Regolarizzazione migranti: egoismo positivo contro solidarietà negativa

Leggo il breve testo di Angela Mauro sull’HuffPost dell’8 maggio e mi si spalanca una prateria di possibili polemiche giocose – e usuali qui su Hic Rhodus – alle quali non  riesco mai a sottrarmi perché riguardano, secondo la mia personale opinione, la possibilità di bastonare un ideologismo assolutamente devastante, inutile, consolatorio solo per chi lo propone e per chi intende accodarsi a tutto ciò che è tanto buono quanto inutile, tanto politicamente corretto quanto politicamente irritante.

Scrive Mauro, trattando della proposta della Ministra Bellanova di regolarizzare i migranti:

Che tipo di società è quella che ragiona di regolarizzazioni solo dalla prospettiva nostra, di bianchi italiani, senza preoccuparsi del punto di vista degli ultimi e dei loro diritti? Un approccio che definirei razzista. Eppure in tempi di pandemia ce ne sarebbero di argomenti concreti da usare per rendere questo tema meno impopolare e per intercettare, non dico l’empatia, ma almeno la comprensione dei più. Regolarizzare chi è irregolare e si nasconde ai margini della società significa, tra le altre cose, consentirgli l’accesso alle cure sanitarie, ai controlli. Significa permettergli di poter andare da un medico di base se gli viene la febbre. Significa provare a stabilire un controllo su sacche sociali che ora sfuggono al lockdown imposto alla nostra vita privata e collettiva.

Le obiezioni a questo ragionamento sono numerose e provo a metterle in ordine inverso di importanza (cioè: la più importante è l’ultima, così finisco in bellezza);

  1. In un Paese fascista, qualunquista, egoista, dove la destra lepenista e populista  ha – al momento in cui scrivo – il 63% dei consensi (ultimo sondaggio del 7 maggio presentato a Porta a Porta), in un Paese – aggiungo – dove la legge Bossi Fini non è stata ripensata né abolita dai diversi governi “di sinistra” che si sono succeduti (vorrà dire qualcosa…), in un Paese così fatto, che sta condannando migliaia di migranti alla dimenticanza, alla miseria, alle mafie, ma veramente non saltiamo immediatamente sul carro della proposta Bellanova e ci avvitiamo in queste masturbazioni mentali? Veramente Angela Mauro, “Special correspondent on European affairs and political editor”, non vede la possibilità di fare bene, adesso, subito, facendo appunto leva sull’egoismo e la miseria morale italiana: volete i pomodori? Dobbiamo regolarizzare i migranti per raccoglierli. In questo modo li tiriamo fuori dal nero, dallo sfruttamento, dal caporalato (oddio, almeno in parte, per come si potrà). Li censiamo. Diamo loro un reddito. E, sì, avremo anche i nostri accidenti di pomodori. E intanto lavoriamo sui territori, lavoriamo coi rappresentanti dei migranti, con le ONG, coi sindacati, coi sindaci… Ma è difficile da capire?
  2. Il problema generale dei migranti (“generale”, non solo questo di cui trattiamo ora) è spinosissimo sia per i problemi di contesto scritti sopra, sia per la straordinaria caratteristica epocale del fenomeno, per i travolgenti cambiamenti che potenzialmente comporta, e per la necessità (insisto su questo: necessità) di accogliere con sicurezza; di accogliere con la possibilità di integrare e di sfamare, non dieci, o cento, o mille migranti ma, in prospettiva, milioni. Da qui l’assurdità di ogni e qualunque slogan della serie “accogliamoli tutti”. Poiché Hic Rhodus ha dedicato molti post a questo argomento, ne riepilogo alcuni alla fine di questo testo. Data questa premessa (in sintesi: no, non possiamo accoglierli tutti; sì, servono delle regole) la questione diventa, banalmente: quali regole? Quanti migranti e rifugiati possiamo mantenere, sfamare, alloggiare? Dove? Avete già dimenticato, pochi anni fa, i cittadini in strada per impedire a un van di 4-6 migranti di essere alloggiati nel loro stramaledetto paesello? Ci possiamo anche arrabbiare con questi nostri concittadini, ma dopo esserci arrabbiati dobbiamo dare delle risposte, che riguardano anche l’ordine pubblico, che ci piaccia o no. Se no facciamo stupida demagogia, continuiamo ad arrabbiarci e non aiutiamo, nel concreto, nessun migrante.
  3. Se poi riusciamo a distoglierci da logiche puramente ideologiche (e per ciò buone per scrivere un post, ma non per trovare soluzioni), allora possiamo incominciare a essere un pochino razionali e funzionali. A ogni cittadino italiano chiediamo di contribuire al benessere della nazione, lavorare, obbedire alle leggi e pagare le tasse. Poi, sappiamo bene, c’è chi non ha voglia di lavorare, chi non paga le tasse e via così ma, almeno ufficialmente, siamo del parere che non va bene. Giusto? Ogni cittadino deve (dovrebbe) fare la sua parte. Bene. Perché non i migranti? Questo ragionamento fa parte delle famose regole, coinvolge il tema della regolazione dei flussi, della base linguistica e culturale necessaria ai migranti (e questo riguarda l’altra sciocchissima questione dello Ius Soli) e di un do ut des che solo a chi non vuol capire può apparire volgare, o addirittura egoistico. Io personalmente sono favorevolissimo all’immigrazione economica (oltre all’accoglimento dei profughi, ovvio): sono disponibile ad accogliere tutti quelli che ci servono per fornire servizi agli italiani, per aumentare la ricchezza della nazione, così facendo dando a loro e ai loro figli un futuro dignitoso e integrato. Perché non dovrebbe andare bene? Allora, con le premesse scritte sopra, benissimo far raccogliere i pomodori oggi, e poi semmai anche mungere le mucche nelle stalle del nord, semmai costruire strade o, se lo straniero ha una qualifica riconosciuta, svolgere anche altre attività più qualificate, figuratevi!

In conclusione, in una società complessa, interconnessa, globale, possiamo crescere ed evolvere tutti, a patto di adottare un’ottica estremamente razionale e necessariamente utilitarista: nelle scelte di sviluppo economico e industriale (per esempio smettendo di buttare soldi sull’Alitalia, tanto per capirci), nelle politiche sociali (razionalizzando i milioni di Euro buttati al vento e introducendo reali politiche del lavoro e sostegno al reddito), nelle politiche europee (intendo i Fondi strutturali, altri soldi che gettiamo nella pattumiera del piccolo cabotaggio del consenso e delle clientele locali), e via via affrontando tutti i problemi con una visione non demagogica. Incluso il problema dei migranti (e quello delle carceri, dell’ordine pubblico, della prostituzione, del fine vita… più ci avviciniamo a temi “sensibili” più sembra che, in Italia, non si riesca a fare una discussione sensata).

Quindi: non volevo usare il termine ‘buonismo’, diventato un cliché della destra, ma capiamoci: né buonisti né buoni. La politica non si deve tradurre in un insegnamento morale, dio ci scampi! La politica deve risolvere problemi, e intercetta consensi man mano che i problemi risolve. Non promesse. Non piagnistei. Non “accogliamoli tutti” che non lo vuole nessuno e che non sarebbe possibile né realizzabile.

Cominciamo a far lavorare gli immigrati in agricoltura. A loro lavoro e dignità, a noi i pomodori. E intanto cerchiamo soluzioni praticabili.

Sul tema dei migranti abbiamo scritto, fra l’altro: