Un Nobel che costa quanto un cappuccino con cornetto

Anche negli ultimi tempi, abbiamo insistito sulla necessità di un sostanzioso taglio alla spesa pubblica, dove si annidano sacche di sperpero incontrollato, come recentemente è tornato a sottolineare il commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
Oggi, per contrappasso, vogliamo parlare di un settore in cui i tagli alla spesa ci sono stati eccome, e che pure riesce ancora, di quando in quando, a produrre casi di eccellenza con i fichi secchi, o più esattamente… con un cappuccino con cornetto.

Il settore di cui parlo è la ricerca scientifica di base, e il caso di eccellenza è quello impersonato da Fabiola Gianotti, la ricercatrice italiana nel campo della Fisica delle alte energie che dal 2009 al 2013 è stata la portavoce dell’esperimento ATLAS, uno dei due che al CERN di Ginevra hanno scoperto il famoso Bosone di Higgs.

L’Italia da sempre ha un ruolo importante al CERN, basti ricordare il Nobel vinto da Carlo Rubbia nel 1984, e gli scienziati italiani  che hanno rivestito l’incarico di Direttore Generale (tre su quindici: dal primo, Edoardo Amaldi, a Carlo Rubbia e Luciano Maiani) della più prestigiosa istituzione di ricerca di base in Europa, che per inciso quest’anno celebra 60 anni dalla sua fondazione. La scoperta del Bosone di Higgs, che completa il cosiddetto Modello Standard delle particelle fondamentali, ha già fruttato il Premio Nobel nel 2013 a François Englert e appunto a Peter Higgs per la loro brillante ipotesi teorica su come le particelle fondamentali potessero acquisire una massa.

Ecco come ATLAS individua un Bosone di Higgs

La teoria, tuttavia, in Fisica non è tutto, e il CERN è appunto un centro di ricerca sperimentale. Fabiola Gianotti, per il ruolo che ha svolto, potrebbe benissimo vincere un Premio Nobel. Certo, bisogna ricordare che i grandi esperimenti come ATLAS coinvolgono centinaia o anche migliaia di scienziati di tutto il mondo, ed è impossibile valutare isolatamente il contributo personale di ciascuno di essi ai risultati della collaborazione. Il portavoce, che è poi in realtà piuttosto una sorta di coordinatore, ha un ruolo complesso, che richiede non solo competenze scientifiche ma capacità organizzative ed esperienza (la Gianotti è del 1962); non avrebbe alcun senso dire che la Gianotti è la migliore scienziata di ATLAS, ma la sua è stata una figura determinante e la nostra connazionale merita di essere conosciuta meglio. In una bella intervista, la Gianotti delinea uno stile di governance che forse non è valido solo per le cavernose profondità degli acceleratori di particelle: “La leadership nasce per consenso e non può essere imposta dall’alto. Credo nelle organizzazioni leggere, dove le gerarchie servono per essere più efficienti, ma non diventano un elemento di rigidità che soffoca l’iniziativa e la creatività delle persone”.

Insomma, quella di ATLAS è anche una bella storia di eccellenza italiana, e la dimostrazione che quando gli italiani sono bravi il loro valore viene riconosciuto anche all’estero, specie in un ambiente intrinsecamente meritocratico come quello scientifico. Ma quanto costa all’Italia il suo importante posto nel CERN, di cui è tra i paesi fondatori? Circa 104 milioni di Euro nel 2014, per l’esattezza 126,2 milioni di Franchi Svizzeri, un po’ meno di due euro a testa per ogni cittadino italiano. L’equivalente, se non si va in un bar di lusso, di un cappuccino con cornetto, all’anno.
Tanto per fare un confronto temo impietoso con argomenti molto dibattuti in questi giorni, i costi complessivi del Senato della Repubblica, di cui si sta approvando il ridimensionamento, sono di circa 540 milioni di Euro l’anno, mentre tenere in vita Alitalia nel 2013 è costato oltre 560 milioni di perdite che ora stanno guardacaso in buona parte ricadendo sulle spalle dei contribuenti italiani, cinque volte quanto ci sia costato partecipare al CERN. Per quanto riguarda la ricerca scientifica, invece, come accennavo all’inizio, la spending review è stata già fatta negli anni scorsi:

spesa ricerca
Dati Eurostat

Come si vede, l’incidenza della spesa per la ricerca sul totale della spesa in Italia è calata di circa il 20% dal 2005 al 2012. Tra quelli qui rappresentati, l’unico Paese che ha fatto crescere significativamente questa incidenza è stato, guardacaso, la Germania; quanto questo abbia influito sui risultati che la Germania ha ottenuto in termini di innovazione, brevetti, eccetera, e di cui abbiamo parlato dettagliatamente qui, non è argomento di questo post.

Qui vogliamo sottolineare che spendere bene consente di ottenere buoni risultati. Con cento milioni di Euro l’anno, l’Italia partecipa da protagonista all’avventura scientifica forse più importante del mondo, in un centro di eccellenza dove non si fa pura teoria, ma si sviluppano tecnologie di enorme valore, capaci di ottenere nello stesso impianto temperature più basse di quelle dello spazio interstellare, e temperature centomila volte più alte di quella del centro del Sole. Tutto questo produce conoscenza, alimenta tutte le altre scienze che dalla Fisica traggono i modelli di base, stimola la realizzazione di nuove soluzioni, anche non strettamente relative alla Fisica (è noto che l’idea alla base del World Wide Web è nata al CERN nel 1989).

In quel luogo straordinario, una serena ed elegante scienziata milanese, diplomata in pianoforte al Conservatorio, ha potuto annunciare una delle più attese scoperte della Fisica, e guadagnarsi, se non necessariamente un Nobel, certamente un posto nella storia intellettuale del nostro continente. I soldi spesi nella ricerca, in quella vera e non nelle cattedre per amici e parenti dei baroni, sono spesi bene; così come Fabiola Gianotti ritiene di aver ben speso i suoi sforzi nella ricerca di conoscenza e non di successo a buon mercato: “per raggiungere un obiettivo bisogna impegnarsi e non arrendersi e nessun traguardo può valere il rispetto di se stessi”.