Fascismo femminista e l’omologazione dei giusti (pardon: delle giuste)

Beware of fascist feminism (Hannah Wilke).

I’m beginning to worry about feminism as a whole. I’m beginning to worry that feminism is in fact not an egalitarian philosophy whose stated and apparent purpose is to advance the cause of universal freedom. I’m beginning to see it for what it truly is – fascism (Nicole Mullen).

person-of-year-2017-time-magazine-cover1La campagna #metoo, lanciata dall’attrice Alyssa Milano ha raccolto l’entusiastica adesione di un altissimo numero di donne e l’hashtag è diventato una sorta di marchio contro la prevaricazione di uomini che “si trovano ad ogni angolo” (parole testuali di Alyssa Milano). Copiato e adattato in tantissimi paesi Cina inclusa (in Italia l’hashtag è #quellavoltache). Le eroiche donne guadagnano la copertina di Time, sfilano in nero e ricevono l’importante endorsement di Oprah Winfrey, che negli USA è una vera potenza, che è stata molto esplicita in alcuni passaggi (QUI il discorso integrale).

Nel vorticoso mainstream della caccia al porco, poche donne hanno avuto la lucidità e la fermezza di opporsi; ricordando un po’ a caso fra un numero ovviamente più ampio di personalità dello spettacolo e di giornaliste: Catherine Deneuve e altre 100 su Le Monde, Daphne Merkin sul New York Times, Angela Lansbury; in Italia Elisabetta Canalis, Claudia GeriniGiovanna Trinchella sul Fatto Quotidiano, Deborah Dirani sull’HuffPost (QUI e QUI) ma anche Annalisa De Simone, Natalia Aspesi, Luciana Castellina, Candida Morvillo e Lory Del Santo (le trovate tutte QUI). E mi scuso per la brevità dell’elenco e per avere omesso nomi anche importanti.

Il punto è che il tema delle molestie (giusto in sé) è diventato un pensiero omologante; il politicamente corretto dilaga e spuntano decine di accuse; poi centinaia; poi migliaia… il 99% relative a vaghe avances fatte in anni lontani, e finite semplicemente con un lui ubriaco andato in bianco e una lei (qualche volta un lui) che se n’è andato per i fatti suoi un po’ seccat*.

I punti, per me che sono sfiancato da questo tipo di mentalità massificata e insolente, perbenista e ottusa, così tanto “giusta” in sé quanto imbecille per sé, sono due:

  1. la vaghezza voluta dell’accusa di molestia sessuale;
  2. la viralità (fasulla e nociva, per questo si chiama “viralità”) della protesta.

Prima di trattare brevemente i due punti intendo dire nuovamente, e stancamente, e purtroppo inutilmente che sono una persona rispettosa, che non mi pare di avere mai molestato una donna (ma visto il livello attuale delle accuse non si sa mai, su questo sono cauto) e di avere scritto, su questo blog, decine di post a favore delle donne e contro il loro sfruttamento e la violenza ben prima di questa campagna. So benissimo che questa specie di premessa suona come una excusatio non petita, e già in precedenti miei interventi su questo tema è emerso chiaramente, da parte di alcune lettrici, la difficoltà a comprendere la coesistenza di due piani: quello della violenza sessuale e delle molestie, da denunciare sempre e comunque, assieme a quello della necessaria lucidità, e razionalità, e garantismo nel giudicare questi fatti, non di stupro ma di generica “molestia”, senza lasciarsi assorbire da a priori, preconcetti, stereotipi o turbamenti personali, certamente legittimi nella sfera privata ma fortemente perturbanti se diventano motore di un’azione politica.

