Siamo un popolo di scrittori

snoopy

Chi non è buono a nient’altro diventa scrittore.

(William Somerset Maugham, Il filo del rasoio)

Sul piano culturale uno degli indicatori classici è quello della lettura: quanto leggi? (e cosa) è sempre stata una classica domanda nelle inchieste sui consumi culturali, quando non c’era Internet. Poi il combinato disposto di vari fattori, in primis appunto le nuove tecnologie della comunicazione, ha creato le condizioni per un drammatico calo della lettura (di libri, di quotidiani), un aumento dei fruitori Internet e – questo sì è veramente interessante! – un aumento degli scrittori. Paradossalmente calano i lettori (ma non tanto quanto si crede) e aumentano gli autori, un po’ come calano gli elettori ma aumentano i commentatori politici nei social network… In realtà i dati sono abbastanza contraddittori e vanno visti prima separatamente.

Incominciamo coi libri: secondo l’Istat le opere pubblicate sono passate dalle 50.269 del 1998 alle 63.800 del 2012.

Opere_pubbl

Nello stesso periodo gli editori sono calati, ma osservando un periodo più lungo (1990-2012) vediamo come dai 1.492 del 1990 ci sia stato un picco notevole fra la metà degli anni ’90 e i primi anni ’00, per poi calare e stabilizzarsi, in questi ultimi anni, attorno ai 1.600.

Editori

I lettori di libri (un indicatore più importante, ovviamente), sono costantemente cresciuti dal 1995 al 2012, sia pure con alti e bassi e non in maniera sostanziosa, salvo calare di ben 3 punti nel 2013 rispetto all’anno precedente.

Lettori libri

Quest’ultimo dato, indubbiamente grave, è stato ampiamente ripreso dalla stampa per sottolineare la crisi del libro ma, inserito in quadro storico più ampio, questa flessione non appare particolarmente indicativa rispetto al trend crescente (ovviamente si tratta di vedere cosa accadrà nei prossimi anni, per esprime un giudizio). Siamo speranzosi? Fino a un certo punto. Il trend di medio periodo non è negativo (forse) ma la comparazione internazionale ci fa impallidire, visto che siamo in fondo a tutte le classifiche di lettura.

Passando ai quotidiani il discorso si fa più difficile, sia per ragioni tecniche (l’accesso a una serie storica significativa di tirature/vendite/letture quotidiani è molto difficile) che strutturali (a differenza del libro che – in Italia almeno – non vede sfondare negli ebook, i quotidiani hanno una grande fruizione delle edizioni online che, evidentemente, falsano i dati relativi alla carta stampata). Secondo Istat, i lettori saltuari (leggono il quotidiano cartaceo almeno una volta a settimana) sono passati dal 60,1% del 1995 al 52,1% del 2012, con una flessione realmente significativa solo in questi ultimissimi anni;

Lettori quot 1

i lettori abituali (leggono cinque o più volte a settimana) sono passati dal 47,1% del 1995 al 36,7% del 2012.

Lettori quot 2

Dieci punti percentuali sono molti, ma qui va inserita l’incognita dei fruitori delle edizioni on line. Un articolo di un anno fa mostra, sulla base dei dati disponibili, che gli utenti unici dei quotidiani on line in Italia erano circa 8 milioni alla fine del 2013, rispetto ai quasi 21 milioni di lettori di edizioni cartacee. Nulla si può sapere delle sovrapposizioni di questi dati ma appare logico pensare a uno scivolamento dalla carta ad Internet, la cui importanza è rilevata anche da Istat in indagini più recenti. Ciò detto, pur caracollando, fra carta e Internet, a livelli più o meno stabili, siamo ultimi in Europa per fruizione quotidiani on line.

Una piccola conclusione sulla lettura degli italiani ci fa propendere per l’idea che i dati italiani non vadano malaccio come analisi di breve periodo a volte denunciano, ma appena mettiamo il naso fuori dai confini impallidiamo nel confronto con l’Europa e con i Paesi occidentali, relegandoci fra i popoli ignorantelli, come testimoniano anche le impietose analisi internazionali quali il rapporto PISA 2012 dell’OCSE di cui abbiamo già trattato su HR e la cui sintesi potete trovare on line. È indubbio che basse competenze in tutte le aree (lettura/comprensione, matematica e scienze) mal si concilia coi dati visti sopra rispetto alla lettura di libri e quotidiani. La questione si complica assai come state per vedere nella seconda parte di questo articolo, che riguarda la scrittura, perché leggeremo poco, ma certamente scriviamo molto.

Una delle tipiche forme di scrittura non creativa (intendo: non poesia e narrativa ma commenti di attualità, politici o altro) è il blogging, una straordinaria forma di comunicazione che unisce due elementi: la scrittura e la riflessione critica (anche se non necessariamente politica). In realtà la situazione (non solo italiana) è frammentata in una miriade polverosa di micro-blog (se ne stimavano oltre 500.000 oltre un anno fa) che scompaiono sotto la mole delle poche decine che ramazzano la gran parte dei lettori di blog: quello notissimo di Grillo, indubbiamente, ma poi il Post, Giornalettismo, la Ventisettesima ora, blog che assomigliano a quotidiani on line, con una redazione, molteplici autori e introiti interessanti dalla pubblicità; poi Gad Lerner, Luca De Biase e quei giornalisti che, già noti al grande pubblico, hanno saputo sposare anche questa forma moderna di giornalismo. Tolti anche i blog di associazioni, quelli che funzionano sostanzialmente come periodici on line (di cucina, benessere, scientifici…), il micro-blogging stenta a trovare visibilità, pubblico, credibilità (la classifica dei primi 500 blog italiani è aggiornata su BlogBabel; BlogItalia ha una classifica un po’ diversa ma cambia poco; no, Hic Rhodus non è ancora in questa classifica).

Cosa muovono questi blogger, in termini di opinione pubblica? Ci aiuta qui l’Osservatorio Blog 2014 curato da Imageware e Oprex che propone risultati strabilianti (sia pure con indagine su un ristretto campione non casuale). La stragrande maggioranza dei blog italiani si occupa di leisure e temi simili: moda, viaggi, cibo… e solo il 2% di tematiche politiche e sociali (sono l’8% in Europa).

1 - tema principale blog

Le fonti informative, quelle dai quali i blogger traggono materiale per riempire le loro pagine, sono per l’86% le proprie esperienze personali (91% in Europa).

2 - dove trovi info per blog

Ma soprattutto il 54% dei blog ha meno di 10.000 visitatori mensili (66% in Europa).

3

Riassunto: un microcosmo di blog piccolissimi, di riflessioni personali che, evidentemente, interessano quattro amici e poco più, che parlano del più e del meno, caricano foto di viaggio, raccontano la loro ultima ricetta…

Vorrei dare uno sguardo finale al self-publishing, un fenomeno altrettanto strabiliante del blogging. Col termine self-publishing si intende quel fenomeno editoriale che sfugge completamente alle statistiche viste sopra e che è esploso grazie a Internet, e che consiste nel auto-prodursi un libro distribuito su una piattaforma come Amazon (ma ce ne sono molte altre). I dati internazionali sono a dir poco strabilianti ma anche in Italia il fenomeno è in rapido aumento. Siamo un popolo di scrittori e chi ha un certo numero di follower su Twitter avrà notato quanti, nella bio, pubblicizzino il loro romanzo… (Alcune implicazioni “filosofiche” di questo fenomeno sono state da me trattate tempo fa).

E arriviamo a una qualche conclusione. I libri che si stampano in Italia sono molti e vengono più o meno comperati e letti oggi come anni fa; e i quotidiani sono in drastico calo nelle edizioni cartacee, ma in grande ascesa in quelle on line; il problema è che più o meno da sempre leggiamo libri e quotidiani molto meno dei nostri competitori occidentali, e se questo della lettura è un valido indicatore di cultura e istruzione non ci stupiamo di essere ultimi nelle classifiche del PISA. Ciò non di meno scriviamo un sacco, pubblichiamo libri e inauguriamo blog che per la maggior parte vengono letti dal coniuge e dalla mamma degli autori. È evidente che c’è una contraddizione che forse (qui le statistiche non ci aiutano) viene colmata dalla presunzione e dal narcisismo che contraddistingue il nostro Meraviglioso Paese Più Bello Del Mondo.