Vocabolario di una sconfitta: 3 – Sinistra

La prima parte di questo ragionamento la trovate qui: Vocabolario di una sconfitta: 1 - Uguaglianza e le sorelle diventate di destra.
La seconda parte qui: Vocabolario [...] Restiamo umani? Speriamo di no!

Prima parte: essere “di sinistra”?

È certamente in parte colpa mia, che non sono chiaro. È colpa di come funziona un blog, che se una cosa l’hai scritta anche 10 volte non puoi pretendere che i lettori, semmai nuovi, vadano a cercare se per caso, nel passato, quella cosa l’hai già chiarita… Ed è un po’ colpa di quei lettori che insistono a criticarmi se uso ‘destra’ e ‘sinistra’ nelle mie argomentazioni, e questo po’ di colpa loro la spiego più avanti. Ma poiché Sinistra è una delle parole della nostra sconfitta, ed è quindi pertinente al ragionamento che andiamo facendo, scriverò ancora una volta su questo concetto, come sia utilizzato erroneamente, come sia parte del repertorio lessicale del Novecento e bisognoso, quanto meno, di alcuni chiarimenti. E poiché, come detto, ne ho già scritto a josa, questo post sarà abbastanza breve perché un blog è come il maiale, non si butta via niente, e chi è interessato alle profonde argomentazioni arzigogolate che anche a me piacciono tanto se le potrà leggere con calma rinvio dopo rinvio.

1 – Sinistra e Destra sono solo etichette. Indicano grossolanamente delle aree politiche che si suppongono contrapposte, e poiché l’indicazione è, appunto, grossolana, serve un Centro nell’area intermedia, poi un Centro-Sinistra col trattino, uno senza trattino che già viene distinto dai politologi raffinati (Centrosinistra) e via via enumerando. Queste etichette sono comode quanto portatrici di errori; semplificano i ragionamenti (come scritto in post precedenti) ma li stereotipizzano. Pro e contro. Il problema delle etichette, e la loro inadeguatezza nella discussione politica, mi è chiara ed è stata da me discussa in un post che trovate QUI.

2 – Restando su ‘Sinistra’ e ‘Destra’, che abbiano un significato nella diversificazione di macro-programmi politici, che si possano distinguere nettamente nelle visioni di mondo, di valori, di culture, non può essere negato; molta acqua è passata sotto i ponti dalla fine dell’Ottocento e per tutto il Novecento ma, come macro-categorie politiche, ‘Sinistra’ e ‘Destra’ hanno tuttora dei significati abbastanza chiari, distinguibili, contrapposti. Di questo ho parlato più volte, sin da QUESTO post che ritengo tuttora una base di partenza adeguata.

3 – Il problema si pone, a mio avviso, quando da un’etichetta (troppo generica come detto…) politologico-filosofica passiamo a una sua ipostatizzazione ideologica. Vale a dire: quando da descrittore approssimativo la trasformiamo in certificazione di una verità. Il problema in questione si è posto chiaramente nel campo della Sinistra (non in quello opposto) a causa della predominante presenza di partiti marxisti che nel Novecento hanno egemonizzato l’area, sostanzialmente espellendone molte componenti che avrebbero avuto buon titolo per restarvi (cattolici progressisti, liberal-socialisti, azionisti…). La ragione di questa trasformazione si chiama “ideologia”, e ne ho trattato abbastanza approfonditamente QUI. L’ideologia (in questo caso: marxista) ha una veste quasi sacrale; diviene indiscutibile; diviene dottrina; diviene dogma. Per almeno 4 o 5 decenni, dal secondo dopoguerra, essere “di sinistra” ha voluto dire per molti “essere comunisti” (marxisti, filo-sovietici, per la dittatura del proletariato…), ed essere “di destra”, per costoro, ha voluto dire essere avversari, nemici del popolo, fascisti. È questo slittamento semantico (ancora una volta) che ha portato, oggi, a percepire come inadeguata l’etichetta.

