Sulla Superlega (il campionato di calcio europeo blasonato cui parteciperanno solo le autoproclamate élite della pedata) ha già espresso il parere di Hic Rhodus Filippo Ottonieri col suo pezzo l’altro ieri. Nel suo post Filippo ha menzionato anche il (a mio avviso) delirante articolo di Gianni Del Vecchio sull’HuffPost, intitolato nientemeno La Superlega è il tradimento del sogno democratico; la storia poteva essere chiusa lì e avrei letto volentieri altri articoli, diciamo così, “tecnici” sulla vicenda: come la Superlega penalizzi i club più piccoli, le scuole calcio, la crescita del movimento sportivo tutto in Italia; come questo squilibrio inciderà sul campionato nazionale; come l’egoismo liberista pervada ormai tutto l’Occidente minando i nostri totem (ho usato un filo di sarcasmo per dire una cosa vera, il calcio come concetto simbolico, i luoghi del calcio come luoghi di un rito tribale, ci sono dozzine di studi socio-antropologici su questo aspetto, ma i giornalisti di solito non leggono la sociologia).
Invece ieri, sempre sull’HuffPost, nientemeno il direttore Mattia Feltri – che peraltro gode di ampia stima da parte mia – riprende proprio da dove il suo collaboratore aveva lasciato, scrivendo un pezzo intitolato Se è il calcio del futuro non può basarsi su decreti nobiliari, che porta, come sottotitolo: “La Super League va anche bene, ma non se si è ammessi per blasone o censo. Contrasta col fondamento stesso delle nostre democrazie”.
Allora trasecolo, come solo io so trasecolare, e da persona che del calcio non sa nulla e se ne infischia superbamente, scrivo che non accetto che il problema della Supercoppa si trasformi in un problema di democrazia, se declinato nel modo – permettetemi – sciocchino e ideologico nel quale già Del Vecchio era abbondantemente affogato, seguito con entusiasmo dal Feltri che evoca anche
le teste mozzate dei re, a fondamento delle democrazie occidentali, per stabilire che nessuno può essere escluso per nascita dalla grande corsa della vita.
E tutta ‘sta retorica perché – come noto – alla Superlega si partecipa per cooptazione come stabilita dalle fondatrici, tutte grande squadre europee.
Non ho controllato altri giornali, ma a questo punto non posso dubitare che castronerie simili siano gemmate come i funghi dopo il temporale.
Tracciamo, per favore, una linea sulla sabbia. “Democrazia” è gestione dei conflitti, governo della complessità (per quanto possibile), forma di governo partecipata e consapevole da parte dell’opinione pubblica; questo è un concetto; è un ambito, una provincia di significato, un frame della nostra esperienza di vita. Assai collegato, ma differente, c’è il modello economico prevalente, che oggi è – in varie declinazioni – generalmente capitalista. Ovviamente una democrazia dovrebbe impedire alla voracità capitalista di aumentare i disequilibri e le disuguaglianze, ma deve farlo senza calpestare il diritto d’impresa che è un fondamento delle nostre democrazie “liberali” (eh, l’aggettivo è importante). Il punto di equilibrio fra libertà d’impresa e contenimento delle disuguaglianze (non parlo nemmeno del loro abbattimento) è difficile, precario, incerto e specialmente mutevole, perché l’evoluzione sociale galoppa, e le istituzioni democratiche faticano a trotterellarle dietro, che poi è quello che spesso, su queste pagine, chiamiamo ‘complessità’ (o, quanto meno, una sua componente) e che indichiamo come di difficile se non impossibile reale governabilità.
Riassumiamo: un gruppo di privati capitalisti, liberisti, affamati di soldi, sordi alle proteste del popolo, con due dita di pelo sullo stomaco, stanno facendo, semplicemente, quello che pare a loro e che le leggi permettono loro di fare. Ma non è una questione di leggi e basta, che sarebbe anche banale, ma di cultura diffusa e prevalente, quella capitalista, liberista, edonista, senza più Storia e senza legami forti, di cui più volte abbiamo parlato qui su HR. Non è che loro (i cattivi) facciano così ma, tragicamente si fa così, punto.
La faccia brutta del capitalismo del Terzo Millennio si trova nello sfruttamento dei lavoratori di Amazon e nei rider; in quello degli immigrati anche in regola; nel tremendo fenomeno del caporalato ancora presente in Italia nel mezzo del XXI secolo (siamo andati su Marte ed esiste ancora, a cielo aperto, la piaga del caporalato!); nello sfruttamento imbarazzante di suolo; nell’accaparramento delle risorse strategiche in Africa (anzi: ex-accaparramento, che ormai la Cina le ha rastrellate quasi tutte); nell’impossibilità dei Paesi poveri di vaccinarsi; aggiungete voi, forza! Scrivete nei commenti le tremende piaghe di un sistema economico ingiusto. La democrazia – se funzionasse – dovrebbe arginare, contenere questi disequilibri; addirittura anticiparli, se solo fosse lungimirante. Il fatto che non ci riesca è la debolezza intrinseca della democrazia.
Indicare la Superlega come causa di una ferita alla democrazia è uno straordinario ribaltamento della realtà, una classica fallacia logica che confonde l’effetto con la causa. La Superlega nasce per la debolezza della democrazia: non quella italiana, non quella europea, ma globale; il concetto di ‘Democrazia’ nel Terzo Millennio necessita di urgente manutenzione.
P.S. Al momento in cui scrivo girano voci che le fondatrici ci stanno ripensando, sommerse dalle critiche; farebbero una doppia brutta figura (pavidi, oltre che stronzi) ma non mi interessa poi un granché e non cambierebbe una virgola a quanto scritto sopra.