1 – Vaghezza delle accuse: ma santo cielo, ci vogliamo rendere conto dell’estrema genericità della stragrande maggioranza delle accuse? Mi ha sfiorato, mi ha chiesto, mi ha toccata la schiena, ha alluso, mi ha invitato… Se invece di leggere i titoli accusatori andate a leggere la descrizione dell’evento (per come fatta dalla presunta vittima) molto spesso noterete la ridicolaggine dell’accusa; certamente ci sono altre situazioni molto più gravi: ha mostrato il pene, mi ha toccata nelle parti intime… queste sono indubbiamente molestie da denunciare, alle quali la stragrande maggioranza delle donne finite su Time o partecipanti ai Golden Globe – diversamente dall’operaia tessile di Prato e dalla raccoglitrice di pomodori di Salerno – possono rispondere con uno sghignazzo, un dietro front o un calcio dove non avrebbe dovuto battere il Sole.

Ma stiamo scherzando? Vi propongo un gioco. Fissate l’asticella dove – secondo voi – finisce il corteggiamento (o come volete chiamarlo) e inizia la molestia; vado:

  • indifferenza;
  • sguardo fugace;
  • sguardo breve;
  • sguardo sostenuto;
  • sguardo con ammiccamento;
  • sguardo prolungato al seno;
  • sguardo al seno con ammiccamento;
  • fischio al passaggio;
  • motto garbato al passaggio;
  • motto volgare al passaggio;
  • motto volgare con sghignazzi del pubblico;
  • allusioni sessuali durante una cena;
  • chiari riferimenti sessuali ma contenuti nel lessico;
  • riferimenti sessuali con esplicite volgarità;
  • mano sulla coscia, ferma;
  • mano sulla coscia che sale un tantino;
  • mano sulla coscia che sale velocemente;
  • mano tra le cosce, ma ferma;
  • botte e stupro in gruppo.

Ho accorciato di molto, lo vedete. Comunque il punto 1 è indifferenza e l’ultimo è lo stupro violento in gruppo. In mezzo mettete tutto il resto (io ho solo iniziato, l’elenco prenderebbe molte pagine, saltando dal “piedino” al palpeggiamento sul sedere, dall’invito esplicito alla stretta in un angolo).

Io mi fermo, semplicemente perché questa strada è stupida. Questo gioco – che sta dominando il dibattito – è profondamente stupido. Ciò che non è stupido, a mio modesto avviso, è solo questo:

  1. la violenza è qualcosa di diverso dalle “molestie” verbali, dalle allusioni e anche da uno sfiorarsi e poco più;
  2. la violenza subita da centinaia di star e starlette in un ambiente pieno di donne che si offrono volentieri per una particina, denunciata anni e anni dopo sull’onda di un momento, onestamente mi perplime;
  3. la violenza si denuncia; i processi puramente mediatici mi fanno orrore;
  4. la molestia alle ricche e famose non è affatto uguale, anzi è profondamente diversa da quella subita dalle povere disgraziate che non vanno sui giornali né al Golden Globe e, vi prego, non abusiamo dell’ipocrisia di dire che queste parlano in nome di quelle, che mi si sloga la mandibola;
  5. se avessimo i mezzi e il tempo per verificare, una per una, le denunce; chi le ha fatte; perché; etc., scopriremmo molte cose interessanti e non edificanti;
  6. infine, e più importante di tutto: l’ottica di genere rischia di essere un’ottica malata se non sa contenersi in quanto ottica parziale. Il problema è semplicemente quello del potere e della prevaricazione, che riguarda le persone, di qualunque sesso; per ragioni antropologiche, fisiologiche, sociologiche e altre, la prevaricazione maschile ha forme differenti di quelle femminili, e si sostanzia anche in prevaricazione sessuale.

La viralità della protesta e la sua virulenza (due parole con la stessa radice, mi pare) sono una moderna e già vista e molto abusata forma di omologazione, prevaricazione, ottundimento delle coscienze e – ma sì, diciamo le parole giuste – di fascismo. Dire – come sto dicendo – che molte delle donne #metoo se ne stanno approfittando, che c’è un abuso nelle accuse, che si stanno rovinando carriere di uomini che oggettivamente non sembra che abbiano poi fatto tutto il male del mondo (non mi riferisco a Weinstein ma per esempio a Spacey), che i giudizi e le gogne mediatiche sono una porcheria e così via, dire questo è facilmente accusabile di misoginia maschilista o peggio. Perché la ragione cede il passo all’emozionalità più trita: non si toccano i bambini, non si dà un calcio al cane, le donne manco con un fiore e non ci sono più le mezze stagioni. Ti pare corretto non dare subito e immediatamente e incondizionatamente ragione a tutte queste povere donne? Ma si vede che non capisci nulla, eh già tu sei uomo, tu sei vecchio e queste cose non riesci a capirle (non sto inventando, mi è stato proprio detto)…

Io invece – presuntuoso come sono – credo di capire. Capisco che è ingiusta la disuguaglianza maschio femmina e che va superata. Ce la faremo. Siamo già per strada (in Occidente) e i progressi corrono veloci. Capisco che ogni singola violenza a una donna è indegna, da bruti, schifosi, porci da bandire e punire. Ma capisco pure che ogni violenza da una donna sia inaccettabile. Non è questione di uomini e donne, ma di PERSONE amichevoli o prevaricatrici. E attenzione a non mescolare queste due materie: una cosa è la disuguaglianza sociale ed economica; un’altra cosa è la prevaricazione sessuale di alcuni maschi sulle donne. Metterle assieme è un artificio retorico fallace che crea ad arte un’incapacità di riconoscere i problemi per quelli che sono realmente.

E nella sfera sessuale, per favore, non fate torto alla mia e vostra intelligenza: c’è un “gioco” seduttivo ed erotico che sale di molto i gradini della mia precedente lista, in cui donne ammiccanti desiderano l’eccitazione maschile in un gioco che, correttamente giocato, porta al reciproco godimento dei corpi e completezza dello spirito. Se poi si gioca sporco e, conoscendo la stupidità maschile, delle donne giocano il Gioco per scopi differenti, ciò riguarda la coscienza di ciascun*. A me, onestamente, se una donna si ficca nel letto del potente per fare carriera mi disturba solo quanto l’uomo che accetta di ficcarcisi, in quel letto. Se poi la donna conserva in frigorifero il vestito con lo sperma di lui per ricattarlo (il riferimento è a Monica Lewinsky) allora non mi venga a dire che “ha subìto” e che era una povera stagista. O una povera starlette. O una povera apprendista.

Conclusione: che ci crediate o no del problema in sé mi curo poco. Intendo dire che mentre la disuguaglianza di genere mi sembra un problema serio, come molti altri, questo teatro delle molestie mi ha stufato indicibilmente. Per una cosa sola mi interessa e preoccupa: perché è una forma chiara ed evidente del diffondersi rapidissimo (grazie a Internet) di pensieri omologati; ideologici; massificati. E mentre le ideologie “cattive” hanno una diffusione necessariamente circoscritta (per capirci: ruspa ai Rom e rutto libero piace indubbiamente a un numero limitato di minus habens) quelle “buone” sono difficilmente contestabili senza apparire cinici: viva le donne sempre e comunque, venite immigrati vi vogliamo bene, poveri cani di Yulin che i cinesi se li mangiano, e via protestando amore universale sui media mentre, chissà, a casa nostra ne facciamo di tutti i colori. Quindi: se volete essere buoni sono affari vostri, ma se invece volete sembrare buoni aggregandovi al carro di qualunque ideologia politicamente corretta vi invito a riflettere. Gli uomini non sono tutti maiali. Le donne non sono tutte buone e brave e indifese. Gli immigrati non sono tutte brave persone. Forse lo Ius Soli non è la risposta più utile. Qualche romeno è effettivamente un mascalzone. Qualche Rom ruba.Marxism and Art: Beware of Fascist Feminism 1977 by Hannah Wilke 1940-1993 Il velo musulmano è inaccettabile. I musulmani, anche moderati, hanno delle responsabilità oggettive. Teresa di Calcutta non era buona come crede il Papa.

Risorse: