L’altra sera a X Factor una delle giudici, la cantante Emma, ha fatto un pistolotto sulla vergogna dell’affossamento dell’iter parlamentare del ddl Zan; si è associato Mika (cantante, altro giudice) che ha dichiarato che non è questa l’Italia che ama. Intanto continuano le polemiche politiche, specie fra PD e Renzi. Non parliamo dei social, dio ci scampi, dove ogni brava persona (di sinistra, quelli di destra non sono brave persone) ha espresso la sua indignazione per questa classe di politicanti che ha negato dei diritti agli omosessuali. Che noia!
Al netto delle ridicole (e, sì, anche schifosette) manovre politiche che, in vista di obiettivi tattici diversi, hanno sacrificato il ddl (e di questa miseria politica qui non parlerò, non ne vale davvero la pena), occorre dire qualcosa su questo provvedimento, al fine di trarre una conclusione generale e inquietante.
Partiamo allora col dichiarare che il ddl Zan non è un provvedimento che riguarda i diritti. Non un solo “diritto” sarebbe stato aggiunto agli omosessuali; non un diritto calpestato sarebbe stato ripristinato. Incominciamo a usare le parole come devono essere usate, e inseriamole nella giusta categoria concettuale. Poiché ritengo che un bel numero di indignati (ah!, l’indignazione, il nuovo vestito dell’ipocrisia…) non abbia contezza di quello che dice, ecco QUI il testo del ddl. È breve, leggetelo. In sostanza – dopo avere definito ‘sesso’, ‘genere’, ‘orientamento sessuale’ e ‘identità di genere’ – si propongono alcune modifiche al codice penale; segnatamente all’articolo 604 bis, “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” si proponeva di aggiungere “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”; analogamente al 604 ter (aggravanti di pena); idem per l’articolo 90 quater (condizioni di particolare vulnerabilità); e infine alla legge 205/1993 (“Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”). Questo è il succo del ddl Zan: assicurarsi che nelle già esistenti norme e alle aggravanti di pena per odio religioso e razziale, fossero inclusi reati definibili come odio motivato dal sesso, genere e orientamento sessuale. Poi il ddl Zan propone l’Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia (diciamo che avrebbe un valore simbolico ed educativo…), impone una generica strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere (sempre attività educative, ma l’articolo in questione – l’8 – è estremamente fumoso), e chiude con una ridicola imposizione all’Istat di curare una rilevazione sulle discriminazioni e la violenza, che sostanzialmente è impossibile (l’Istat da diversi anni ha smesso di raccogliere dati sul femminicidio per la vaghezza definitoria e l’impossibilità di stabilire, in modo certo, se una donna è stata uccisa per ragioni imputabili al femminicidio oppure no; tutte le “statistiche” che leggete in merito sono in realtà inferenze che valgono come press’a poco curate da associazioni private; è facile immaginare medesime difficoltà nel dichiarare che una certa violenza è stata causata dall’odio verso l’orientamento sessuale della vittima e non per qualunque altra ragione).
Se comunque non avete voglia di leggere il testo del ddl, potete leggere quello che dicono i giornalisti e blogger più moderati. Fra le altre cose: testo nebuloso e conseguente fallimento interpretativo; propone aggravanti che sono comunque già presenti nell’art. 61 del codice penale; propone (sempre in modo ambiguo) una punizione per la discriminazione cercando di salvare la “libera espressione di convincimenti”, per cui non si capisce se motti, irrisioni, insulti che riguardano la sfera dell’identità di genere sarebbero da considerare come punibili o come liberi e leciti convincimenti (e sarebbe il giudice a dover decidere caso per caso sulla base delle circostanze come ricostruite in dibattimento, figuratevi!). Per andare veloci, in questo testo avete una panoramica di pro e contro (anche questo testo non è male) ma, se avete un po’ di tempo, affidatevi non a testi giornalistici ma giuridici, ne troverete con facilità molteplici.
Resta, ovviamente, la questione “di bandiera”, culturale. L’approvazione del ddl Zan avrebbe rappresentato una conquista solo in senso simbolico, come affermazione di principio. Come scrive Carla Maria Reale in un documentato articolo su “Orizzonti del Diritto Pubblico”,
Queste evidenze suggeriscono come, in Italia, il lavoro più grande da fare per contrastare l’abilismo, il sessimo, l’omolesbobitransfobia, il razzismo, in tutte le loro espressioni, sia chiaramente di matrice culturale, funzioni a cui lo strumento penalistico – che in tal senso si presterebbe ad alcune note critiche – non può e non deve pienamente assolvere. Sono dunque da salutare con grande favore quegli articoli del Ddl che hanno lo scopo di attuare prevenzione e sensibilizzazione istituzionale e culturale (artt. 7-10). Di fondamentale rilevanza, non meramente simbolica, è l’istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia, che consentirà alle istituzioni di farsi carico di iniziative di sensibilizzazione culturale e allo stesso tempo porterà, garantendo il rispetto dell’autonomia scolastica, le tematiche all’interno degli istituti scolastici.
Ma la critica più importante, a mio avviso, è un’altra: il ddl Zan è particolaristico e repressivo, ovvero il contrario di un provvedimento che intenderebbe promuovere i diritti individuali. Guardando al passato, la legge sul divorzio è stata una conquista dei diritti, universale e inclusiva; quella sull’aborto (sia pure coi suoi limiti); quella recente sulle unioni civili. Guardando al futuro, sarebbe conquista di diritti, per esempio, l’eutanasia legale. Ho citato i più noti, che hanno tutti la caratteristica di non essere particolaristici e di non essere repressivi; anzi: riguardano l’abolizione di norme che punivano o puniscono comportamenti di libertà. Il divorzio era vietato, l’aborto era punito, la convivenza di fatto non riconosciuta: le leggi che riguardano i diritti rimuovono gli impedimenti legislativi (generalmente ideologici) che limitano i comportamenti degli individui. Così sarebbe per l’eutanasia legale, per la liberalizzazione della cannabis, per moltissime altre norme che limitano la libertà e puniscono, anche gravemente, l’espressione di quella libertà. Il ddl Zan – salvo le già menzionate questioni simboliche – non faceva nulla di questo, limitandosi a reprimere con maggior vigore l’odio verso gli omosessuali (ne parla Andrea Venanzoni in questo articolo intitolato “Critica (libertaria) al ddl Zan”).
Poi c’è la questione del particolarismo, che è il condensato giuridico-politico-sindacale dell’epoca egotistica e individualista che stiamo attraversando. I diritti sono universali, e devono riguardare le persone, i cittadini, gli esseri umani, non delle fattispecie. Un codice penale adeguato non avrebbe bisogno di specificare le aggravanti in termini di razzismo, religione, eventuale odio contro gli omosessuali, poi domani contro gli obesi e il mese appresso contro qualche altra categoria che si sente minacciata. Ogni forma di odio e discriminazione è grave, ed è sempre causata da ciò che il bersaglio di tale odio rappresenta per il discriminatore: i neri è facile, poi le donne ovviamente, quindi gli omosessuali, poi? La frammentazione legislativa è un vulnus giuridico rilevante, come fa notare Alessandro Roiati su “Diritto Penale Contemporaneo” a proposito del ridicolo reato di omicidio stradale, una questione che ben si presta come paragone nel nostro caso; ci sono troppi incidenti stradali? La questione viene sollevata da un gruppo di pressione, un’associazione di tutela, degli organi di stampa? Bene, facciamo una legge: che legge è? Una legge chi punisce chi ha commesso quel tale delitto, non già che lo previene! Infatti quella legge ha fallito alla grande non riducendo i morti sulla strada. Analogo il ddl Zan: ci sono fatti specifici di discriminazione degli omosessuali? La questione suscita l’adeguata indignazione, motore della politica? Ci sono gruppi e lobby che premono per un intervento? Ok, facciamo una legge che punisce l’odioso reato. Servirà? No, a nulla, salvo come bandiera ideologica.
Questo mio articolo parla di diritti e presunti diritti, non del bieco spettacolo offerto dal Parlamento, non della gazzarra in Senato, non dell’insopportabile stupidità della destra, non delle manovre di Renzi, non della miopia del PD, eccetera; tutte questioni avvilenti.
Mi piacerebbe che i mei lettori rimanessero su questa linea di pensiero. Il ddl Zan non riguardava la conquista di nuovi diritti, ma era uno strumento simbolico (per carità, può avere qualche valore in sé) di natura particolaristica e repressiva. Il contrario di quello cui aspira un pensiero liberale, se non propriamente libertario. La legge sul divorzio che ho menzionato, la cui ferocia politica, il dibattito infuocato, il dispendio di energie sono ignoti ai più giovani, è del 1970, e porta la firma di Antonio Baslini e Loris Fortuna, un liberale e un socialista, due razze scomparse dal panorama politico italiano, e vide una forte mobilitazione del partito radicale e della sinistra; fu una lunga battaglia per i diritti, universali e libertari.
Oggi, qualora esistessero ancora forze politiche di quella pasta etica, avremmo altre e importanti battaglie, universali e libertarie (e non particolaristiche e repressive). Ne avrei in mente tante ma ne menzionerò una sola, quella per gli immigrati. Non perché io inclini a deregolazioni dell’immigrazione (la posizione di Hic Rhodus su questo tema è chiarissima) ma perché trovo insopportabile che a sinistra si pianga e ci si stracci le vesti per i poveri migranti, si sputi simbolicamente sul fascistone Salvini, si portino gli arancini ai poveri africani costretti sulla Diciotti (ve lo ricordate? Un dramma sociale affogato nel ridicolo), eccetera eccetera, ma da venti anni abbiamo in vigore la legge Bossi-Fini e non mi pare che la sinistra, più volte al governo in questi due decenni, abbia mai neppure pensato di mettervi mano.
Questo esempio mi serve per la conclusione, che è la seguente: le ragioni del dibattito infuocato sul ddl Zan, delle esternazioni di Emma a X Factor e delle infinite dichiarazioni di tutti e di più di questo periodo, non riguardano affatto l’urgenza del provvedimento, né la sua “civiltà” (strano, nessuno ha gridato “restiamo umani”), né l’urgenza, né una reale minaccia verso gli omosessuali. Riguardano il fatto che il dibattito pubblico è costantemente eterodiretto.
I temi in discussione a livello popolare (sui quotidiani, sui social media) semplicemente non sono i temi più urgenti, necessari, a volte vitali per la nostra società; sono quelli dettati da logiche comunicative che di volta in volta pongono una questione (un mostro, un nemico) e la gonfiano artatamente a beneficio di un dibattito distratto, consumato per lo più dalla poltrona di casa, che di regola non approfondisce, non compara, non confronta, figurarsi poi se analizza criticamente e se si perita di contestare il pensiero dominante, la correttezza politica, le minoranze comunque declinate e quindi buone e giuste, quindi con ragioni sacrosante da difendere a ogni costo.
Quindi: il ddl Zan è morto. Escludendo il giudizio sulla sommamente inetta e deludente classe politica italiana, la comunità Lgbt+ non soffrirà una calunnia o una violenza in più di quanto, purtroppo, già non patisce, né la sua approvazione le avrebbe diminuite. Così come gli omicidi stradali non calano perché c’è una legge che li punisce. Così come la vera parità di genere non è miracolosamente avvenuta con le quote rosa. Così come il razzismo non è diminuito, né il sessismo, né il fascismo, solo perché qualche norma del Codice penale li considera aggravanti. Una buona legge previene i danni e induce il bene (sociale, economico…), non insegue il mainstream con bandierine ideologiche di alto impatto emotivo e di scarsissimo significato pratico.
Lavoriamo sulla cultura delle persone, istruiamole, liberiamole dal bigottismo e anche gli omosessuali, che godono di una stagione straordinariamente favorevole, si sentiranno pienamente parte di una società inclusiva quale vogliamo essere (almeno, noi di Hic Rhodus vorremmo vivere in tale società).
(In copertina: i deputati Fortuna e Baslini, promotori della legge sul divorzio)