Per chi sono realmente fatti i manifesti di Intimissimi. O: la questione di genere è solo una questione di tette?

In questi giorni una ragazza bella, o forse anche bellissima, fa mostra delle sue grazie in manifesti giganteschi in tutta Italia. Non ho dati statistici sui tamponamenti provocati da questi manifesti ma ho percepito un certo malumore in rete. Dagli amici maschi, naturalmente.

Schermata 2017-05-15 alle 13.21.50Pur avendo un’età, come dire?, non è che uno sguardino non l’abbia dato pure io, ammirando il brand di intimo femminile terzo (come gruppo, assieme a Calzedonia e altri) come fatturato nel tessile nazionale. Chiunque può vedere la qualità del pizzo, l’accuratezza delle cuciture e l’evidente comfort per chi l’indossa. Ma, come avrete capito, questo non è un post per la categoria “Economia”. Guardando Irina Shayk in bralette (e non venitemi a dire che non sapete cosa sia una bralette!) giuro che ho pensato, nell’ordine:

1) Perbacco, che graziosa fanciulla!

2) Ohibò, che ottima manifattura!

3) Ma codesta réclame a chi sarebbe diretta, esattamente?

La domanda di cui al punto 3 è ovviamente retorica, almeno nel senso che i meccanismi pubblicitari sono abbastanza noti anche al grande pubblico e io non voglio parlare neppure di pubblicità.

Nel nostro Paese, dove persiste la visione del ruolo ancillare della donna, la pubblicità la usa per attirare l’attenzione, rallegrare, stimolare l’erotismo, a far identificare il prodotto con piacere, allegria, spensieratezza. Alle donne acquirenti si chiede di immedesimarsi con le modelle seducenti o con le mammine felici. E le stesse ditte che, come la Muller, all’estero promuovono una figura di donna moderna, e nelle cui pubblicità compaiono donne di tutte le età, di fisici diversi, vestite normalmente, in Italia si ostinano a «far l’amore con il sapore» (Annamaria Arlotta, Un prodotto chiamato donna, il corpo acefalo della pubblicità, “il manifesto”, 14 Maggio 2017)

Quello su cui vorrei riflettere è il corpo femminile e le ragioni del suo uso in questi termini. Non voglio parlare di donna-oggetto, di mercificazione e di altre pertinenti questioni sociologiche; vorrei pormi una questione più profonda, o meglio: più a monte. Prendiamo come dato che ci sia un ritardo culturale nella parità di genere, che la società sia maschilista eccetera. E assumiamo che ciò derivi da situazioni antichissime in cui la femmina partoriva nella grotta mentre il maschio la difendeva dalla tigre dai denti a sciabola. Tutto questo è ok, ma la domanda primaria è: acbd28556355debab8972aab5a0029fcperché un paio di tette sconvolgono gli ormoni dei maschi e indirizzano sguardi invidiosi nelle donne, come nella famosa foto di Sophia Loren che guarda preoccupata il capezzolo far capolino dalla scollatura di Jayne Mansfield.

Ragioniamo un attimo: di caratteristiche sessuali primarie e secondarie entrambi i generi ne hanno diverse; perché il seno? E perché colpisce lo sguardo anche delle donne?

Dobbiamo andare all’origine della nostra specie e cercare di capire come mai la femmina dell’homo sapiens, a differenza di tutti gli altri mammiferi, sviluppa il seno indipendentemente dalla fertilità e dalla gravidanza. Perché il seno e i capezzoli eccitino sessualmente il maschio etero (a differenza, anche qui, di tutte le altre specie).

La ragione, per come ricostruite da antropologi e biologi, parte dalla considerazione dell’acquisizione della posizione eretta e dalla scomparsa alla vista degli organi genitali femminili; le mammelle si sarebbero evolute per imitazione dei glutei, che nella posizione di accoppiamento posteriore (tipico della posizione quadrupede) determinava l’oggetto di desiderio sessuale. Con la posizione eretta e l’accoppiamento ventre a ventre viene a mancare questa forma di segnale, e l’evoluzione avrebbe provveduto. Altri elementi (aggiuntivi, perché un’ipotesi non esclude l’altra) è l’allattamento e l’ossitocina rilasciata in quell’occasione:

L’ossitocina, agendo di concerto con la dopamina, aiuta dunque a forgiare il legame madre-bambino. Questo legame non è solo il più bello di tutti i legami sociali, ma può anche essere il più duraturo, non spezzandosi per tutta la vita, innescando nel bambino un rinforzo positivo legato alle mammelle (fonte).

Qualunque sia la ragione evolutiva del seno femminile, è chiaro che è legata alla sfera della sessualità, e non a quella della riproduzione. Il seno, specie se prosperoso, è un richiamo sessuale, come e più dei fianchi, dei capelli lunghi e delle labbra carnose. Il seno viene associato alla relazione sessuale dai maschi eterosessuali ma anche, questo è importante, dalle donne.

È importante sottolineare questa equivalenza di genere: ai maschi eterosessuali piace guardare il seno femminile così come alle femmine piace valorizzarlo. Prima di coprirmi di contumelie per favore ragioniamo. È indubbio che moltissime donne cercano di sottrarsi a questo stereotipo, come altrettanto indubbio è che ci sia una bella differenza fra lo stimolo erotico del seno durante il felice amplesso di una coppia e l’uso volgare del seno per vendere pneumatici, salami, pentole e qualunque altra cosa. Vi prego di credere che sono assolutamente consapevole della differenza. Ma se il seno fa vendere le pentole (le orecchie no, il naso neppure, neppure le spalle…) dobbiamo capire perché, e il perché non è nel sessismo; il sessismo esaspera, mercifica, involgarisce un tratto che sta a metà fra il culturale e il biologico e che precede il sessismo. Prima è venuto il seno come stimolo erotico, poi è nato il sessismo, sarebbe difficile sostenere il contrario.

Schermata 2017-05-13 alle 14.32.16Ebbene, una constatazione abbastanza facile riguarda la quantità di giovani donne che valorizzano il proprio seno (semmai comperando una bralette di Intimissimi), che lo esibiscono, ostentando pose plastiche idonee solo a far ulteriormente sporgere le sporgenze, vestendo abitini che altro non fanno che urlare messaggi ormonali… e se poi sei una Vip sufficientemente bonazza giù di abiti improbabili che servono solo a esibire le tette, riprese poi dai quotidiani anche seri per realizzare un opportuno click baiting. Le donne usano il seno (casi specifici a parte); gli uomini lo sanno, e le donne sanno che gli uomini lo sanno. Diciamo che, involgarimenti a parte, può essere un gioioso gioco fra generi, specie quando maschi e femmine sono giovani e arriva la Primavera?

Se – care lettrici – non vi siete arrabbiate finora, credo che quest’ultima parte del post vi farà uscire dai gangheri. Perché una conclusione è che la questione di genere sia, alla fine, una questione di tette. Diciamo che risolviamo – per evoluzione culturale, conquista etica o imposizione giuridica – tutte le questioni socio-economiche relative alla disparità sociale fra i generi; immaginiamo un futuro (sperabilmente a breve) in cui uomini e donne siano ugualmente valorizzati e pagati, le donne accedano per merito alle più alte cariche e anche per la maternità si trovino soluzioni non penalizzanti per la donna. In questo mondo paritario (e molto civile) le donne avranno ancora le tette. E saranno guardate, e desiderate, anche in relazione a questo dettaglio anatomico, rendendo asimmetrico il rapporto uomo-donna. Il seno femminile grida la sua implicita carica erotica, che la portatrice sia d’accordo o no; e il maschio che vi si trova davanti percepisce quel segnale, anche se secoli di civiltà e di cultura borghese lo hanno addomesticato e farà finta di nulla. Ma la donna lo sa. E sa che anche l’uomo lo sa.

La mia personale conclusione, affinché non ci siano equivoci, è molto semplice: no alla volgarizzazione e mercificazione sessista del corpo della donna, e divieto di fare campagne allusive. Ma anche: accettiamo il fatto che uomini e donne devono essere uguali nei diritti, non nella relazione biologica e affettiva dove possiamo giocare sulle nostre reciproche differenze, accettarle come parte di una danza erotica ancestrale che valorizza la nostra specie e di cui è lecito gioire.

Risorse sulla pubblicità:

Risorse sulle origini delle mammelle:

Post Hic Rhodus sul corpo femminile: