Dio è con noi

Non se se vi abbia stupito o meno l’appoggio del patriarca ortodosso Kyrill a Putin e alla sua guerra; letto in chiave cattolica il messaggio di Kyrill è inaccettabile, come mostra chiaramente Papa Francesco, perché il Dio cattolico, grazie a Gesù, è un Dio di pace, e quindi l’equazione è matematica: guerra = contraria alla volontà di Dio. Il dio ortodosso è quindi forse un dio di guerra, come il Marte greco, lo Yahweh ebraico o l’Odino nordico? No. Basti pensare che gli ortodossi ucraini vedono la questione assai diversamente ma, sapete?, dall’invasione della Crimea del 2008 sono considerati scismatici dai confratelli russi…

Abbiamo quindi il problema di “spiegare” come mai sia possibile che due famiglie della stessa religione (ma proprio la stessa, eh?) si trovino a denunciarsi l’un l’altra benedicendo, ciascuna, i propri eserciti. E che anche i “cugini” cattolici siano schierati…

Da qui in avanti, se non siete convintamente laici, potreste non seguirmi nel discorso, perché parlerò delle religioni come centro di potere. Se siete religiosi e credenti, sentitevi liberi di pregare per la pace, assieme a Papa Francesco, o per la sconfitta dell’Occidente ateo, assieme a Kyrill, ma anche in questi casi io credo che qualche domanda potreste farvela. Ha detto domenica il Papa che “Per dio nulla è impossibile, anche far cessare la guerra”; mah… si vede che al momento Dio è molto impegnato, ma i cristiani (cattolici e ortodossi) ripongono fiducia nella preghiera e si consolano così.

Religione e potere, dicevo. 

Restando per semplicità in campo cristiano, con l’editto di Milano del 313 (vero o presunto che sia stato), Costantino non ha mostrato al mondo il prodigio della sua conversione (con tutta l’agiografia della visione la notte prima della battaglia di ponte Milvio, “In hoc signo vinces”, eccetera) ma semplicemente una discreta sagacia amministrativa. Avere dalla sua parte una religione popolare e in crescita, anziché perseguitarla scioccamente, era semplicemente più intelligente, oltre che in linea col tradizionale sincretismo romano. Senza che ve la faccia lunga (il tema è noto e ampiamente dibattuto, solitamente con epici scontri fra opposti ideologismi), il cristianesimo, nelle sue diverse articolazioni e divisioni, si è adattato benissimo al potere a tutte le latitudini, e il potere si è giovato del cristianesimo per i suoi fini, e senza troppi pudori. Il Re viene incoronato dal Papa e diventa a suo modo “sacro”. Le guerre sono combattute con codazzo di preti che rincuorano i fanti, mandandoli al massacro sollevati dalle colpe del macello, e certi di combattere con Dio al fianco (il Gott mit uns nelle fibbie dell’esercito nazista). Il potere temporale blandisce quello religioso con privilegi, e quello ricambia con la benedizione del primo, e assicurando il popolo che tutto va bene, che il potere va rispettato (“Date a Cesare…”), che bisogna essere ubbidienti a costo di patire, perché la ricompensa sarà nell’Altro Regno… Mussolini, che stupido non era, fece un bel Concordato col Vaticano, poi rinnovato da Craxi: privilegi alla Chiesa cattolica, in cambio di un aiutino nel mantenimento della pace sociale come intesa dalla piccola borghesia al potere.

In forme diverse e specifiche, ma alla fin fine tutte somiglianti, tutte le religioni hanno fatto più o meno la stessa cosa, e tutti i poteri civili si sono inchinati ai chierici locali per trarne legittimazione. Nelle aree islamiche non fanno neppure finta di avere una distinzione fra potere laico e religioso; nelle zone induiste, e in molte buddhiste, i legami fra potere e religione sono storicamente documentabili, sia pure in forme più sottili. Devo dire che la cosa non può e non deve stupire: le società evolvono cercando equilibri di potere (quando più e quando meno e con intervalli di crisi sanguinose, certo), e tali equilibri si raggiungono conciliando le esigenze del Re (riscuotere le tasse, avere un esercito, non essere messo in discussione) con quelle del prelato (riscuotere le decime, avere un”gregge” di fedeli, non essere messo in discussione); assieme diventano una forza insormontabile: il Re ti dice cosa puoi o non puoi fare, e il prelato ti dice che è tuo dovere morale obbedirgli.

In altra epoca, il filosofo marxista Louis Althusser nel saggio Ideologia e apparati ideologici di stato, distinse fra l’apparato repressivo dello Stato (tribunali, prigioni, esercito…) e apparato ideologico, costituito dalla scuola, dalla religione, dalle formazioni politiche e dall’informazione. Questi secondi, a differenza dei primi, non usano la coercizione fisica, ma l’ideologia, ovvero la costruzione di sovrastrutture di pensiero morali e comportamentali, per cui il bravo cittadino obbedisce, non critica, si conforma.

Anche se abbiamo frettolosamente buttato via il marxismo in quanto obsoleto, e purgando Althusser della sua vena ideologica (diomio, erano pur sempre gli anni ’70!), resta il fatto che oggi, in modi diversi, diciamo cose analoghe (o, almeno, io le dico…).

In tutto il mondo la religione ha una relazione speciale col potere; in tutto il mondo la scuola è scuola di Stato e trasmette valori di Stato (specialmente valori ideologici, potrei fare diversi e distanti esempi contemporanei); e l’informazione – ça va sans dire – è talmente accusata di essere parziale, “di regime”, pilotata, che quasi quasi mi viene da dire che qui la verità è andata ben oltre le sue intenzioni critiche.

Questa riflessione mi porta a quanto vado meditando in questo periodo. In forme contorte e non sempre ben visibili (il mondo non è più così “semplice” e più o meno lineare come in passato), queste agenzie educative (che Althusser chiamava “Apparati Ideologici di Stato”) esistono, funzionano, sono attive nella costruzione degli schemi mentali infantili e nel controllo dei comportamenti degli adulti: una lettura scolastica qui, un senso di colpa cattolico lì, una notizia distorta là, ecco ciascuno di noi vivere in una gigantesca bolla che non possiamo chiamare di menzogne, ché non sarebbe vero (le menzogne durano poco, sono facilmente smascherabili), ma di distorsione sistematica della realtà. Un’aggiustatina qui, un’interpretazione di parte poco sopra, una leggerissima omissione lì a destra, un consenso di massa come incipit, una casuale nota a pie’ di pagina che instilla un dubbio. L’ideologia – come tante volte abbiamo scritto qui – non si propone come un falso sintattico ma come ombra semantica. Difficile vederla, quell’ombra, e una volta che ti ha preso, penetrato, avvolto, tu pensi in quel modo, senza ombra di dubbi.

L’unica difesa è la laicità estrema, il disincanto totale. Senza terra ferma sotto i piedi, senza aria viziata da respirare… ci si sente smarriti, all’inizio, ma è un inizio salvifico. Nessuna religione; nessun partito; la scuola come strumento da superare più velocemente possibile; l’informazione passata cento volte al setaccio.

Non basta, perché non si sfugge alla rete. Ma solo la costante pulsione a liberarsi da essa, da tutti i vincoli ideologici, ci offre una speranza di libertà.