Dal fascismo all’omologazione di massa

Il fascismo conviene agli italiani perché è nella loro natura e racchiude le loro aspirazioni, esalta i loro odi, rassicura la loro inferiorità.

Ennio Flaiano

Che il termine |fascismo| sia parte del lessico comune, non solo politico, non solo italiano, è evidente. Ma cosa significa, oggi, “fascismo”? È un concetto attuale? Io credo di sì. Credo che il fascismo esista ancora e sia pericoloso, anche se non necessariamente nella forma dei manganellatori mussoliniani, e che abbia ancora senso dichiararsi “antifascisti”, sia pure non nella forma dei resistenti partigiani. Naturalmente occorre contestualizzare i concetti, trovarne una loro attualità contemporanea. Anche se con “Fascismo” si intende il movimento politico fondato da Mussolini nel 1919 e, per estensione e similitudine, il nazionalsocialismo di Hitler, l’Action Francaise etc., le similitudini con diversi regimi autoritari hanno portato a un’estensione del concetto, a volte indebita altre volte meno, che porta a riconoscere come ‘fascisti’ un discreto numero di regimi e governi nel mondo. Per comprendere quali siano queste similitudini vi propongo un piccolo tour nella semantica del fascismo per cercare di coglierne i tratti caratteristici, direi fondativi, e vedere attraverso questi se si danno ancor oggi, semmai sotto diverso nome.

Le analisi più accreditate portano a ravvisare, come elementi comuni ai vari fascismi del ‘900, questi elementi:

  • una situazione storica di crisi e trasformazione economica e sociale, con un coinvolgimento inedito delle masse fino a quel momento escluse dalla vita politica e il disorientamento delle classi medie (questa specie di precondizione ha avuto ovviamente declinazioni differenti per Italia, Germania, etc.);
  • accentuata inconsistenza ideologica del programma, sostanzialmente volto alla mobilitazione emotiva; contraddizioni e inconsistenza che diventano secondarie, grazie alla propaganda, rispetto a poche idee guida di carattere rivendicativo e complottista (il nemico esterno, i torti subìti…);
  • cristallizzazione organizzativa ed eliminazione della dialettica interna al partito, che diviene mero strumento di propaganda; intimidazione degli avversari;
  • estrema fluttuazione interna – indipendentemente dalla facciata apparente – e incapacità ad imporsi politicamente senza alleanze con settori delle élite dominanti;
  • conseguente accentuarsi di contrasti e rivalità interni, tenuti a freno dall’autorità legittimante del capo supremo:

In tutto questo processo, se resta pressoché intatto il ruolo del dittatore quale istanza di legittimazione d’interessi rivaleggianti tra di loro, si paga però il prezzo, com’è ovvio, d’un crescente impelagarsi del regime in antagonismi intestini, i cui attriti snaturano e distruggono un’efficienza esteriore sulle prime impressionante (Mommsen);

  • uso di rituali, simboli facilmente riconoscibili, uniformi…

Occorre poi vedere anche in cosa sia consistita la pratica fascista:

  • forte intimidazione degli avversari (incluso l’assassinio) e perseguimento temporaneo di regole democratiche come via per il potere, regole poi annullate con l’instaurazione di un regime dittatoriale sostenuto con le armi;
  • nazionalismo esasperato, imperialismo colonialista, guerra come fondamento e cemento del Popolo unito contro i nemici esterni;
  • populismo ideologico ma, nei fatti, mantenimento di privilegi e di rigida divisione in classi sociali;
  • antisemitismo, razzismo, sciovinismo maschilista;
  • imposizione di un pensiero unico, interpretazione dei fatti storici, invenzione di un linguaggio ad hoc;
  • culto del leader, unica fonte di legittimazione, sede e simbolo dell’unità del popolo, unica autorità.

Cerchiamo di attualizzare questi elementi storici in chiave sociologica e politologica (una conversione non da tutti accettata) per vedere in cosa possa consistere oggi il fascismo.