4 – Al di là della Bolognina di Occhetto e dello strappo di Rifondazione, è solo con Renzi che si palesa – a mio avviso – la possibilità di essere “di sinistra” senza essere comunisti, quasi comunisti, ex comunisti, reduci del glorioso avvenire e via discorrendo; infatti si è visto cos’è successo. Il rigurgito ideologico (ormai neppur più marxista in senso filologico) è stato troppo forte in chi, Bolognina o non Bolognina, restava ancorato a dei principi, valori, linguaggi intesi come dogma: Fassina, Bersani, Gotor e compagnia non hanno tollerato il programma di Renzi (oltre al suo atteggiamento) non già in quanto errato nei contenuti, ma in quanto estraneo al linguaggio della sinistra demagogica. Su questo punto si sprecano i nostri articoli; mi limito a segnalare QUESTO, di inquadramento generale, del settembre ’15, e QUESTO, più recente, dove sottolineo l’avvicinamento della sinistra radicale al populismo.

5 – Perchè quindi anche ‘Sinistra’ fa parte del vocabolario della sconfitta? Perché – grazie alla sinistra radicale, grazie a Bersani, D’Alema & Co., grazie all’erosione dall’interno del PD renziano, la sinistra è apparsa egemonizzata non tanto dai comunisti trinariciuti quanto da ottusi seguaci di marchingegni retorici novecenteschi, assolutamente inadeguati a spiegare la società contemporanea. ‘Sinistra’ è stata ed è – per molti – sinonimo di sterile polemica bersaniana, di bigotta propaganda fassiniana, di irriducibile sconfitta ideologica dalemiana. L’idea di ‘sinistra’ come un’area con valori ampi e inclusivi, capace di attrarre liberali, moderati, riformisti (come era nelle intenzioni di Renzi) non è transitata e, anzi, è stata accusata di intelligenza col nemico (Renzi figlioccio di Berlusconi, Renzi uomo di destra ex democristiano, il Patto del Nazareno come inciucio…). Chi – fra i nostri lettori – mi accusa di utilizzare questi termini stantii, è dentro questa lettura concettuale e – mi permetto – sbaglia. O quanto meno si inserisce nel filone di coloro che perpetuano un modo di intendere sterile, inattuale, sconfitto dalla storia ma – questo per me è importante – sconfitto malauguratamente nelle urne con grave danno per tutti i democratici, come proverò ora a spiegare.

Seconda parte: come vogliamo definirci?

A questo punto va bene; buttiamo via questo termine desueto troppo intrecciato al concetto ideologico del Novecento. Ci serve comunque un modo per definirci; per definire noi, coloro che pensano in un determinato modo la politica, contrapposto a un loro (o a molteplici loro…): una bandiera, un segno, un appellativo, per evitare – nei nostri discorsi – lunghi panegirici (“noi che ci riconosciamo in questo, in quest’altro, in quell’altro, ma non in quella cosa là e neppure…”). Se vi va bene possiamo stabilire che noi ci autodefiniamo “Noi”, e loro li chiameremo “Loro”. Ogni volta quindi che scriverò “Noi” intenderò noi democratici, riformisti, buoni, che una volta ci definivamo di sinistra ma non va più bene, che vogliamo l’Euro, che non avremmo respinto le navi coi migranti… Certo che, se anche Loro decidono di autodefinirsi “Noi”, si creerebbe confusione. Allora potremmo chiamarci “Gialli” (adoro il giallo) e Loro si scelgano il colore che gli piace. Così potremmo dire, semplicemente, “i Gialli – cioè Noi, quelli buoni – si devono impegnare per battere il governo Salvini e i suoi alleati Blu (detesto il blu)”.

Sto scherzando. Sto cercando di dire che ci serve un termine non già perché siamo nominalisti e amanti delle etichette ma per poterci intendere, così come abbiamo un termine che è |tavolo|, un altro che è |cane| e un altro ancora che è |Sole|, così ci serve una etichetta che, evidentemente, non ha importanza per il suono che produce ma per il concetto che trasmette, per la sua semantica.

