscolo partitino, lo faccio per Articolo Uno (sarebbe la forza politica che esprime il ministro Speranza, quelli della “ditta” insomma; giova rammentarlo visto il loro stato ectoplasmatico). Questi ultimi – nel bene e nel male – sono formazioni residuali, dal futuro incerto, troppo legate la prima al suo leader e la seconda a rancorosi trascorsi contro il precedente (che casino!). Dopo le prossime elezioni, se saranno sopravvissuti, conteranno come il due di picche. Ma il PD, diamine! Il PD con le sue contraddizioni, con le sue molteplici facce mai ben amalgamate, il PD incoerente… Era IL partito riformista. Era IL partito dei democratici, liberalsocialisti, moderati di sinistra. Era la garanzia di un baluardo, di un presidio in un’area dove dopo, solo dopo e grazie al PD, potevano esserci Italia Viva, Articolo Uno, Rifondazione, Calenda, +Europa e chi vi pare, tutte le diverse (e a tratti inconciliabili, lo so) anime antipopuliste, contro i Salvini e i Di Maio del passato e del futuro.

Consegnatosi mani e piedi ai grillini, il PD ha consumato una frattura insanabile con tutti gli altri che, da soli, sono condannati alla consunzione. Dove credete che possa andare Renzi, dove Calenda, dove Bonino, dove Speranza, senza un forte partito egemone, capace delle necessarie mediazioni e attrazioni? C’era, in potenza, un disegno equilibrato fra un forte PD e piccoli partiti indipendenti, critici, con proprie diverse agende, ma coerenti con un disegno riformista, europeista, liberalsocialista. Privati del PD, costoro contano zero, zero spaccato.

Ecco perché me la prendo fortemente con Zingaretti e con ciò che rappresenta: l’attuale classe dirigente del suo partito, sì, ma anche i tanti elettori che lo stanno seguendo incoscientemente in questa evoluzione negativa, se è attendibile Pagnoncelli che nel suo ultimo sondaggio ci ha rivelato che due elettori PD su tre sono a favore del “Sì”.

Io guardo l’area riformista e vedo un grande buco. La voragine lasciata dal PD che si è trasferito, armi e bagagli, sul fronte del nemico. Ed è inutile che Zingaretti dica il contrario. Può dire quello che vuole, ciò che conta è ciò che fa. Può mettere le mani avanti finché gli pare: la realtà si vede in questo anno di governo di zero assoluto. Comprendo il punto di vista di amici piddini. Lo comprendo – diciamo così – “sociologicamente”. La tradizione di quel partito è lunga, lo zoccolo duro, il popolo di sinistra (?) e tutto l’ambaradan. Ma dico loro che le etichette che ci cuciamo addosso sono gabbie, sono prigioni, non ci permettono di ragionare liberamente. Questo PD non è di centrosinistra (figuriamoci di sinistra!); non è riformista; non è liberalsocialista o semplicemente liberale; è una roba che si è abbracciata a Di Maio per non affogare, con la scusa di tenere lontano Salvini.

Sicuri di avere fatto un affare?