Post pessimista. Se siete già depressi per conto vostro vi sconsiglio caldamente di leggerlo. Il fatto è che mi chiedo, come tutti, “dove stiamo andando?”, e mi cruccio pensando che “si stava meglio una volta”, e mi pare che tutto vada in malora… Però sono consapevole che ogni generazione ha guardato con sospetto l’evolversi dei tempi temendo il futuro, e so – con tanti bei dati alla mano – che non siamo mai stati tanto bene come oggi (ne abbiamo scritto su HR: viviamo di più, siamo globalmente meno poveri e malati…). In Europa poi, non vediamo più guerre da settant’anni (beh, a parte i Balcani, e l’Ucraina, e Belfast). E il progresso, gente, dovrà pur risolvere tutti i problemi, se no che progresso sarebbe?
1000 anni di guerre
Ho il sospetto, però, che questo ragionamento zoppichi. Se il progresso fosse così felice e rassicurante, e se vedessi solo facce soddisfatte di persone ben pasciute, perché mai dovrei avere questa fastidiosa sensazione di disfacimento, di orizzonti precari, di futuri incerti? Il fatto è – propongo – che sono vere entrambe le cose: che tutto va meglio e che tutto va anche, contemporaneamente, peggio. E’ come quando l’ISTAT dice che aumentano sia gli occupati che i disoccupati, e chi non sa leggere i dati pensa che ci sia un imbroglio e invece si tratta di un fenomeno che può esistere, e di cui è facile trovare spiegazione. Ecco, ho come l’impressione che sussistano, assieme e contemporaneamente, fattori positivi di miglioramento innegabili e altri chiaramente di forte peggioramento, per cui occorre semplicemente cambiare un pochino la domanda in: “fra spinte evolutive compatibili con la nostra sopravvivenza come specie e spinte evolutive incompatibili, quali avranno la meglio?”
Esplosioni nucleari 1945-1998
Per esempio la medicina ha fatto progressi sorprendenti e ben visibili, e non solo non siamo costretti a morire a 40 anni, come i nostri avi, ma ci avviciniamo alla possibilità di viverne 100, 120, anche se non si capisce per fare cosa. Ve lo dico: 120 no, forse forse neppure 100, ho troppa paura di annoiarmi, ma un’ottantina mi sta bene, e ringrazio la medicina moderna di avermi salvato da una polmonite e di sostenere chimicamente le prime disfunzioni del mio corpo che inizia a incepparsi. Benebenebene. E’ anche per questo, assieme a un’agricoltura più razionale e produttiva e ad altri fattori parimenti frutto del nostro sapere contemporaneo, se siamo arrivati a sette miliardi e mezzo di individui (QUI per vedere in tempo reale la fantastica velocità della crescita demografica). E come sapete l’overshoot day (il giorno simbolico in cui ci siamo consumati le materie prime, sostenibili solo se usate in un intero anno) è caduto il 2 agosto, ma ogni anno questo spartiacque viene anticipato di diversi giorni.
Esplosione demografica
Perché tutti abbiamo fame e dobbiamo pur mangiare (oddio, meglio detto: tutti abbiamo fame e chi può vuole mangiare tanto – guardate QUI le enormi disparità), ma poi vogliamo l’automobile, meglio due e forse tre, i condizionatori d’aria, l’acqua potabile per innaffiare il giardino e tante belle cose che sono entrate nello standard di vita degli occidentali come se fosse ovvio e naturale avere il condizionatore d’aria (e mi chiedo come ho fatto a sopravvivere da giovano quando non esistevano e comunque non si usavano). Io, onestamente, non voglio e non posso rinunciarvi. Lavoro – e scrivo i miei post – in una splendida veranda solare affacciata al giardino; capite che d’estate è un formo e il condizionatore per me è vitale! Ovviamente è così anche per voi, per gli europei e gli americani, per i 6-700 milioni di ricchi cinesi, per quelli indiani e per tutti quelli, non ancora ricchi, che non vedono perché proprio loro dovrebbero rinunciare alla frescura per un po’ di emissioni tossiche, ecchediamine!.
Emissioni CO2
E poi i telefonini, i gadget, gli utilissimi regali di Natale, il quadruplo servizio di stoviglie e posate, i 25 shampo e balsami, la cuccia confortevolissima per il cagnone, le tre televisioni, i candelabri di ottone presi in Baviera, i magneti per coprire il frigo, … Oggetti. Oggetti e ancora oggetti. Moriremo soffocati dalle lattine, dalle bottigliette, dalle confezioni misteriose non riciclabili, dei mobili ed elettrodomestici e utensili rotti, o vecchi, o non più di moda, perché assolutamente tutto, ormai, dura volutamente pochissimo. Il solo problema della plastica sta diventando una serissima questione planetaria perché si riduce in polvere ingerita da uccelli e pesci, e quindi finiscono nei nostri stomaci (ma cosa ci importa? La medicina ci sa ripulire…).
Plastica nell’Oceano Pacifico
Ora, sia chiaro, non voglio scrivere un post “ecologico”, perché non è il mio settore e sarebbe altamente scoraggiante (BTW, letto dell’apocalisse degli insetti? da far veramente tremare le vene ai polsi…).
Deforestazione amazzonia
Ciò di cui stavamo ragionando era il bilanciamento fra buone notizie dal fronte umano (abbiamo l’Oki per il mal di testa, abbiamo l’iPhone per fare i giochini, fra un po’ si farà Londra-New York in tre ore…) e notizie pessime (guerre, ingiustizie nell’accesso a risorse basilari, inquinamento…). E in me torna quindi prepotente il quesito iniziale: chi vincerà? La medicina, le tecnologie ci salveranno? O l’inquinamento e le guerre ci stermineranno? Io non lo so, ma Stephen Hawking, che certamente ne sa un po’ più di noi, dice che dovremmo cambiare casa (= pianeta) nei prossimi 100 anni (aveva precedentemente detto 1.000; il fatto che abbia drasticamente ridotto il termine della nostra sopravvivenza sulla Terra mi scompensa non poco).
