È nata la coalizione liberal-riformista. Adesso lavoriamo per farla vincere

Avevamo da poco gioito per la scelta di Letta di escludere il M5S dalla coalizione “razionalista”, che ci stavamo incagliando nella querelle Calenda-Letta. Letta voleva imbarcare tutti, da Calenda a Fratoianni e senza un programma, mentre Calenda ha posto due questioni essenziali: 1) come la mettiamo con programmi incompatibili? 2) Come la mettiamo coi sostenitori di quei programmi incompatibili, che il PD vuole mettere in lista nel maggioritario?

Di due problemi, in realtà, se ne fa uno solo: ci sono forze politiche (segnatamente: Sinistra Italiana e Verdi) che hanno programmi per certi aspetti opposti a quelli di Azione e + Europa. Poi c’era il problema di chi mettere nel maggioritario, sì, che coinvolge anche altri personaggi (Di Maio…) ma questo è un problema minore e conseguente, sul quale – in uno spirito collaborativo – è stato facile trovare una soluzione.

Come avrete letto dai giornali, l’ha spuntata non già Calenda, ma il buon senso: nei collegi uninominali non ci saranno né candidati invisi alla sinistra (Gelmini, Carfagna…) né invisi ai liberali (Di Maio, Fratoianni…) i quali potranno essere inclusi nelle liste proporzionali dei vari partiti. Soluzione suggerita da Calenda che consente, come coalizione, di non avere imbarazzi con figure considerate impresentabili ma, allo stesso tempo, e sempre come coalizione, di mostrare tolleranza con scelte che diventano proprie di ogni singolo alleato.

Per far capire che il problema era comunque di sostanza, e non di facce, diamo un’occhiata ai programmi che i centristi consideravano inaccettabili, come scritto l’altro ieri nella lettera che Calenda e Della Vedova hanno inviato a Letta. Il programma di Azione e + Europa l’abbiamo già presentato ai nostri lettori. Quelli di Sinistra Italiana e dei Verdi ce li siamo faticosamente andati a cercare per presentarvi il seguente quadro sinottico:


Azione e +EuropaSinistra ItalianaEuropa Verde
Infrastrutture energetiche– Sì rigassificatori. – Presidio cantieri energetici. – Sblocco progetti energia eolica e fotovoltaica. – No bonus 110%. – Valutare centrali nucleari. – Accettare privatizzazione acqua.– Sì eolico e fotovoltaico, “senza alcun cedimento a tentazioni nucleariste”. – Sussidi all’edilizia per l’efficientamento energetico.– 100% rinnovabile; no gas, no nucleare.
Revisione RdCRevisione RdC con ruolo centrale agenzie private.Meglio il Reddito minimo garantito, che non pone condizionalità.Sì revisione RdC (da una dichiarazione 2001 di Bonelli)
Politiche fiscali e di bilancio– No deficit aggiuntivo (il programma spiega in che modo).– Interventi in deficit contro il caro energia.??

Note: i) mi sono limitato alle tre questioni indicate nella lettera di Calenda e Dalla Vedova, ma non mancano evidenti distanze anche su altri punti; ii) come ebbi modo di indicare altre volte, non è facile trovare “i programmi” dei partiti; per Sinistra Italiana mi sono basato su diversi documenti presenti sul loro sito, e analogamente per Europa Verde sul loro (che in realtà è estremamente povero). Per il PD, sul loro sito, si trovano solo slogan e un’”Agorà” dove stanno raccogliendo proposte (attualmente 958, capite voi come siamo messi…). Per questa ragione ho deciso di omettere il PD, ancora a caccia delle idee chiave del programma.

Riassumendo: le idee di Verdi e SI sui temi energetici-ambientali sono esattamente l’opposto di quelle di Azione e +Europa; sul RdC forse si potrebbe trovare un’intesa; sulle politiche fiscali e di bilancio la posizione di Calenda è rigida e chiara: “No deficit”, punto e basta; Sinistra Italiana (e presumibilmente Verdi) hanno un’idea diversa. Ci sono poi differenze enormi nelle posizioni verso la guerra e altre.

In conclusione, il problema c’era.

Da quello che capiamo dai giornali,

L’accordo fissa tra i punti principali il prosieguo della linea di politica estera impostata dal governo Draghi, con particolare riferimento al sostegno all’Ucraina, il salario minimo, il taglio del cuneo fiscale, la salvaguardia del Pnrr, la “correzione” di reddito di cittadinanza e superbonus, e impegna i partiti una volta al governo a non aumentare le tasse e a dare priorità alle leggi sui diritti civili e sullo ius scholae. (fonte)

Quando ne sapremo di più ne riparleremo ma credo che ci sia di che gioire.

Quello che occorre capire, a questo punto, è perché sia valsa la pena stare assieme comunque, per cercare di battere la destra. Da un punto di vista strettamente elettorale (seggi che si possono conquistare) ha guadagnato Letta; una recentissima stima di YouTrend mostra come il divorzio da Calenda sarebbe costato, alla residua coalizione a trazione PD, ben 16 seggi, che sono veramente molti. I dati mostrano in realtà qualcosa di più; la rilevazione Quorum/YouTrend dell’1 agosto mostrata da Sky dice una cosa molto chiara: in caso di raggruppamento a sinistra, non solo le singole componenti prenderebbero meno voti, ma ne prenderebbe di più anche la coalizione di centrodestra. Ciò accadrebbe, ovviamente, perché diversi moderati tradizionali elettori di destra (semmai di Forza Italia) potrebbero essere stanchi delle esagerazioni di Salvini, e contrari a una leadership di Meloni, accettando di votare un gruppo centrale liberale, pure alleato del PD; ma questa predisposizione non potrebbe poi accettare un’alleanza addirittura con Fratoianni. Sperabilmente, con la soluzione trovata, queste riluttanze potrebbero essere ridimensionate.

Quindi, per una sintesi estrema: se Calenda avesse guardato solo alla convenienza di bottega, gli conveniva andare da solo; se Letta avesse guardato solo a sinistra, avrebbe guadagnato punti e benemerenze da parte di chi sostiene la spesa pubblica, è solo tiepidamente europeista, dice “No” a riforme e interventi strutturali, contribuendo a tardare ulteriormente la rinascita di un partito riformista serio e moderno. Non solo: Letta è stato molto generoso, concedendo ben il 30% dei seggi uninominali ad Azione e +Europa, assai di più di quanto sia il loro peso effettivo; un segno abbastanza chiaro di una visione (finalmente!) che intende recuperare una centralità anche futura per questa coalizione.

Bene. Spero che Renzi si aggiungerà alla coalizione (altro scoglio, perché chi non lo vuole è presente sia fra i liberali sia nel PD). Ma soprattutto – indipendentemente da come andranno le elezioni – confido nell’inizio di un opera di riflessione liberal-riformista. Insisto: liberale E riformista, ovvero le due anime razionaliste, democratiche, europeiste, che possono avere non pochi punti differenti ma, al momento, ne hanno di più, e fondamentali, per stare assieme. E quindi per lavorare sulle idee e i programmi anche, eventualmente, dall’opposizione. Perché se la destra vincerà non durerà comunque due anni, e ci servono i liberali, e ci servono i riformisti, per guidare l’Italia.

(Postilla: esattamente come non ci servono a niente i Di Maio, i Fico, i Bonelli e i Fratoianni, che avrei volentieri lasciato alla loro strada, ma va bene così