Ha fatto scandalo (nei ristretti circoli appassionati a queste cose) la denominazione proposta da Ursula von der Leyen per la delega all’immigrazione (e altro), “Protezione dello stile di vita europeo”. Aveva un suono troppo etnocentrico, assomigliava troppo a slogan lepenisti, e ora Ursula deve fare marcia indietro e trovare un nuovo nome per lo stesso medesimo ufficio. E sono stati specialmente i socialisti a protestare, ovviamente, perché non c’è maggiore ipocrisia di quella che viene dagli scranni della sinistra ideologica (altri, e altrettanto gravi, i difetti della destra…). Eppure, senza conoscere le segrete elucubrazioni della Presidente, io avrei sommamente apprezzato quella definizione, che avrebbe rappresentato una sorta di solenne dichiarazione di principio che poco ha a che fare con l’accoglienza e molto con l’orizzonte di valori che vogliamo dichiarare, sostanzialmente con quale modello vogliamo identificarci. Perché paradossalmente, dal mio punto di vista, difendere i nostri valori di europei diventa perfino oneroso e impegnativo. Quali sarebbero questi valori?
Il primo, assoluto, incontestabile, figlio della rivoluzione francese e di moltissimo altro (la rivoluzione fu la fiammata eroica, visibile anche ai ciechi, ma non arrivò per caso) è l’idea di libertà-uguaglianza. Ho unito con un trattino due concetti indipendenti per cercare di formarne uno diverso, trasversale, che non mi pare abbia un nome: siamo liberi – noi europei – perché ci consideriamo uguali; siamo uguali nella misura in cui ci sentiamo liberi. La libertà è un concetto che vive nella collettività, non nell’individualismo. Io sono libero, nella società che mi ospita, solo e in quanto siamo uguali, dotati degli stessi diritti e doveri. La mia libertà si concretizza solo con la tua, e viceversa, e in questo alligna il concetto di uguaglianza. ‘Uguaglianza’, fuori da orpelli ideologici, non ha a che fare con questioni materiali, di status, di sociografia (ciò diviene uguaglianza sovietica, che stride con la libertà) ma con le opportunità uguali per tutti. In una società realmente libera-egualitaria, tutti i cittadini hanno pari possibilità di accesso alla sanità, all’istruzione, al lavoro; sono tutti uguali nei diritti e nei doveri. Poi, ovviamente, sappiamo che anche il nostro continente è attraversato da disuguaglianze anche gravi, e più volte l’amico Ottonieri ne ha parlato su queste pagine ma, attenzione!, noi ne parliamo perché riconosciamo la disuguaglianza, non l’accettiamo, vogliamo trovare rimedi per attenuarla. Gli europei sono liberi-uguali, e hanno impiegato secoli cruentissimi per maturare questa convinzione, specialmente col distacco definitivo dal potere spirituale, separato da quello temporale (le religioni sono una delle maggiori cause di separazioni ed esclusioni, e quindi di illibertà-disuguaglianza).
Il secondo valore riguarda il dovere. Figlio della Riforma (ahimè non affermatasi nei paesi mediterranei, e specialmente in Italia), il dovere riguarda una specifica concezione della comunità, della socialità; ciascuno ha un posto nella società, ciascuno deve fare qualcosa per il bene della comunità in cui vive. Il dovere ha a che fare col lavoro (non solo) e con l’impegno nel lavoro. Il liberismo (che nella vulgata corrente gode di una pessima reputazione) è il nipote di questa idea, secondo la quale il tuo impegno per sostenere te e la famiglia coincide coll’impegno per sviluppare la tua comunità e il tuo Paese. No pesi morti e fannulloni, pagare le tasse, produrre, sempre con attenzione a chi è debole e non ce la fa (punto precedente; da qui le politiche socialdemocratiche del nord Europa).
Il terzo valore riguarda le libertà di espressione e politiche, che sono le ultime arrivate e non sono da confondere col primo di questi tre punti. Affrancati dalle pastoie religiose (che sono una scelta individuale, privata), l’individuo europeo è libero di esprimersi come crede, di associarsi, fare o non fare politica, essere vegano, omosessuale, ateo, dandy o quello che gli pare, a patto che non calpesti diritti altrui. La tutela di questa preziosissima libertà è fondativa della possibilità di contestare il governo, combattere idealmente idee diverse, fondare movimenti di opposizione, affermare le idee più stravaganti. Se mai siete andati in piazza a protestare contro qualcuno o qualcosa, e alla sera siete potuti tornare a casa tranquilli, è grazie a questa idea delicatissima, della quale come è noto tutti gli eversori approfittano, ma che non possiamo e non vogliamo cambiare. Io posso dire tutto quello che mi pare, se non calpesta i diritti altrui, se non incita all’odio, se non promuove attivamente l’eversione. In Europa, e specialmente in Italia, mi pare si abbia poca contezza di questo straordinario diritto, di questo valore, sul quale stiamo faticosissimamente costruendo un tentativo di civiltà. Posso fare l’attivista #MeToo o parlare contro #MeToo; posso dichiararmi iperliberista o scrivere articoli al fulmicotone contro l’orrendo liberismo; posso elogiare Conte o dire che è un mediocre campione di trasformismo; posso dire di essere gay, di essere ebreo, di essere leninista, di essere quello che mi pare, e gli omofobi, i razzisti e gli intolleranti devono stare attenti perché saranno perseguiti (sì, il mondo non è perfetto e le singole persone non possono coincidere coi vasti orizzonti ideali).
Ecco lo stile di vita europeo, che è costato sangue, ancora sangue, guerre, ingiustizie e sofferenze inenarrabili, e il pensiero e l’impegno e la vita di centinaia di eroi civili. E che ancora costa sofferenze e ingiustizie, perché comprendere questi valori è fatica, in particolare a certe latitudini. Quindi, concludendo: evviva chi viene in Europa disposto a rispettare questi valori, che significano venire a lavorare, venire a rispettare, venire a pregare il proprio dio come faccenda privata e senza alcuna connessione con le scelte politiche, vuole dire venire a tollerare per essere tollerati, vuole dire no imam che predicano la violenza, no velo né burkini, e tolleranza zero contro chi delinque, perché se è vero che la giustizia deve essere uguale per tutti, bianchi, neri o gialli, è anche vero che tradire l’ospitalità è un delitto che affonda le radici nella notte dei tempi.