Abbiamo ripubblicato, pochi giorni fa, il disegnino delle volpi e delle lepri che realizzammo, originariamente, nel maggio dell’anno scorso. Il disegnino è questo:

In natura, se ci sono tante lepri in un’area, le volpi hanno molte prede disponibili, e quindi vivono belle pasciute e si riproducono in quantità; ma ovviamente tante volpi in circolazione rendono la vita dura alle lepri, che sono mangiate in massa e diminuiscono radicalmente di numero. Quando le lepri diminuiscono, le volpi faticano a trovare cibo, muoiono di fame, o vanno a cercare altrove, o si riproducono con maggiore difficoltà e calano a loro volta di numero. Ma – il ciclo ricomincia – calando le volpi le lepri sono più tranquille, sopravvivono e si riproducono, e ricominciano a popolare la zona. Ipoteticamente e astrattamente questi cicli speculari continuano all’infinito e – sul periodo medio-lungo – garantiscono la sopravvivenza delle due specie.
Lepri e volpi sono l’immagine figurata della lotta al virus nelle democrazie occidentali, e segnatamente in Italia (parte in basso della figura). Impauriti dal dilagare del virus si corre a chiudere questo e quello e si obbliga la popolazione a una vita asserragliati in casa. Poi il virus cala di virulenza (è ovvio, è una conseguenza del lockdown) e si allentano le restrizioni; vroom! Tutti fuori a riprendersi la vita! E il virus risale, e quindi dai!, tutti di nuovo chiusi. La popolazione tira il fiato ogni tot settimane, consentendo al virus di ritornare allegramente a infettare, salvo poi correre ai ripari limitando appena i danni e successivamente tornare a fare festa. Come per lepri e volpi, in questo modo anche umani e virus sopravvivono entrambi, in questo altalenante equilibrio precario.
La versione italiana dei colori regionali è quella demenziale per la quale non solo manteniamo in vita il virus (come le volpi) a fasi altalenanti, ma lo spostiamo da qui a là; oggi l’Umbria è arancione dopo essere stata rossa e prima gialla, la Lombardia era rossa, anzi no, arancione rafforzato, forse giallo… Ogni pochi giorni cambiano i colori, con una girandola che sta mutando le basi antropologiche della nostra coesistenza: “Buongiorno signora, mi ricorda di che colore siamo oggi?” è il nuovo “Cosa dice il meteo, domani pioverà?”.
Questa manfrina delle regioni colorate (con punte locali di singole province e specifici comuni di colore differente) si sposa con ristoranti e bar chiusi o aperti in specifici orari, amici contati ed enumerati che possono fare visita ai parenti in determinati orari e specialmente la scuola dove la pavidità delle autorità ha mantenuto, sin dall’inizio, un’ambiguità senza se e senza ma.
Facciamo un ragionamento di logica elementare: diamo per vero che il virus è aereo e si trasmette da persona a persona; e che c’è un rapporto (più o meno) matematico fra la distanza che passa fra persone, una delle quali infetta, e il rischio di contrarre il virus per chi gli sta vicino, nonché fra protezione via via più sicura e possibilità di evitare il contagio. In modo solo suggestivo questi fattori sono riepilogati nella tabella.

Vi prego di non cavillare: è più o meno così e ci serve solo per esemplificare, non certo per dare indicazioni epidemiologiche che non sapremmo né potremmo dare. Il senso è solo il seguente: più sei distante, meno rischi di beccarti il virus; più usi protezioni (mascherina, specie FFP2 o 3) meno diffondi il virus e meno te lo becchi. Se non siete convinti NoVax e NoMask non potete avere dubbi.
Se questo punto è assodato, come è assodato, deve venire spontanea la domanda: ma allora perché continuiamo a dare il permesso di ammassarsi, semmai senza mascherina?
Perché appena l’Rt si abbassa un pochino, alé!, tutti ai navigli, tutti sul lungomare, tutti a farsi l’aperitivo, che senza non si può vivere?
La risposta è facile facile: perché nessuno ha il coraggio di dire: bisogna chiudere tutto, ma proprio tutto (anche la scuola) per due, tre, quattro mesi, finché l’Rt (ma vale anche per gli altri indicatori) non solo è sceso sotto l’1, ma assai sotto lo 0,5; finché gli ospedali non hanno rimandato a casa (o seppellito) un po’ di pazienti e si sono potuti riorganizzare…
Purtroppo c’è un problema insormontabile: questa decisione drastica si sarebbe potuta prendere un anno fa, durante l’esplosione della prima ondata, quando un po’ ci si è anche provato. Oggi la gente è sfinita ed esasperata e non si può probabilmente fare più. Il modello era quello cinese: tutti a casa. Punto. Se in Cina – ne abbiamo già parlato – lo si è potuto fare grazie al senso civico e patriottico fortissimo di quel popolo, assieme all’autoritarismo del governo, in Occidente non lo si può fare esattamente per le ragioni opposte: gli occidentali sono particolaristi (gli italiani, poi, totalmente alieni da qualunque forma di senso civico) e vivaddio abbiamo la Democrazia, mica come i cinesi! E Democrazia significa compromesso, mediazione, non fare torto a quella lobby, mantenersi amica quella corporazione, dialogare col sindacato, fare un sorrisino agli industriali e via discorrendo; la soluzione dei “ristori” è emblematica: non risolvo il danno, te lo monetizzo e poi ti arrangi.
Oltre a migliaia di morti in meno (gente con un nome e un cognome, una storia, degli affetti, non numeri nelle statistiche dei giornali) avremmo avuto un decimo dei danni economici; aprire, poi chiudere, poi riaprire, anzi no: contrordine, ci siamo sbagliati, ha rappresentato un’altalena – per migliaia di esercenti – peggiore di qualunque altra crisi precedente e futura: soldi sprecati per adeguarsi a norme rimangiate nel giro di 48 ore, personale assunto e rimandato a casa, prenotazioni disdette, merce lasciata deperire nei magazzini… Credo che qualunque operatore turistico, ristoratore e commerciante, col senno di poi, avrebbe pagato una cifra per chiudere quattro mesi di fila, o cinque, per dare una svolta reale alla pandemia – come si è fatto in Oriente, peraltro non solo in Cina – e poi ricominciare daccapo, ma sul serio.
Stesso discorso per la scuola. Qui su HR Ottonieri aveva spiegato in tempi non sospetti perché la scuola dovesse rimanere chiusa; ma, ovviamente, come si fa? Le mamme insorgono, i pargoli vanno parcheggiati da qualche parte, giovani sciocchi che avrebbero protestato per qualunque altra cosa (perché hanno l’età in cui devono pur protestare per qualche cosa!) sono balzati agli onori della cronaca per i sit-in anti-DAD e per un veloce ritorno a scuola…
Follie!
Da lunedì altra stretta: i colori sono diminuiti ma, insomma, fra rosso e arancione ci stiamo uniformando un pochino, ma con tutti i mille distinguo per non scontentare troppo, che poi si finisce per scontentare tutti lo stesso. Non sarà Draghi a sconfiggere il virus; non sarà il generale Figliuolo a salvarci coi vaccini… Le cose andranno come andranno e nessuno, semplicemente, potrà farci nulla; alla fine della storia saremo per lo più vaccinati e, presumibilmente questa storia sarà finita (ma non è affatto detto); e chi è morto sarà morto, chi è fallito sarà fallito, e tutti gli altri, alé! A prendersi l’aperitivo al centro.
Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto…
chi ha dato, ha dato, ha dato…
scurdámmoce ‘o ppassato,
simmo italiani paisá!…