There is no such thing as a free lunch, dicono gli anglosassoni: non esistono pasti gratis. Lo sappiamo tutti, o almeno dovremmo saperlo, no? Persino in Italia, dove scroccare un pasto gratis, di solito a spese dei contribuenti, è uno degli sport nazionali, alla fine lo sappiamo che di davvero gratis non c’è niente. Nel paese del Franza o Spagna purché se magna sappiamo benissimo che il prezzo del se magna è essere sudditi altrui.
Davvero sarebbe bizzarro essere consapevoli che il pane e il companatico che ci servono per vivere ogni giorno vadano guadagnati e poi credere che cose come la sicurezza, la libertà, la giustizia, in una parola la civiltà, siano gratis. Che si possa averle come per diritto divino, senza investirci risorse, anzi dedicando energie e tempo a metterle in discussione, svalutarle, dimostrare di considerarle sacrificabili per questo o quell’interesse privato.
Come alla fine del pasto, in una forma o l’altra, arriva il conto, così, quando si “mangia” civiltà senza investire per rigenerarla, arriva il momento in cui qualcuno ci presenta il conto. Ed è per me davvero stupefacente, oggi, leggere tanta gente dare del pazzo a Putin, quando si tratta di una persona che da anni persegue, con chiarezza e determinazione, un progetto di potere imperialista, mentre noi non facciamo nulla per proteggere i nostri interessi. I “nostri”, non quelli USA, che non coincidono con i nostri: i nostri come italiani, europei, cittadini liberi di una libera unione.
Investire nella nostra civiltà significa spendere: spendere per ottenere la totale autonomia dell’Europa sul piano finanziario (ora che la City di Londra non è più un asset dell’Unione Europea), tecnologico (solo di recente la Commissione Europea si è posta il problema della Sovranità Digitale, che invece è essenziale), energetico (è indispensabile un grande investimento in impianti nucleari e non solo in energie rinnovabili) e, non ultimo, militare. I principali paesi dell’Unione Europea devono costituire una forza armata congiunta dotata di forze convenzionali all’altezza di quella russa, che in caso di necessità possa essere mobilitata unitariamente, da un comando unico, e istantaneamente. Per capire di cosa parliamo, può essere utile consultare il sito Global Fire Power, che fornisce una visione sia sintetica che dettagliata della potenza militare di ogni paese del mondo: nei primi 20 paesi militarmente più forti al mondo, oltre agli USA (ovviamente al primo posto), la Francia è settima, il Regno Unito (non più “europeo”) ottavo, l’Italia undicesima, la Germania sedicesima, la Spagna diciannovesima. Russia a parte (che occupa il 2° posto), è certamente pericoloso che paesi “diversamente democratici” come Egitto, Turchia o Iran siano militarmente più forti della Germania o della Spagna. Anche su questo terreno investire è necessario.
Investire in indipendenza avrà un costo, perché non esistono pasti gratis. Potremmo dover avere un pochino più freddo d’inverno e più caldo d’estate, dover rinunciare a qualche gadget elettronico, accettare di avere sul nostro territorio qualche trivella in più, mantenere più a lungo le centrali a combustibili fossili e magari costruire anche un paio di centrali nucleari, pagare per rafforzare le nostre forze armate, in sinergia con quelle degli altri maggiori paesi europei. E, possibilmente, fare tutto questo senza piagnucolare, anzi ricordando che essere cittadini significa anche e innanzitutto contribuire alla civitas, anche nelle forme virtuali di interazione, evitando di diventare strumenti di coloro che hanno interesse a frantumarla, la nostra civitas.
Tre anni e mezzo fa, scrivevo qui su Hic Rhodus La dichiarazione di guerra di Steve Bannon a Filippo Ottonieri, in cui raccontavo i piani molto espliciti di uno tra i molti mercenari della disinformazione, e osservavo che lui e gli altri come lui si sarebbero messi volentieri, dietro profumate ricompense, in una “guerra” al servizio dei piani di paesi come Russia o Cina. Scrivevo: «Guerra all’UE e ai principi sovranazionali che essa rappresenta in nome dell’interesse dei centri di potere extraeuropei; guerra alle politiche socialdemocratiche e liberali in nome della destra antiistituzionale; guerra alla ricerca di punti di convergenza e alle politiche comuni in nome del sovranismo nazionalista; guerra all’analisi critica dei problemi in nome della propaganda populista che rifiuta le argomentazioni razionali».
Oggi assistiamo a una guerra ben più cruenta, e certo non possiamo paragonare il dramma ucraino alle nostre beghe, o al fatto di avere nella nostra politica nazionale partiti pagati dalla Russia. Ma da anni ci è stata dichiarata guerra, e non abbiamo saputo rendercene conto, anzi le abbiamo fornito argomenti e mezzi, anche in questi ultimi due anni, con politiche inutilmente divisive e con la cecità di fronte all’offensiva della propaganda che sarebbe superficiale chiamare anti-vax.
Guardatevi in giro: chi sono i filorussi, oggi? Quali erano le loro posizioni sui vaccini, sul Covid, ieri? E come mai?
Il motivo è che le stesse centrali di disinformazione che diffondono bugie sull’invasione russa oggi («e la NATO allora?») sono quelle che diffondevano bugie sui vaccini ieri e sul PD o su Obama l’altroieri. Chi oggi in Italia è filorusso è vittima (in qualche caso complice) della stessa organizzazione di propaganda che ieri arruolava negazionisti sul Covid. E aver preso misure (a mio avviso) sbagliate e inutilmente penalizzanti ha significato favorire questa propaganda, così come ovviamente l’ha favorita la debolezza dei partiti “democratici” nei confronti del sovranismo pezzente di Salvini e Meloni.
L’indipendenza dell’Europa non è gratis, e dobbiamo deciderci a pagare per proteggerla, consapevoli che è quello il modo migliore che abbiamo per continuare a guadagnarci i nostri “pasti”. Ma una cosa gratis che possiamo fare c’è: smettere di aiutare chi cerca di smantellare la democrazia occidentale.