Naturalmente nessuno sa un bel nulla. Gli allarmi si susseguono ai cessati allarme, poi smentiti a loro volta: il buco nell’ozono, ah, no, si è ridotto! Il cambiamento climatico, ah beh, ma forse è sopravvalutato l’effetto umano; la plastica, ah sì ma abbiamo la molecola capace di distruggerla completamente… Se si vive sempre di più e meglio col cancro e addirittura con l’HIV, se stiamo per sconfiggere l’Alzheimer, se perfino la Cina si è messa seriamente a combattere l’inquinamento, dai, forse ce la possiamo fare. Trump a parte, ovvio. E questo è il bicchiere mezzo pieno.
Il bicchiere mezzo vuoto è l’incalzare di guerre sempre più subdole e diffuse, il consumo di risorse a ritmi sempre più veloci col crescere della popolazione e del benessere (un serpente che si morde la coda: più benessere = più figli e più distruzione dell’ambiente, quindi nuove tecnologie e quindi più benessere – non per tutti) ma, soprattutto (ecco che siamo al punto cruciale del mio discorso) non c’è e mai ci sarà la volontà per il cambiamento, per quello necessario.
Quante automobili avete? Siete disposti a rinunciarvi a favore dei mezzi pubblici? Quanti condizionatori? Potete tenerli spenti? Quanta carne mangiate, quanta energia elettrica sprecate, quanto vi dura un maglione, quante paia di scarpe ritenete giusto possedere, che vacanze fate, che prodotti esotici consumate? Siete disposti a riconsiderare il vostro stile di vita? Che ne dite? Tanto la risposta non la sento, potete essere sinceri con voi stessi: meno lavatrici e lavastoviglie = assai meno spreco di energia elettrica (la cui produzione inquina), di acqua (bene prezioso e in calo) e di saponi. Quindi, questa sera, poca acqua nel lavello, una bella brusca e giù con l’olio di gomito! E basta andare fin davanti al panettiere con la macchina, che poi girate mezz’ora per trovare parcheggio: mezzi pubblici e camminata, che buttate anche giù la pancia! E fatevele durare quelle scarpe, che mica si buttano dopo una stagione! E i mandarini spagnoli lasciateli agli spagnoli, lasciate ai marocchini la loro frutta, lasciate ai cinesi i loro pomodori, che solo per portarli dalla Cina alla vostra tavola si è sprecato carburante che inquina come un anno la vostra scassata Panda, e si sono spesi soldi che ci mangiava un’intera tribù amazzonica! Siete disposti?
Ve lo dico subito io: no. No, no e poi NO! Io voglio vivere bene, e sano, e pasciuto, e rinfrescato d’estate e riscaldato d’inverno, con tutte le luci accese in casa, mangiare il goji che non so cosa sia ma fa tanto bene, e concupire l’ultima meraviglia telefonica che fa foto da 12 megapixel – dico: do-di-ci-me-ga!! – laser autofocus, HDR automatico e stabilizzatore ottico, indispensabili per postare su Facebook le foto dei nostri piedi e l’occhio torvo del nostro gatto. E voglio il salmone norvegese e gli edamame che fanno bene per il colesterolo che io ce l’ho, capite? Gli edamame sono indispensabili come il camu camu che è antiossidante, porca misera! Io non sono disposto a rinunciare a nulla, compatibilmente con la cultura in cui vivo e con l’unico limite del mio reddito. E non voglio fare la figura del pezzente con gli amici, o sul lavoro, e quindi non posso mettere sempre il maglione logoro e i pantaloni di due anni fa, evvia, un po’ di decoro me lo volete consentire?
Nessuno di noi vuole realmente rinunciare a nulla. Facciamo malamente un po’ di raccolta differenziata; partecipiamo distrattamente a qualche opera caritativa perché sarebbe veramente orribile il contrario; non vi va bene? Ok, cominciate voi allora, date il buon esempio e fate vedere come si sta bene tornare ai birocci a cavallo e ai lumi a petrolio, lo fanno gli amish, potete farlo anche voi che criticate tanto, no?
Ecco la ragione del mio tendenziale pessimismo. Il baratro lo vediamo benissimo ma siamo su un’auto che vi si dirige a forte velocità ed è priva di freni. Il progresso non si può fermare (mi fanno ridere gli appelli all’eticità che ogni tanto vengono riproposti) e il progresso nella società capitalistica (oggi dite ‘liberista’, chiamatela come volete) non può che desiderare espandersi, ed espandersi, ed espandersi, divorando tutto compreso, infine, se stesso. I penosi salvataggi di balene spiaggiate, la giornata dell’albero, i negozietti equi e solidali sono truffe etiche. Non salviamo niente tranne la nostra coscienza desiderosa di essere truffata. E i vestiti usati nelle campane della Caritas li portiamo solo perché abbiamo comperato quelli più fighi, e ci vergogniamo di buttare via i vecchi, così a costo zero “ facciamo del bene”. E comperiamo la macchina nuova Euro 5, “così non inquiniamo”. E ci commuove l’orso che muore di fame [http://www.lastampa.it/2017/12/09/societa/lazampa/animali/il-grande-predatore-muore-di-fame-lorso-ucciso-dal-clima-che-cambia-en9QlsRzl4VOcBKRkKDzvM/pagina.html] ma, sinceramente, cosa diavolo volete che ci faccia io? Mica è colpa mia! Mica è colpa mia…