Uno sciocchissimo, per quanto vagamente documentato, articolo di Giacomo Galanti, che mi perdonerà se non ne conosco particolari meriti, ci spiega come una quantità di illustri pensatori del passato criticassero aspramente, e spesso con toni oggi considerati inaccettabili, l’omosessualità, e anche politici, Padri della Patria, etc: Benedetto Croce, caspita! Engels e Togliatti (ma, si sa, gratta la pelle di un comunista e troverai cose brutte…); e il lìder maximo Fidel, poi!
Anche se Galanti non lo sa, lui si è iscritto alla Grande Loggia della Cancel Culture, dove si rimprovera a gente del passato di avere avuto opinioni largamente accettate alla loro epoca. Oddio, Fidel, oltre ad avere un’opinione critica – diciamo così – sui gay (“L’idea di mandare un figlio a scuola e vederselo tornare frocio non garba a nessuno”) li mandava anche in campi di concentramento a fare l’elettroshock, ma il povero Croce nato – dico – nel 1866, poteva avere un idea infastidita dall’amore omosessuale e restare un grande intellettuale, filosofo, politico.
Quando ero ragazzo io, anni ’60 e ’70 (sì, sono vecchio) dalle mie parti si diceva L’è mej un fiöl leader che busô (meglio un figlio ladro che finocchio – la grafia romagnola è certamente approssimativa). Era così e basta; era un sapere comune, una conoscenza tacita, un tratto culturale, una sapienza popolare; chi diavolo avrebbe voluto un figlio frocio? Al paesello – di pubblicamente noti e riconosciuti – ce n’era uno che vestiva vistosamente, faceva il sarto (e giù battute su come facesse bene il cavallo dei pantaloni) e i monelli lo insultavano per strada. Che vita tremenda deve avere fatto, scansato da tutti, costretto ad amori veloci alla stazione del capoluogo…
Quella generazione di vecchi ignoranti è stata seppellita da un pezzo. Credo onestamente che se interrogassi oggi i vecchi del paesello (cioè i miei coetanei, che hanno sostituito i vecchi ignoranti di un paio di generazioni prima), non uno direbbe mai qualcosa di simile. Non posso giurare che qualcuno, ancora, non lo pensi, ma certamente eviterebbe di dirlo, che è già qualcosa.
In quei tempi antichi le donne stavano, ovviamente, a casa; a fare la calza, si diceva al bar, che poi ad alta voce si diceva “a fare la signora”, che solo quelle povere e sfigate andavano a fare lavori umilissimi; e il capofamiglia era il maschio ma non per una forzatura, una violenza, un dominio consapevole, come certe sciocche femministe pensano: era così perché la cultura dominante – che dominava i maschi e le femmine – era così; ora, nel medesimo paesello, prova a fare un’affermazione maschilista e la prima azdora che passa ti dà un manrovescio da triplo carpiato.
La cultura cambia in virtù di molteplici fattori. A volte un po’ più velocemente (ma parliamo di velocità generazionali, non del breve periodo di una memoria individuale che ha urgenza di parlarne su Facebook) a volte lentamente; a volte in meglio (come nei casi presentati sopra), e a volte in peggio. Un esempio di cambiamento in peggio: gli africani. Quando ero giovane, i neri li vedevo solo nei film americani, e li compiangevo e pensavo che gli americani fossero davvero pessimi. Poi arrivò un giovane nero dall’Africa povera, non ricordo più sulla base di quali rapporti, roba da preti comunque, e fu alloggiato, nutrito e avviato agli studi da una brava famiglia del paese. Io già ero emigrato altrove, ma credo che il “negretto” (il paternalismo è ovvio) si sia trovato bene, tant’è vero che non è più tornato a casa sua. Però i neri, da poveri negretti, sono diventati un sacco di subsahariani che troviamo dappertutto e sappiamo essere, a volte, implicati in giri di droga e prostituzione. Ecco che qui il modello culturale è mutato ma come critica, stigma, diffidenza.
Torniamo agli omosessuali. In anni ormai lontani ho scritto diversi post a favore di un approccio inclusivo, comprensivo, verso gli omosessuali, contro l’omofobia, contro il cattolicesimo bigotto e via discorrendo. Da un po’ di tempo sto scrivendo articoli insofferenti; sia verso il dilagare di una cultura pro-omosessuali invasiva e stucchevole, sia contro interventi legislativi (ddl Zan) a mio avviso sbagliati, sia verso l’autocelebrazione omosessuale che – arrivata al centro dell’interesse pubblico non più come stigma ma come valore (?) – deborda chiedendo e pretendendo ciò che sicuramente otterrà, ma che non gioverà alla comunità gay.
Stessa cosa per la cultura femminista per come tracimata e riprodotta da giovani donne ignoranti come capre; stessa cosa, medesima. L’evoluzione dei costumi, dei sentimenti, delle culture, anche in campo di parità di genere, ha fatto passi giganteschi; non abbastanza? Diciamo pure che si può fare molto di più ma – cribbio! – di questo passo non si dovrà aspettare poi molto affinché si veda una reale parità lavorativa e salariale, una reale rappresentanza politica femminile eccetera.
Ovviamente ci sono i burini coatti ignoranti ed educati alla violenza, che perseguitano i gay e stuprano le donne (valori minimi in Italia rispetto all’Europa e minimissimi rispetto ad altre aree del mondo), che anche danno fuoco ai barboni (ma loro non hanno rappresentanza; a quando una legge contro i piromani?), dileggiano i disabili, molestano i bambini, maltrattano i vecchi (che, diciamolo, han solo da morire). È il mondo, ed è pieno di ingiustizie da combattere, io certo non mi tirerò indietro.
La conclusione non è che tutto va bene e occorre smettere di insistere. Non è vero che tutto vada bene e sì, c’è moltissima strada da fare. Ma la strada non è quella delle imposizioni di legge o dei comitati obbligatori (chi ha avuto a che fare con Comitati Pari Opportunità di qualche Amministrazione è certamente diventato maschilista di colpo) o altre scemenze che mostrano l’inclinazione politica all’applauso facile dal loggione, a seguito di battute di scarsa efficacia e intelligenza.