La prima parte di questo ragionamento la trovate qui: Vocabolario di una sconfitta: 1 - Uguaglianza e le sorelle diventate di destra. La seconda parte qui: Vocabolario […] 2 - Restiamo umani? Speriamo di no! La terza parte qui: Vocabolario […] 3 - Sinistra.
È inutile, inutile, inutile… come una bici con le ruote quadrate, come un canotto bucato, come, come… come una cosa inutile. Il dibattito nel PD, in ciò che resta del PD, nelle prossimità di quello che fu il PD, prosegue una colossale masturbazione che non produrrà alcun orgasmo, se non in Salvini.
Grasso (quello di Liberi e Uguali, sì; non sono scomparsi, no) dichiara che diventano un vero partito; Comitato promotore, qualche nome noto, parole roboanti come si conviene in questi momenti. La frase più bella è questa:
C’è un mondo intorno a noi che chiede di ritrovarsi, di camminare insieme, di riaccendere la passione per l’impegno politico: questo Comitato dovrà recepirne gli stimoli. Sono sicuro che, insieme, renderemo Liberi e Uguali un soggetto politico all’altezza delle sfide di questi difficili tempi.
Capito? C’è un mondo che chiede di ritrovarsi, presumibilmente il LEU, questo è il senso. E sicuramente Grasso ha ragione; c’è un mondo fuori da LEU. Fuori, senatore Grasso, FUORI! Il mondo dentro LEU pare arrivi al 2% (Sondaggio Piepoli del 25 giugno – il 4 giugno prese 3,39 alla Camera); 2,4 per SWG; 3 per Euromedia ma diversi giorni prima… differenze fra scomparire ed essere già scomparsi. Ma – caro senatore Grasso – cosa diavolo avete in testa? Già Civati non ci sta e si porta via il suo 0,05/0,06%…
Nello smilzo documento approvato (lo trovate allo stesso link precedente) trovate: percorso unitario; fase aperta e democratica; coinvolgimento bla bla; pluralismo; … E taccio sulle altre insignificanti frazioni comuniste…
E il PD allora? (Questa mitica frase è opportuna…).
Il PD incomincia a fare sintesi del proprio enorme caos fra giochini e giocherelli. Al momento sono venuti allo scoperto Calenda col suo “manifesto” e Zingaretti con una intervista autopromozionale. Non entro nel merito. Volutamente. Meglio aspettare che tutte le carte siano sul tavolo ma, coloro che leggeranno manifesto e intervista, potranno notare la grande distanza fra i due, distanza di merito (l’orizzonte verso il quale dirigono) e di metodo (l’organizzazione, il partito, le alleanze). E, altra cosa notevolissima, i commentatori che si sono lanciati come avvoltoi per le esegesi del caso, prendendo semmai un singolo brano e scrivendone uno sdegnoso trattato senza considerare il contesto, l’interezza del discorso…
Poi ci sono i radicali. Sostanzialmente non pervenuti, quanto meno al grande pubblico elettorale, con un discorso significativamente differente. I cattolici progressisti: due o tre sono stati visti vagare per le campagne del Molise… Gli pseudo-liberali berlusconiani (mai stati liberali) cui certamente non va bene questo governo, non vanno bene i Cinque Stelle, non va assolutamente bene Salvini… zitti, fermi, con un sacchetto sulla testa così pensano di non essere visti. Nessuno si ferma per scuoterli nel timore che in realtà siano già cadaveri…
Il panorama di coloro che si oppongono all’attuale coalizione di governo è finito, ma coloro che vedono il disastro incombente sono solo una parte di costoro. Perché in questo frastagliato panorama, minoritario al momento, qualcuno che vorrebbe flirtare coi Cinque Stelle c’è, dalla destra di questa congerie di forze (berlusconiani) alla sinistra (LEU), creando anche una importante frattura trasversale, che non riguarda i tatticismi e le formule elettorale ma l’antropologia politica: capire, o non aver capito, la natura proto-fascista ed eversiva dei Cinque Stelle, la loro populistica inaffidabilità e incapacità istituzionale, la loro sostanziale collocazione antidemocratica. E poiché avere capito questo, o non averlo capito, è costitutivo di un modo di intendere la prassi politica, questa frattura coinvolge visioni del mondo, valori, proposte politiche (nel senso di policies), attenzione a non lasciarsi ingannare: chi pensa che i Cinque Stelle siano recuperabili, che in fondo si pentiranno e verranno a dialogare con i Gialli – che saremmo noi – non solo si sbaglia, a parer mio, ma tradisce una poco apprezzabile visione politica.
