Voglio uno Stato amorale

In un’intervista assai pessimista sul tema Covid, del sociologo Ricolfi, guarda caso coeva al post di Filippo Ottonieri sullo stesso tema, qui su HR, discutendo sulle specificità italiane (peggiori rispetto alla maggioranza di altri paesi) lo studioso delinea una similitudine parziale solo con i dati degli Stati Uniti e una più marcata con quelli della Gran Bretagna, e la spiega così:

Forse è casuale, o meglio è frutto di un complesso di fattori, che insieme hanno prodotto il medesimo risultato. Ma potrebbe anche non essere del tutto accidentale, se riflettiamo su un punto: Italia, Stati Uniti e Regno Unito, fra i paesi di tradizione occidentale, sono i soli con un governo populista.

Sul Riformista, invece, Alberto Veronesi scrive un post eccessivamente colto, eccessivamente zeppo di citazioni, ma molto pertinente e centrato, sulla terrificante pretesa di Alessandro Di Battista di imporre uno Stato etico (sulla scorta di una sua intervista televisiva, sapete che Dibba è tornato, no?). Populismo ed etica, in questi due articoli diversi e indipendenti, ma curiosamente apparsi nelle stesse ore, ricalcano un tema ricorrente qui su Hic Rhodus: la mostruosità dell’idea di uno Stato governato dall’etica.

Ci sono alcuni concetti collegati, che si sovrappongono in piccola o grande parte: etica, morale, ideologia non vogliono dire la stessa cosa ma si intrecciano in spirali avvolgenti che trovano una sintesi suprema nel populismo, che nella versione dibattistiana trova una densità pregna di pericoli assolutistici. Potrei – giusto per comodità espositiva – sintetizzare così la questione:

Si assume una determinata ETICAla si trasforma in IDEOLOGIAche diventa norma MORALE di comportamento

Sulle differenze fra ‘etica’ e ‘morale’ lasciatemi sorvolare e accettate, cortesemente, questa declinazione che è una di quelle consuetudinarie.

Quindi il laminatoio populista trasforma un’idea, un contesto di esplorazione, una riflessione in costante divenire, in una pietra; la morale (quella morale) come guida al comportamento. Una sola morale, quella giusta, come stabilito dall’apparato ideologico potentissimo (altro tema ricorrente qui su HR).

Per innumerevoli ragioni, tutte legate alla condizione umana per un verso, e per altro verso potentemente influenzate dal linguaggio tramite il quale, necessariamente, si tratta l’etica, si struttura l’ideologia, si comunica quindi la morale, questa può diventare oggetto di pratica collettiva solo attraverso l’obbligo di un Ente Terzo. Stabilire quale delle innumerevoli varianti di ciascuna delle mie azioni sia quella, proprio quella, giusta rispetto alla morale codificata dall’ideologia, non può essere che giudizio altrui. Il giudizio di Dio, per esempio, che deve necessariamente essere interpretato dai suoi vescovi e chierici. O – tornando a ciò che ci interessa qui – il pensiero dello Stato di Di Battista, che ti dirà con chi fare certe cose e come farle, quali sono “giuste”, quali “sbagliate”, quali “vietate”.

E’ lo Stato massimalista, totalitario, o più in breve fascista, sia che sventoli bandiere nere, o rosse o multicolore.

Il pensiero etico deformato dall’ideologia sta crescendo in molte forme e componenti nel mondo. Decidere che certe persone sono meglio o peggio di altre, che certi Paesi siano qualcosa di più o di meno di altri, che certe azioni sia più giuste di altre è sempre una questione di etica, che è necessaria, ovviamente, salvo pensare che tutto il mondo sia grigio e il relativismo sciocco e avaluativo debba essere l’unico pensiero corretto. È l’ideologia che trasforma i diritti delle donne e le lotte necessarie per una loro reale emancipazione in nazifemminismo alla #MeToo. È l’ideologia che trasforma la legittima ambizione di un paese di emanciparsi, evolversi e dare sicurezza e protezione ai propri cittadini in America First. È l’ideologia che trasforma un mercante filantropo del ‘600 in orco e un giornalista del secolo scorso in fascista da umiliare post mortem. Le ideologie del ‘900, comunismo e fascismo, sono state esplicite nella loro costruzione degli orrori ideologici e nelle galere morali (e non solo quelle), e quindi in un certo senso più riconoscibili, più eroiche. Milioni di persone hanno creduto in Mussolini e Hitler da una parte e in Stalin, Mao e Castro dall’altra, e hanno combattuto e sono morte credendo, ciascuna parte, di essere nel giusto.

Il populismo è più scaltro. Intanto il linguaggio, poi i comportamenti, poi la macchina ideologica, sono poco visibili, poco eclatanti; direi mimetici. Le parole d’ordine sono poche e lasche, possono mutare, adattarsi, essere sostituite dal loro contrario. In ogni caso vale un principio irrinunciabile: qualunque cosa propugni, in quel momento, lo Stato populista, quella, da subito, è la verità. Fino alla prossima. Ciò dà un ruolo strategico ai capi, i leader, i chierici del populismo: non solo i Di Battista, quindi, ma anche i Casalino, i Fusaro, i Davigo, le mille e mille persone che pensano che il giornalismo abbia una missione, che la magistratura abbia una missione, che la scuola abbia una missione “morale”. 

Oggi l’Italia è consegnata mani e piedi al populismo. Abbiamo un governo populista ancora moderato dal fatto che una componente, quella del PD, è in mezzo al guado, fra il riformismo che fu di Renzi e il populismo di Crimi, Di Maio, Taverna. E ora, con l’arrivo di Di Battista, si sta imprimendo un’accelerazione alla trasformazione dello stato italiano in uno stato etico populista, vale a dire uno stato con un’etica popolare, popolana, popolaresca, flessibile, incredula, edonista, solipsista, egoista, pronta a seguire il pensiero unico del momento, come le canzoni dell’estate, che durano un paio di mesi e poi via con qualcos’altro.

La vicenda della pandemia è un esempio palmare: un governo populista e regioni populiste hanno preso tardive e confuse iniziative, e il popolo ha seguito l’andazzo con la fase 2, ma sì, basta con ‘ste fregnacce! La politica estera? Si riduce alle arance in Cina! La Libia? Non pervenuta, ma chi se ne importa di quei marocchini, basta che non sbarchino da noi! Le politiche industriali? Stato, stato, e ancora stato, così garantiamo la pace sociale, nessuno si fa male e poi qualcuno ci penserà a pagare! La scuola? Boh? Ma avete capito cosa succederà a settembre? Ecco, il populismo ha la forza delle chiacchiere laddove fascismo e comunismo avevano la forza degli slogan. Ogni giorno i giornali ci presentano una marea di chiacchiere, ma mai, assolutamente mai, un vero dibattito, delle vere idee, dei programmi sui quali prendere decisioni.

Così, nelle forme contorte e faticose che sapete, arriveranno anche i soldi europei, che noi butteremo allegramente nel cesso. E riprenderanno a salire i contagiati, ma nel populismo a chi tocca nun se ‘ngrugna – come dicono a Roma. E salveremo l’Alitalia per il prossimo secolo, quando tutti i paesi occidentali avranno flotte di razzi per Marte ma noi staremo ancora a pensare a come salvare quella compagnia. E l’ILVA vorrei proprio sapere come andrà a finire, visto che non se ne parla più neppure nei tristi quotidiani italiani. E la magistratura è marcia di populismo giudiziario, persino Mattarella se n’è accorto e adesso hanno fatto questa mossetta di cacciare Palamara ma il sistema è tuttora in piedi. 

Ecco il capolavoro del populismo: il massimalismo col sorriso di Di Battista, il fascismo con le fortissime ragioni etiche delle nazifemministe, dei collettivi antifa, dei “restiamo umani”, che se osi dire che forse c’è qualche problemino diventi subito un maschilista, un fascio, un cinico amico degli schiavisti.

Allora lo dico chiaro e tondo ancora una volta: sono contro lo stato etico, sono contro l’ideologismo, contro, con tutte le mie poche forze, il populismo nelle tante facce che indossa, sono contro il pensiero unico, il politicamente corretto mi fa orrore, il perbenismo piccolo borghese mi fa schifo, provo compassione per le persone invase, nelle loro menti, da ideologie di cento o duecento anni fa, e che si fanno condurre per mano da pensieri pensati da altri, in altre epoche e circostanze. 

Ve lo dico: provo orrore del mondo e mi ancoro ai pochi sprazzi di razionalismo che sopravvivono, sempre più stancamente, nel mondo. Sprazzi che in Italia sono davvero esigui, e che da tempo hanno abbandonato la sfera della politica.

(In copertina: Allegoria della morte, Giardino dei Tarocchi, Pescia Fiorentina – Foto di Claudio Bezzi)