Qual è la semantica sottesa a Noi Gialli? Quella che deve sfuggire alla retorica ideologica di ‘Sinistra’? Io mi permetto intanto di proporre la mia, in rigoroso ordine di importanza:

NOI GIALLI SIAMO
Razionalisti
Laici
Inclusivi
Meritocratici
Europeisti

Alcune spiegazioni per prevenire alcuni lettori molto precisini:

Per PRIMA cosa c’è il razionalismo. Se il termine non vi piace chiamatelo “cromo” o come vi pare. Significa semplicemente che sono bandite le ideologie e le scelte aprioristiche. Per Noi Gialli una cosa non è buona solo perché è gialla, né una può essere cattiva solo perché è blu. Una cosa è buona oppure no (o, più probabilmente, in parte buona e in parte no) sulla base di evidenze, di prove, di sperimentazioni e di valutazioni. In un Paese Giallo i NoVax sarebbero presenti solo in un gruppo Facebook, per capirsi, e l’Italia avrebbe il primato europeo delle vaccinazioni; il razionalismo giallo impone di fare il massimo di bene al maggior numero di persone al minor prezzo, e se ci si sbaglia (i Gialli sono razionalisti ma sbagliano anche loro) vorrà dire che si è imparato dagli errori.

I Gialli poi sono laici che, a ben guardare, è una logica conseguenza del punto precedente. Viva la libertà religiosa nella rigorosa laicità dello Stato e delle istituzioni. Viva il pluralismo etico e le scelte di vita come a ciascuno pare; i Gialli sono libertari, sono per tutti i diritti a tutti in un quadro chiaro di doveri civici collettivi. I Gialli se ne infischiano con chi si va a letto, cosa si mangia, che dio si prega, ma i Gialli sono tremendi con chi approfitta delle libertà per sopraffare il prossimo e diventano furiosi con pedofili, femminicidi eccetera.

I Gialli sono inclusivi – grande, enorme differenza dai Neri e dai Blu. Inclusività è la vera nuova uguaglianza. Inclusivi coi deboli, tutti e sempre. Uno Stato Giallo non abbandona i suoi disabili, anziani, poveri, né abbandona i migranti ma – e questo ‘ma’ è fondamentale, con criterio: i disoccupati vanno sostenuti, ma devono rendere conto alla collettività; i migranti vanno accolti con dignitià, ma entro il possibile, in un quadro internazionale che deve affrontare un problema strutturale (su HR lo abbiamo spiegato fino alla nausea).

I Gialli sono meritocratici. Non esistono i diritti acquisiti. Non esiste il posto di lavoro eterno. Non esiste lo scarico di responsabilità. Tutti, nessuno escluso, hanno un ambito di responsabilità piccolo o grande e ne rispondono; il merito sarà premiato; il demerito sanzionato.

I Gialli sono Europeisti; un Governo Giallo porrebbe mano con immediatezza e rigore al debito pubblico per tornare ad essere, in Europa, un interlocutore rispettato.

Quindi, stabilito bene chi siamo NOI GIALLI, se volete possiamo continuare a definirci così e a me andrà benissimo. Oppure possiamo utilizzare senza paura l’etichetta “sinistra” (noi di sinistra) intendendola nel modo chiaro e anti-ideologico già chiarito.

Chi non è d’accordo, chi ritiene non sia affatto ideologico credere nel Sol dell’Avvenire, chi intende uguaglianza nel modo Novecentesco (a mio avviso deleterio, si veda la prima puntata di questo trittico), si trovi il nome che vuole: noi, qui su HR, l’abbiamo via via chiamata “sinistra radicale”, o “sinistra-sinistra” o in altro modo; “sinistra marxista”? “Sinistra bersaniana”? Non mi importa; Semmai potete scegliervi anche voi un bel colore, suggerirei il Rosso. Oggi al governo ci sono veramente i Neri, reazionari fascio-populisti; qualche Blu deve decidere da che parte stare; i Rossi coltivino le loro speranze di arrivare, alle prossime elezioni, al 3%. Noi Gialli, invece, dobbiamo scrollarci i residui di polvere, buttare via gli occhiali ideologici, imparare un nuovo lessico e organizzarci per abbreviare il più possibile questo buissimo periodo.