Personalmente vedo due diversi livelli del pericolo fascista, entrambi attuali e reali anche se molto differenti.

Il primo naturalmente riguarda la costituzione di partiti o movimenti ispirati a quello fascista (o nazista), e quindi di carattere eversivo, volti a sovvertire l’ordinamento democratico e instaurare un ordine autoritario, illiberale, con sospensione di almeno parte delle regole che consideriamo democratiche. Questi partiti o movimenti sono solitamente nazionalisti, xenofobi, autoritari, populisti e a volte manifestamente violenti (o con tollerate frange violente). Com’è noto questo è uno dei principali problemi politici dell’Europa, dove si vanno diffondendo rapidamente questi gruppi che oggi trovano, nel fronte No-Euro, un collante comune; per essere chiari: essere contrari all’Euro è un’opinione socio-economica legittima come qualunque altra e la si ritrova da destra a sinistra; sto semplicemente dicendo che movimenti per loro natura fascisti trovano oggi nell’opposizione all’Euro (la Troika come nemico esterno; la crisi come precondizione di malessere sociale; l’Euro come minaccia alla sovranità nazionale…) una nuova linfa e attrattività verso ampie aree popolari. Comunque: Alba Dorata in Grecia, il Fronte Nazionale in Francia, il Magyar Polgári Szövetség in Ungheria, solo per citare i più noti, sono partiti dall’enorme successo elettorale e dal DNA non semplicemente reazionario ma – con differenze importanti – abbastanza esplicitamente fascista. E molti altri partiti e movimenti analoghi troviamo in Gran Bretagna, Nord e Centro Europa etc. E in Italia? Lascio a voi l’esercizio…

Ma c’è un altro livello di penetrazione della categoria sociologica di fascismo, se non proprio di quella storico-politologica, che vi invito a considerare. Al di là della temperie storica, credo che occorra considerare l’azione sistemica di diversi fattori.

Precondizioni:

  1. una crisi sociale ed economica come condizione preliminare; crisi vera e drammatica per alcuni, o semplicemente paura di entrare in un tunnel di incertezza per altri, in ogni caso qualcosa come il periodo che stiamo vivendo da alcuni anni a livello globale;
  2. la diffusa ignoranza, disinformazione, incultura che pervade sempre più massicciamente ampie masse di popolazione; i dati OCSE sono lì a ricordarci come l’Italia sia in fondo alla graduatoria internazionale per competenze di base dei propri cittadini e lavoratori, e ciò si traduce anche in una difficoltà a decodificare il mondo e i suoi fenomeni, la politica, la società, lasciando ampie fasce di cittadini in preda alla credulità, alla demagogia, alle facili semplificazioni e alle errate generalizzazioni;
  3. una crisi ventennale della politica italiana che ha portato a un’irriducibile disaffezione verso questa e alla facile presa dei populismi demagogici (il popolo buono e virtuoso contro il potere malvagio).

Condizioni:

  1. leaderismo: il capo ha sempre ragione ed è indiscutibile; anzi: il gruppo (partito o movimento) è proprio il suo, ne è proprietario formale o comunque simbolico, a livello di immaginario dei seguaci non è possibile distinguere persona, idea e partito; il capo è forte, è virile (rarissimo trovare esempi storici di populismo al femminile), è tagliente, è santo. Qualunque verità oggettiva contraria a questo amore verso il capo viene minimizzata e annullata, e chi insiste è un nemico del capo e quindi un nemico del movimento;
  2. nessuna democrazia interna; chi obietta viene espulso o comunque emarginato e costretto ad andarsene, e questo appare logico e giustificato dai seguaci, che argomentano con esempi secondari e trascurabili di democrazia dal basso;
  3. annullamento degli avversari; non più manganelli e olio di ricino ma macchine del fango o rappresentazioni macchiettistiche che uccidono il valore argomentativo altrui, la credibilità delle persone e la plausibilità di un qualunque dialogo con loro;
  4. programma politico scarno e ipersemplificato; l’argomentazione sostituita da asserti stereotipati; slogan e parole d’ordine sono il linguaggio condiviso e riconoscibile, replicato all’infinito dai seguaci;
  5. ritualità: ci si veste in un certo modo, si partecipa alle manifestazioni in un certo modo, si definiscono persone e idee in un certo modo; conseguentemente si sente un profondo spirito identitario che induce alla solidarietà di gruppo e all’aggressività di chi è fuori dal gruppo (quindi un nemico);
  6. emergenzialità continua: i problemi sono sempre presentati come drammatici; i nemici sono sempre potenti e infami; il tempo per fare le cose agli sgoccioli. Ma l’impotenza di fondo della scarsa progettualità politica, e la necessità di non mostrare il fallimento di fondo delle speranze utopistiche alimentate, inducono a sempre nuovi messaggi apocalittici, a nuove campagne per serrare i ranghi contro i nemici, a nuove iniziative frizionalmente eversive che catalizzino l’adrenalina dell’indignazione prepolitica. Di fatto le ragioni reali della crisi e del disagio sociale non sono intaccate, consentendo il permanere dell’insoddisfazione anti-sistema assieme alla continua mobilitazione narcisistica.

