Liberali, “riformisti”, chiese diverse ma stessa devozione

Ho amici e conoscenti liberali che sono scandalizzati dall’idea dei liberali assieme ai riformisti (che in quanto tali sono almeno almeno socialdemocratici, e quindi cugini dei comunisti – Vade Retro Satana!) e criticano l’idea e il termine stesso di una coalizione liberal-riformista. Orrore! Cosa c’entrano i liberali, il pensiero liberale, la purezza liberale, con quella monnezza di “riformisti”?

Ho amici carissimi “di sinistra” (è un po’ vago, lo so…), che sono scandalizzati dall’idea di fare accordi elettorali coi “liberisti” (che sono per definizione servi dei padroni, confindustrialisti, addirittura con presenze ex Berlusconiane – il Caimano!), e si stracciano i capelli perché così si perderà il fondamentale apporto di Fratoianni o del carissimo amico Conte.

Questi “liberali”, consentitemi la schiettezza, non hanno cultura, non hanno storia, solo un eccesso identitario. Ma rileggetevi Gobetti, porco cane, che se per caso l’avete letto mica l’avete capito! Ma leggetevi Rosselli, per dirne un altro, approfondite il senso e le origine della cultura liberale oltre la Wikipedia e le divulgazioni dell’Istituto Einaudi!

E di questi amici “di sinistra” che non hanno mai letto Marx e Gramsci vogliamo parlarne? Certo – potreste obiettare – non è che tocca leggere due o tre biblioteche di roba per poter dire di sentirsi di sinistra, o quel che a uno pare; d’accordo, ma allora informatevi sulla storia della sinistra nel mondo, dove (URSS, Cuba, Corea del Nord) è rimasta comunista (che non è neppure vero) e non è che sia andata benissimo dove è diventata socialdemocrazia riformista ed è andata almeno benino (nel senso: hanno fatto delle riforme, il paese si è arricchito, le libertà sono state preservate…) ; e con chi hanno governato, e come.

Allora: i liberali sono pragmatici, laici, disillusi e aperti; non settari, identitari, esclusivi. Per essere chiari: i socialdemocratici (riformisti, qui le etichette ingombrano non poco) sono pragmatici, laici, disillusi e aperti, e non settari, identitari ed esclusivi.

Il *** (liberale/“di sinistra”) che attribuisce patenti di purezza *** (liberale/“di sinistra”) ha già tradito tutte le premesse del suo essere *** (liberale/“di sinistra”). Che questo postulato non arrivi per niente al cervello di un comunista lo so per amara esperienza, ed è sotto gli occhi di chiunque: in Italia credo coesistano fra i 50 e i 70 partiti comunisti, uno più puro dell’altro; che fatichi ad arrivare a un sostenitore “della sinistra” mi stupisce astrattamente, filosoficamente, ma la storia della sinistra post comunista in questo Paese mostra l’Hellzapoppin’ che è sempre stata (confusa, caotica, contraddittoria, masochista); che si palesi, identico, nelle menti liberali è per me una novità.

Ma è perché sono sciocco io, che da sociologo dovevo averlo ben chiaro sin da quei tempi.

Chi ha voglia di studiare studi, che un pochino non fa male. Chi non ne ha voglia si fidi: il liberalismo e quel pensiero che possiamo chiamare ‘socialdemocratico’, riformista, “di sinistra”,  hanno una quantità enorme di punti in comune, bastevoli a farli andare d’accordo contro la marea fascista-populista-sovranista. Il liberale acuto, e il socialdemocratico sveglio, capiscono che lo scontro di civiltà politica, la linea non oltrepassabile, non riguarda le purezze lessicali, le bandierine e le medagliette da attribuire a questo e quello, che il mondo è grande, vasto, complesso, le sensibilità sono molteplici, i contesti e le circostanze imprevedibili, e che diamine, datevi una calmata! La linea non oltrepassabile riguarda il razionalismo da una parte, la sua cautela e capacità di mediazione, il suo rispetto istituzionale, la sua capacità di prendere i problemi per quello che sono senza trasformarli in battaglie fra buoni e cattivi; e il populismo dall’altro, termine generico che qui su HR usiamo per definire sovranisti, lepenisti, antieuropeisti, fascistelli palesi o simulati, putiniani e via discorrendo.

Oggi la battaglia è contro costoro: Meloni, Salvini, Berlusconi e Conte. Se i compagni Fratoianni e Bonelli si voglio inscrivere in quel bel circolo, e onestamente li vedo adatti, si accomodino pure.

I liberali (concetto abusatissimo e termine quanto mai ambiguo) e i riformisti (concetto generico che spiega poco), vale a dire i politici da Calenda (incluse Gelmini e Carfagna) fino a Letta (e potrei sopportare Speranza) hanno accettato con slancio e generosità di mettere da parte le bandierine e le medagliette. Di rinunciare a qualcosa di loro a favore di un disegno condiviso. Di lasciar perdere le definizioni identitarie per cercare di costruirne un programma comune, capace di indicare agli italiani un orizzonte, una prospettiva, una nuova visione e quindi una speranza.

E se voi “liberali” ritenete di perdere in purezza, e se voi “di sinistra” ritenete di perdere l’appuntamento col Sol dell’avvenire, è bene che meditiate sul fatto che chiunque vada il chiesa finisce col puzzare di incenso. Il vero liberale, come il vero socialdemocratico, è laico.