Una serie di punti chiave, chiari, ineludibili, per ripensare la politica, da tempo scomparsa in Italia e – probabilmente – in stato comatoso in tutto l’Occidente. Una serie di punti che riteniamo fondamentali, in ordine logico, che proporremo in diverse puntate ravvicinate. In questa prima puntata: i diritti.
Invitiamo tutti i lettori a dibattere questi temi scrivendo suggerimenti e critiche nei commenti.
1. I “diritti” (come principio) sono un’astrazione concettuale, un’invenzione umana. I diritti non esistono in natura come gli alberi, le stelle, il mare. Sono – al pari di innumerevoli altre – una convenzione sociale, nata storicamente in epoca lontana e continuamente mutata nei secoli e nelle diverse latitudini. Questa è la principale ragione per cui il concetto di ‘diritto’ è cangiante e necessiti di continue definizioni, anche contrapposte. È interessante osservare come nella società occidentale (dove il concetto è nato e si è maggiormente evoluto) tutta un’enorme cosmogonia di concetti sussidiari ruoti attorno a questo; senza il concetto di ‘diritti’ avrebbero poco senso (o un senso profondamente differente) quello di democrazia, libertà, benessere e numerosi altri alla base dei nostri dibattiti quotidiani. Per questa ragione queste note iniziano con ‘diritti’: perché se non sgomberiamo il campo da numerosi equivoci in questo concetto fondamentale, difficilmente potremo affrontare i successivi.
1.1 I diritti sono sempre concessi da un’autorità che ne ha l’autorità. I diritti costituzionali sono stati concessi dall’Assemblea Costituente e dal Parlamento (la cui autorità morale e autorevolezza politica erano state sancite dalla resistenza al nazifascismo e dal ritorno alla democrazia); i diritti civili, religiosi, relativi alla salute e all’istruzione, al lavoro e così via, discendono dalla Carta costituzionale e dalle successive leggi promulgate in conformità con essa. Non ci sono altri diritti. All’origine dell’autorevolezza e dell’autorità che conferisce i diritti c’è sempre un evento storico che ha la forza eclatante dell’epifania. Per l’Italia contemporanea è l’uscita dall’epoca fascista con la lotta armata, considerata dalla grande maggioranza degli italiani (la parte vincitrice) come elemento etico distintivo e fondante. Precedentemente era la legittimità sabauda che aveva unificato l’Italia e adottato lo Statuto Albertino. La Costituzione degli Stati Uniti nasce sull’onda della guerra d’indipendenza mentre – per fare un esempio differente – nell’Iran contemporaneo la cacciata dello Scià e la presa del potere di Khomeini rese necessaria una revisione della Costituzione in senso religioso. La forma tipica della legittimazione è quindi questa: il vecchio ordinamento muore (in forme sempre cruente, dove più e dove meno) e il nuovo che si afferma, nella sua palingenesi civile, afferma i propri principi, valori, scelte morali (e perfino religiose!) cambiando le regole, le norme, i diritti dei suoi cittadini. Con uno sguardo ampio, dell’intero quadro, l’evoluzione sociale umana è caratterizzata dall’ampliamento di questi diritti, ma a livello locale, o storicamente circoscritto, ci possono essere invece delle forti diminuzioni dei diritti; senza dovere richiamare gli esempi totalitaristi del Novecento, quanto sta accadendo in questo periodo un po’ in tutto l’Occidente mostra una sensibile diminuzione dei diritti dei cittadini.
1.1.1 I diritti quindi, in quanto concessi e in quanto astrazioni, sono sempre negoziabili. Possono aumentare o diminuire. Non sono “per sempre”.
1.1.2 In attesa della prossima palingenesi, dipende dai cittadini denunciare la minaccia dei diritti in essere, e rivendicare la loro piena tutela.
1.1.3 L’essenza della lotta politica riguarda la contrapposizione di idee differenti in merito ai diritti concedibili.
1.1.4 Il ruolo degli intellettuali è vigilare sull’adeguata concessione dei diritti, e spingere per un sempre maggiore ventaglio di diritti concessi ai cittadini.
1.2 Nella società democratica occidentale tutti gli individui hanno (devono avere, dovrebbero avere) pari diritti. Qualunque minoranza si rappresenti (politica, religiosa, artistica, sessuale, etnica…) si hanno i medesimi diritti di tutti, non uno di più né uno di meno. Ne consegue che non solo non servono, ma sono semplicemente sbagliati i diritti eventualmente concessi agli ebrei in quanto ebrei, alle donne in quanto donne, agli omosessuali in quanto omosessuali e ai geometri in quanto geometri. Se sei una persona, hai (devi avere) tutti i diritti di qualunque altra persona. Insistere per diritti “speciali” significa chiedere privilegi, marcare una differenza, una distanza, una sorta di estraneità privilegiata, e questo è un veicolo di disuguaglianze e di conflitti. Possono esistere bisogni specifici [si vedrà al cap. 3] delle donne, degli omosessuali, dei cattolici etc., ma i loro diritti esistono al pari di quelli di ogni altro individuo e sono quelli di ogni altro individuo.
1.3 Ci posso essere altre richieste di diritti quando gruppi di individui presentano istanze su ipotetici diritti non previsti dall’ordinamento; in realtà questa necessità non dipende quasi mai da una mancanza nelle leggi, ma dalla superfetazione normativa volta a limitare le risposte istituzionali a bisogni di specifiche categorie di cittadini; aborto, eutanasia, divorzio e molteplici norme relative ai diritti civili sono esempi chiari di regole che – in modo diverso nei diversi paesi – restringono gli spazi di libertà e che, nel tempo, sono modificate dal legislatore sull’onda di pressioni sociali più moderne e libertarie.
