Il Grande Disagio 2. La vendetta

In epoca Covid, piuttosto esasperato dall’impossibilità (ma soprattutto inutilità) di un dialogo con gli antivaccinisti e loro parenti, ho ipotizzato una sorta di teoria del “Grande Disagio”, i cui articoli potete leggere seguendo il link (specie gli articoli iniziali, dell’ottobre 2021). In uno degli articoli conclusivi proposi anche delle specie di mappe concettuali (integrate poi QUI). Mi scuso per il lungo riepilogo, ma devo partire da quelle figure là, che a mio avviso rappresentavano abbastanza bene un semplice fatto: va scomparendo la possibilità di dialogo fra persone di opinioni diverse, perché la società è cambiata radicalmente in questi ultimi decenni favorendo, da un lato, l’individualismo esasperato (io sono io, conto io, le cose mie le decido io, le mie opinioni valgono, chi sei tu per dirmi il contrario?) e dall’altra l’impossibilità – o quanto meno l’estrema difficoltà – a capire il mondo, distinguere i fatti dalle opinioni, i fatti veri da quelli inventati, le idee dalla propaganda etc.

Tornando al Grande Disagio, poiché ne vedo un’altra eccezionale prova in questo periodo bellico, ve lo ripresento ammodernato. Premetto che quella del Grande Disagio, essendosi mostrata valida anche nel caso della guerra, è una vera e valida teoria sociologica; ne sono fiero. Se volete la potete anche chiamare la Teoria Bezzi del Grande Disagio.

E adesso basta chiacchiere, ecco a voi alcune rappresentazioni grafiche, assai più chiarificatrici delle mie parole.

Le prime tre figure sono riprese dalla vecchia serie, e propongono la base teorica (psicologia, sociologia e politologia. Click per ingrandire) della teoria:

A mio avviso queste tre figure, che rappresentano la matrice di base per ragionare sul Grande Disagio, sono piuttosto auto-esplicative e non ci perdo altro tempo.

L’applicazione della matrice al caso in discussione è la seguente: 

Alcune brevi spiegazioni:

  • Solidarietà: si comprende e si afferma la grave colpa della Russia; si riconoscono gli orrendi crimini di Bucha e Mariupol; si ritiene che gli ucraini abbiano tutto il diritto di difendersi, e che la guerra non sia semplicemente un “fatto loro”, ma riguardi la libertà di tutti noi europei. Di conseguenza si ritiene che ogni sostegno all’Ucraina sia lecito, incluso l’invio di armi e che le sanzioni alla Russia siano necessarie.
  • Agnosticismo: come sopra sui fatti acclarati e oggettivi, ma senza trascendere nell’empatia indebita; si riconoscono anche i torti ucraini, si pensa che l’Ucraina, in ogni caso, non era affatto pronta ad entrare nell’Unione Europea, che non è stata lungimirante con le minoranze russofone orientali, etc. Il giudizio critico non sposta di un millimetro la condanna della Russia e il favore delle sanzioni, per esempio, ma cerca di non farsi travolgere dall’onda emotiva che rischia di negare realtà scomode anche per il popolo aggredito.

Queste due prime posizioni – a mio avviso – sono entrambe accettabili. Meno le prossime due:

  • Equidistanza è la corruzione della precedente: diminuisce il peso relativo delle colpe russe e aumenta quello dell’Ucraina. Gli equidistanti non negano affatto la realtà dell’aggressione, né dei massacri, ma inseriscono ogni episodio in una quadro più ampio, più “etico”: tutte le guerre sono orrende; tutti gli eserciti compiono crimini. Nel caso specifico non è possibile, al momento, fare un bilancio su chi abbia più colpe, e semmai ci si penserà in seguito; certamente, al momento, si legge uno scontro tra nazionalismi, ognuno dei quali ha le proprie ragioni. 
  • Pacifismo etico: sono i (pochissimi) pacifisti veri, che si richiamano ai grandi movimenti per la pace internazionali; costoro non si pongono con senso di urgenza il problema delle colpe perché sono disincantati e comprendono che la guerra è un male in sé. Il valore da perseguire, pertanto, non è una tregua o un armistizio ora, con una o più concessioni dell’una o dell’altra parte, ma proprio la pace in sé. La pace come valore. Solitamente questi pacifisti, oltre alla loro personale testimonianza, sono piuttosto restii dal proporre soluzioni operative concrete al problema in corso.

Mi pare che queste due posizioni, che al momento vedo comunque come estremamente minoritarie, abbiano alcune buone ragioni, grandemente sopravanzate dal pericolo di cadere, ciascuna, in una delle due sottostanti:

  • L’indifferenza fa capolino nelle dichiarazioni apparentemente equidistanti e pacifiste, ma in realtà egocentriche; in sostanza, la guerra in Ucraina è faccenda degli ucraini, cosa ce ne dovrebbe importare? Questa posizione è alimentata dal disturbo (certamente oggettivo) per la crescita dei prezzi energetici, per una certa paura fisica del confronto bellico (hai visto mai i russi arrivassero fino al Po?) e altre considerazioni abbastanza meschine, che trovano copertura (falsa) nelle parole del Papa, nel pacifismo ideologico, nella crisi delle aziende vissuto come argomento dirimente e condivisibile etc.
  • Il collaborazionismo è la logica tracimazione della precedente posizione; che finisce col sostenere (in parte o in toto, sottovoce o chiaramente) le posizioni russe, invocando semmai la resa degli ucraini così la guerra finisce e tutto torna “a posto”, “normale”, “come prima”. Qui troviamo anche i sostenitori di falsi palesi: a Bucha non è in realtà successo nulla, gli ucraini sono nazisti che volevano invadere la Russia… L’etichetta di ‘collaborazionismo’ può apparire forte, ma oggettivamente di questo si tratta; “Viva Putin” purché ci lasci in pace e ci lasci vivere la nostra vita piccolo borghese, coi suoi effimeri privilegi.
  • Infine il pacifismo ideologico è quello a senso unico, che la guerra è un’invenzione del capitalismo predatore e noi siamo alternativi, che le armi sono cose brutte a prescindere e noi invece – e ci mancherebbe! – siamo per la pace, che sì, certo, viva l’Ucraina vittima ma guai a darle armi e invece dobbiamo cercare una via pacifica, anche se non si sa quale sarebbe tale via…

Quest’ultima area della nostra mappa è quella che spopola nel talk show, negli intellettuali capaci di spaccare il capello in quattro e comunque di non essere contenti, è quello dei sovranisti che semmai non vogliano parlare chiaro e si nascondono dietro false scuse e improbabili ragioni, è quella di chi, come Conte, per essere chiari, non ha la più pallida idea di cosa pensare ma cavalcare il generico dissenso, il generico antagonismo, massimalismo, nazionalismo e qualunquismo va sempre bene, perché sappiamo benissimo che c’è un’importante fetta di mercato elettorale che è, appunto, antagonista, massimalista, nazionalista e qualunquista e, ricordiamoci, le elezioni politiche si avvicinano, in Italia, a passo spedito.

Mi permetto un’unica segnalazione per approfondire l’argomento, che evidentemente potrebbe, se completa, occuparvi molti giorni di lettura: Franco Cundari, Dubitare di tutto, comprese le stragi che abbiamo sotto gli occhi, non significa essere cartesiani, ma complici, “Linkiesta”, 7 apr 2022; l’articolo spiega molto bene l’assurdità delle ultime tre posizioni da me descritte.