Questi elementi affiorano, con diversa importanza, quali più e quali meno, in molti partiti e movimenti italiani. Lascio a voi ragionare, partito per partito, quanto siano affetti dagli elementi dal 4 al 9. E semmai ne aggiungerete altri. Quello che invece voglio segnalarvi io è che questo contesto congiunturale (punti 1-3) e questo così condiviso atteggiamento politico (punti 4-9) costituiscono una potente condizione di omologazione di massa che indubbiamente non è fascismo nel senso storico ricostruito sopra ma, io credo, ne è prodromico.

Omologazione significa pensare pensieri altrui utilizzando le sue parole (quelle del capo) privandosi della capacità di conoscere, comprendere, formulare un giudizio e costruire un proprio orizzonte valoriale.

Omologazione significa difendere le “proprie” idee come affermazione identitaria e personalistica (se critichi le mie idee critichi me, e quindi significa che mi vuoi male, quindi reagisco violentemente) aderendo solo alle cerchie di conoscenti ugualmente orientati, dove ci si dà ragione l’un l’altro sotto l’ombra rassicurante del Grande Padre.

Omologazione è considerare superflua l’informazione plurale e il contraddittorio, perché la Verità è già nota (è quella del capo, del gruppo) e chi argomenta diversamente in realtà vuole imbrogliare e mistificare e quindi è un nemico.

Omologazione è pensare, tutti assieme, che i problemi complessi sono stati inventati per imbrogliarci, e che ci siano sempre soluzioni semplici.

Siamo tutti un po’ omologati, naturalmente. Ma l’omologazione annulla la ragione, mina la democrazia e apre la strada ai fascismi del 2000.

Vogliamo cambiare?

Vogliamo essere persone?

Vogliamo avere pensieri originali?

Non omologhiamoci!

#Nonomologatevi!

Risorse:

  • Fascismo, di Renzo De Felice, “Enciclopedia del Novecento”, Treccani.it; nel suo paragrafo 4, conclusivo, De Felice ricostruisce le logiche trasversali del fascismo, limitandolo comunque ai movimenti del ‘900;
  • Nazionalsocialismo, di Hans Mommsen, “Enciclopedia del Novecento”, Treccani.it; per certi versi migliore del precedente articolo sul fascismo specie per il tentativo (non solo storiografico ma anche filosofico-politologico) di trovare gli elementi trasversali ai diversi fascismi (suo primo paragrafo);
  • La Legge Scelba (20 Giugno 1952, n. 645) che punisce il tentativo di ricostituzione del partito fascista e l’apologia del fascismo.
  • Se in Europa torna lo spettro del fascismo, di Luigi Pandolfi, “MicroMega”, 10 Aprile 2013; il caso emblematico Ungherese, retto da un regime di stampo fascista e le leggi illiberali promulgate, esempio di come si possa avere, nel cuore dell’Europa, un regime fascista democraticamente eletto.