1.4 I diritti delle persone non confliggono mai fra loro in maniera “oggettiva” (possono confliggere i bisogni); i conflitti nascono dal fatto che un gruppo sociale ha la pretesa di considerare i propri bisogni (confusi coi diritti) come superiori a quelli altrui o, più spesso, incompatibili con la coesistenza di quelli altrui (dal che si comprende come si parli di bisogni e non di diritti, e quindi di un altro tipo di astrazione concettuale molto più soggettiva e fondamentalmente egocentrica).
1.4.1 Per esempio, i cattolici hanno diritto di pregare il loro dio e di testimoniare pubblicamente la loro credenza, ma non hanno il diritto – sulla base particolare di tali loro credenze – di limitare quelli altrui. Non possono e non debbono farlo direttamente (per esempio perché i cattolici sono in maggioranza alle Camere e impongono una legge restrittiva dei diritti delle persone, inclusi i non cattolici) o indirettamente (con pressioni sociali o “obiezioni di coscienza” nelle scuole, negli ospedali, etc.).
1.4.2 Altro esempio: Industriali ed ecologisti non hanno diritti in conflitto, ma bisogni conflittuali che non si intendono mediare: i costi per una gestione ecologica dell’impresa non vogliono essere assunti da alcuna parte in causa; risolto questo problema, non esistono più bisogni inconciliabili (qui i diritti sono oggetti sullo sfondo: il diritto a un ambiente pulito riguarda infatti la salute e la qualità della vita che nessuno mette in dubbio, neppure l’imprenditore che inquina; come spesso accade, l’astrazione dei concetti legati ai diritti si deve poi misurare con la pratica della concreta loro garanzia).
1.5 I diritti degli individui sono universali; uno stato democratico, moderno, occidentale, riconosce i diritti in quanto universali; i migranti e i rifugiati che arrivano in Italia e in Europa sono individui ai quali riconosciamo (dobbiamo riconoscere) i nostri identici diritti. Il riconoscimento dei diritti non significa necessariamente il soddisfacimento dei bisogni (insistiamo, perché la confusione fra i due concetti porta a continui errori e problemi), sempre e comunque, semmai nelle forme espresse dai richiedenti.
1.6 In virtù di tale universalità i diritti hanno un carattere generale e una necessaria formulazione concettuale di generalità medio-alta. In conseguenza non possono essere artificiosamente interpretati in termini riduttivi e particolaristici; tutti i cittadini, per esempio, hanno diritto al lavoro, ma non a un lavoro. La Costituzione non garantisce un lavoro specifico per ciascun cittadino italiano, ma stabilisce che tutti i cittadini hanno un diritto generale, da perseguire – da parte dello Stato – con buone politiche del lavoro, creando infrastrutture per lo sviluppo industriale e mettendo in cantiere ogni intervento che faccia sì che ciascun individuo possa, se vuole, offrirsi nel mercato del lavoro. Il cittadino che non ha lavoro, o ne ha uno insoddisfacente, non ha un diritto specifico, per lui, per risolvere la sua situazione (che – ancora una volta – riguarda i bisogni), ma può giustamente pretendere che lo Stato, e segnatamente il Governo in carica, si impegni profondamente ed efficacemente affinché possa trovarlo. Trasferire i medesimi argomenti sulla salute, la casa etc. [Sulle disuguaglianze in seno alla società democratica il cap. 4].
1.7 Per il loro carattere di concessione storicamente determinata, i diritti possono essere insufficienti oppure eccessivi: si può dare il caso – per esempio – di un potere debole che conceda privilegi, camuffati da diritti, per accontentare parti sociali, allearsi a territori, ingraziarsi poteri interni all’apparato dello Stato. I privilegi sono l’opposto dei diritti in quanto creano distinzioni, disuguaglianze, zone franche di sospensione del diritto universale, e vanno sempre assolutamente combattute.
1.7.1 I diritti acquisiti sono una sorta di riconoscimento feudale che un Potere debole concede a determinate categorie di cittadini.
1.7.2 I diritti sindacali sono i normali diritti di associazione e di tutela garantiti dalla Costituzione. Data la delicatezza di tale tutela, l’azione sindacale rischia di ledere i diritti altrui, non parti in causa, e questo non è lecito. Un esempio ben noto: gli scioperi nel comparto pubblico, per esempio nella scuola.
1.7.3 Le Regioni a Statuto speciale sono un esempio di voto di scambio dannoso, operato in altre epoche, che privilegia alcuni cittadini perché dimoranti in particolari regioni italiane. Nate, ciascuna, per ragioni pretestuose (alcune più e alcune meno) esse continuano a rappresentare un evidente vulnus democratico, oltre che palesi cause di ingiustizie e sprechi.
1.8 Dal punto precedente traiamo una lezione importante: se è scritto in Costituzione non è necessariamente giusto o utile; le continue manomissioni costituzionali hanno peraltro distorta l’architettura originale, senza necessariamente renderla più virtuosa e compatibile coi tempi. Lo scandaloso Titolo V è l’esempio più eclatante.
Prossimo tema: differenze dei diritti a livello pratico.
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