Le false argomentazioni dei retori e populisti inquinano il vostro cervello. Imparate a difendervi!

Periodicamente scorro da cima a fondo il Fatto Quotidiano, e specie i suoi blog, abbastanza sicuro di trovare delle grossolane imposture (o delle più subdole e sottili fallacie logiche) e le utilizzo per proporre – qui – un’analisi sulla corretta argomentazione.

In generale, prendendo di mira un determinato autore, che scrive determinate fesserie, evito gli asserti emotivi e propongo analisi filologiche, logiche, semantiche, ovvero cerco di usare quelle fesserie come caso di studio, e i miei argomenti come proposta di strumenti che affido ai lettori con questo messaggio implicito: Attenzione a ciò che leggete, ci sono trappole subdole ma, con pazienza, si possono evitare.

Ovviamente occorre un po’ di testa (e questo lo do per scontato fra i miei lettori) e soprattutto mooolto tempo; le boiate, invece, circolano in fretta approfittando del fatto che nessuno (quasi nessuno) ha questo tempo: vai al lavoro, torna dal lavoro, prendi i figli a scuola, pranzo, palestra, piscina del pupo, spesa, cena… Il tempo per pensare ci viene sistematicamente sottratto e nell’elenco delle priorità quotidiane la lettura critica di un testo marginale, per stabilirne eventualmente una confutazione, oscilla fra il 100° e il 120° posto, o più giù. La conseguenza ovvia è che ingurgitiamo senza volere una quantità colossale di balle, mala informazione, opinioni presunte qualificate che tali non sono, che lentamente incidono sui nostri schemi mentali. Non già palesi fake news ma testi elaborati, scritti da persone acculturate, pubblicate su testate “normali” (?) che lasciano un piccolissimo segno. Un segno oggi, un graffietto domani, un’ammaccaturina il giorno dopo, le nostre idee (giustamente e normalmente vaghe sul 90% dei possibili argomenti umani) si orientano verso determinati orizzonti.

Uno degli scopi di questo blog è di mostrare queste trappole. Noi non dobbiamo vendere copie di nulla, siamo e rimarremo blog di nicchia, e i lettori di questi post, in particolare, sono abbastanza pochi (sono così noiosi!), quindi possiamo urlare – nel nostro piccolo – Attenti, anche così vi stanno manipolando!!

Il caso di oggi è veramente minimo; un tal Pierfranco Pellizzetti, del quale trovo solo auto-biografie (non ha una pagina Wikipedia) che ci dicono essere stato professore (non so di che), imprenditore (non so di cosa) e vario altro sempre di molto generico, scrive sul Fatto Quotidiano il suo convinto appoggio al “Sì” al referendum; una posizione che certo non ci sorprende visto che il Sì è largamente maggioritario nel Paese e vista la testata su cui Palazzetti fa il suo outing. Oggetto di critiche per questa sua dichiarazione (dice lui), torna e insiste, sulle medesime colonne, con un secondo post in cui ribadisce le sue posizioni spiegandosi meglio (?). Premesso che certamente Pellizzetti è una bravissima persona e che ha diritto alle sue opinioni, vi mostro ora come si smonta il suo piccolo gioco pseudo-argomentativo, e lo faccio – come detto sopra – per mostrarvi un percorso logico, un modo di affrontare i testi di questo genere ed evitare trappolone e trappoline (se solo avete quelle 3-4 ore al giorno per dedicarvi a ciò; se non le avete… allora Hic Rhodus!).

Partite sempre dall’autore (/trice): chi è colui/colei che scrive? Se è persona a voi nota ha già un’aura di credibilità alta/scarsa, ma se è un Pellizzetti che non avete la più pallida idea di chi sia, forse vale la pena indagare; leggiamo la sua breve (auto-)biografia sul Fatto Quotidiano (sono sempre, di regola, agiografiche ed autocelebrative, dovete saperlo; non sono biografie apparse sulla Treccani e dovete sempre fare la tara). Abbreviando la parte gigiona e inutile, apprendiamo fra l’altro:

Ho scritto per il Secolo XIX, il Fatto Quotidiano, il ManifestoLa Vanguardia di Barcellona e, sino al dicembre 2017, per la pagina locale de la Repubblica. Continuo a farlo per MicroMega (dal 1996) e Critica Liberale (dal 1976).

Manca Libero e poi il Nostro ha fatto Tombola. Certo – lui dirà senz’altro – da liberale quale si fregia di essere non ha pregiudizi, basta che nessuno gli imponga di scrivere cose che lui non condivide. E sono sicuro che nessunissimo gli imponga nulla (a Pellizzetti, ma scherziamo?) ma io non ho dimenticato la lezione mcluhmaniana: “il medium è il messaggio”. Scrivere sul Fatto Quotidiano, per esempio, significa accreditare personalmente, avvalorare, la linea editoriale del Fatto, che non azzecca nulla con quella del manifesto, men che meno Repubblica, per non parlare poi di Micromega… testate diverse, di orientamento diverso, che sono oggettivamente schierate su posizioni diversissime, ma tutte ugualmente accettate dal Nostro che non guarda, evidentemente, per il sottile. 

Il suo primo testo per il “Sì”, del 25 agosto, è un esempio simpatico di come costruire una pseudoargomentazione (fallacie logiche a iosa). Il Pellizzetti sa, e scrive, che non è vero che si risparmieranno soldi e ci sarà maggiore efficienza, come mentono i grillini, ma lui ugualmente voterà “Sì”, sic et simpliciter,

per il valore simbolico che assume questo voto: mandare un segnale alla corporazione politicante. 

Liquidata questa finta argomentazione (non si argomenta nulla, si asserisce solo di volere fare un dispetto, chiamandolo “segnale”), il resto del suo post è una specie di gara alla giustapposizione di asserti che non consolidano la dichiarazione precedente (per esempio: in che modo picconare la Costituzione in mancanza di alcuna garanzia costituisce un segnale? Per chi? Come si aspetterebbe che questo segnale sia interpretato, e con quali conseguenze?) ma che vagano scomposte e isolate condite con qualche spolverata di citazione erudita.

Il meccanismo che vi mostro, quindi, è piuttosto banale: seppellire sotto una montagna di fuffa un unico asserto importante, e tale asserto non motivarlo in alcun modo. Chi legge frettolosamente coglie con chiarezza il “Sì” del Pellizzetti (e questo è il vero e unico messaggio che deve arrivare) perdendosi poi in un ginepraio di parole vuote che non si concretizzano in un ragionamento (tentate – se avete tempo da perdere – di fare una prova aurea: leggete il testo e fatene un riassunto di cinque righe, solo della parte successiva alla citazione che vi ho già proposto; impossibile. Non si può riassumere il bla bla bla vuoto).

Come detto l’Uomo ha scritto un secondo post il 15 settembre dove riprende il suo pensiero per difendersi dai critici (dice lui). In questo secondo testo il Pellizzetti mostra che l’età conta, come esperienza e come furbizia, e proprio all’inizio lui dichiara:

Certo, le argomentazioni ufficiali a sostegno del provvedimento sono risibili: una ipotetica maggiore efficienza che scatterebbe al di sotto del numero magico 600, che portata alle estreme conseguenze potrebbe far concludere che la terapia ottimale è quella di azzerare le Camere (così non si perde tempo a discutere…); un risparmio insignificante rispetto alla montagna di sprechi della nostra vita pubblica, quando ben maggiori sarebbero i vantaggi che si otterrebbero imponendovi il criterio della gratuità (il politico come bricoleur; e al diavolo se solo i molti abbienti potrebbero permettersi un tale impegno di servizio…). Ancora maggiori sono le opinabilità degli esercizi argomentativi pro rigetto del provvedimento in questione. A prescindere dalla paternità attribuita ai fastidiosi e/o deludenti Cinque Stelle, alla ricerca di un appiglio per salvarsi dalla caduta libera a cui la loro pretenziosa insipienza li condanna.

Capito il furbacchione? Vi toglie tutti gli argomenti facendoli suoi, dichiarando che sono ovvi, che lui è d’accordo,

MA…

che ipocrisia la “sacralità delle istituzioni” (sue parole), che noia la retorica emotiva che se la prende coi populisti, e quel Sartori, poi, un “tipetto che intona ‘Bella ciao’ per poi correre a baciare la pantofola a gente come i Benetton” (sempre parole sue).

Capite cosa ha fatto il Pellizzetti? Ha cambiato argomento! Prima vi ha tolto i vostri argomenti (quelli logici a favore del “Sì”) poi, quando vi aspettate che – in conseguenza – lui proponga i suoi, di argomenti, butta giù delle figure archetipe, delle immagini emozionali, degli argomenti correlati ma terzi, fino all’immancabile sberleffo personale (in questo caso a Sartori, leader delle sardine, veramente marginale nel dibattito che c’è stato e quasi insignificante nel suo peso politico) nel più tipico modo protofascista dei populisti (“Levi Montalcini vecchia puttana” deve rimanere la nostra Stella Polare quando parliamo di questa gente).

Come conclude il sedicente saggista? Perché capite che il doppio salto carpiato è spettacolare e confonde il lettore, ma devi anche cadere in piedi… Per non fargli torto vi riporto integralmente il suo finale:

Arrivo così al punto che mi sta a cuore: la questione posta dal quesito referendario ha tutti i crismi di un errore inintenzionale della politica ufficiale. Ossia quel ceto, omologato al proprio interno e auto-referenziale, che ha trasformato il gioco della rappresentanza in una gara tra marchi e le elezioni in ascensore per carriere individuali. Ma che ora si è messo da solo nella posizione di bersaglio del risentimento popolare (se non sarà deviato dal coro propagandistico al diapason: da Sgarbi, Formigoni fino alle grandi testate). Questo esercito di occupazione, che espropria il dibattito pubblico del diritto alla libera decisione sulle scelte collettive, ha maturato un’evidente sensazione di intoccabilità. Che ora abbiamo l’opportunità di scalfire decimandone le file. Può essere una lezione per ripensare le logiche anti-democratiche/post-democratiche; o un primo successo nella guerra civile tra outsider e privilegiati, che sinora questi ultimi stavano vincendo. Con il contributo prezioso e non disinteressato del clero di partito.

Provo a tradurre per come ho capito: 

“la questione posta dal quesito referendario (tagliare sì o no il numero dei deputati) è un errore masochistico che hanno commesso. Perché loro sono dei puzzoni e la gente si è stancata. E ‘sti stronzi che non ci vogliono far decidere su niente stavolta li menamo per bene, vedrai se non imparano la lezione!”

Sarò lietissimo di accogliere, da lettori più bravi, migliori esegesi.

Mettendo assieme questi due capolavori di Pellizzetti, quindi, apprendiamo che sì, tutta la propaganda per il taglio dei parlamentari è una bufala colossale, non miglioreremo proprio niente, non risparmiamo, non efficientiamo… ma vuoi mettere la soddisfazione di fare questo pernacchio al Potere? Perché noi siamo la ggente, e il potere ci temono.

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