Questo panorama caotico, frastagliato, incomunicante, non è questione di oggi ma di decenni, anzi, di oltre un secolo. Nel 1930 Carlo Rosselli pubblica il suo Socialismo liberale che, riletto oggi, appare quasi profetico (specie al cap. VII); se a “marxismo” sostituiamo “sinistra radicale”, a “fascismo” sostituiamo populismo fascistoide di Salvini e Di Maio, e a “socialismo” (nella versione liberale di Rosselli) sostituiamo i Gialli del nostro precedente articolo (riformisti, democratici…), ecco una perfetta rappresentazione, novant’anni fa, di quanto sta accadendo ora, in questo momento, in Italia: le forze oscure al potere per l’ottusità della sinistra, la sua frammentazione, l’egemonia – foss’anche ormai intermittente – della sinistra marxista, o post-comunista.
non possiamo rimproverare gli ortodossi [sinistra marxista] di non averci dato la storia dell’eresia. Essi son fermi come l’ostrica allo scoglio, si illudono di possedere la verità assoluta, integrale, intangibile, hanno l’occhio sempre e solo rivolto alla «sottostante struttura economica» e ostinatamente negano vi sia nulla di sostanziale da rivedere nel corpus dottrinario marxista. […] Occorre finalmente una rude scossa intellettuale che sottragga i socialisti italiani al loro passivismo ideologico, costringendoli a pensare autonomamente e a conquistare con duro personale travaglio di ricerca, di dubbi e di contrasti i nuovi valori da sostituire alla fede cieca nelle virtú taumaturgiche degli specifici marxisto-materialisti.
E ancora:
L’atteggiamento di troppi socialisti eminenti di fronte al fenomeno fascista nascente, fu o buddistico o stoico. Essi allargarono le braccia desolatamente e si disposero al martirio, convinti che poco o nulla vi fosse da opporre all’avanzarsi del fato che avevano analizzato in tutti i suoi elementi componenti. Essi avevano già razionalmente giustificata la loro sconfitta, quando gli altri non si illudevano neppure di vincere.
La storia della sinistra italiana è una storia di scontri ideologici, e inevitabilmente di frammentazione perché c’è sempre qualcuno più puro dei puri che non si piega all’eresia e fonda un nuovo movimento, un nuovo partito, e non importa se minoritario, perché la certezza della purezza è di per sé bastevole all’appagamento narcisistico.
Leggo sui social le vibranti proteste contro gli atteggiamenti di Salvini verso i migranti, e ci sono espressioni che si possono sintetizzare in “meglio stare in minoranza che accettare compromessi su questi temi”. È molto nobile. È anche molto confortante per chi – dopo il sonno del Giusto – si guarda allo specchio la mattina soddisfatto di essere politicamente corretto ancorché insignificante. Non fraintendete, qui il tema non è i migranti – che si presta solo come argomento del momento e sul quale abbiamo già detto la nostra. Il tema è l’onanistica soddisfazione nel non contare nulla ma “di essere nel giusto”; essere irrilevanti ma nella (ridotta) schiera degli eletti. Ha qualcosa di mistico, di religioso, come i cristiani nelle catacombe.
Di nuovo torna opportuno il paragone col cattolico. Il credente colpito nell’affetto dei suoi cari attribuisce la prova anche la piú atroce a segreti motivi del Signore. Allo stesso modo parla il materialista storico che si inchina al Dio tenebroso del capitalismo. (Carlo Rosselli)
Mi permetterete di dissentire. Fortemente. Fermamente. Inutilmente. Restare nella riserva indiana dei puri (una riserva chiassosa, rissosa e divisiva) significa veramente che Salvini resterà al potere per trent’anni. Godere della propria verità disprezzando tutto il mondo che non vi vuole ascoltare, non vuole capire, mentre il Paese va a rotoli, la democrazia viene calpestata, i diritti messi in discussione, non significa più essere avviluppati e resi ciechi dalla propria ideologia, ma diventare complici:
L’atteggiamento di troppi socialisti eminenti di fronte al fenomeno fascista nascente, fu o buddistico o stoico. Essi allargarono le braccia desolatamente e si disposero al martirio, convinti che poco o nulla vi fosse da opporre all’avanzarsi del fato che avevano analizzato in tutti i suoi elementi componenti. Essi avevano già razionalmente giustificata la loro sconfitta, quando gli altri non si illudevano neppure di vincere. (Carlo Rosselli)
Sarà che siamo italiani, non saprei… Anzi, certamente la nostra antropologia ha parecchio a che fare, ma molti altri partiti socialisti, liberalsocialisti, riformisti in Europa riescono a includere varie idee, diverse articolazioni, prospettive, strategie; si discute, si arriva a una qualche sintesi, chi perde non ci pensa a correre da Vespa per annunciare un nuovo partito, e si va avanti nella pratica. Ecco, l’ho detto: nella pratica. Le politiche necessarie, quelle possibili, sono relativamente facili da individuare se si fanno cadere gli occhiali dell’ideologia, dell’appartenenza frazionistica, dell’identità di parte. Grasso e gli esponenti di LEU che si fanno partito sono distanti mille miglia dalla vocazione governativa, che è l’unica che si fondi sul principio di realtà. Zingaretti e gli altri… mah! Staremo a vedere, ma non mi sembrano tutti ugualmente pronti a quella reale unità fatta di pratiche e non di fumisterie accademico-ideologiche.