Se il popolo non può cogliere la verità, che senso ha la democrazia?

Premessa

Carlo Calenda, dopo il successo elettorale di Fontana in Lombardia, dice sostanzialmente che gli elettori si sbagliano. I demagoghi del prêt-à-porter politico si indignano, perché è politicamente corretto elogiare sempre e comunque il popolo (Tundo sul Fatto Quotidiano, un esilarante editoriale sulla Voce cosentina, etc.). Giammai!

Fortunatamente leggo anche qualche ragionamento più lucido, non appannato dall’esaltazione populista; per esempio:

Ci possono essere varie ragioni per criticare l’uscita post-elettorale di Calenda sugli elettori che avrebbero sbagliato a votare per tifoseria e appartenenza, rifiutando di prendere atto della catastrofe di Attilio Fontana sul Covid. Però, tra queste ragioni – diciamo: di prudenza e di opportunità – non c’è di certo quella per cui gli elettori, come i clienti, hanno sempre ragione o che occorra farsi guidare dagli scrutini elettorali come da una sorta di stella cometa, per giungere all’epifania democratica del vero interesse generale. […] La novità, anche se non proprio di novità si può parlare, è che questo meccanismo di alienazione morale e cognitiva del popolo, come instrumentum regni e principio di autogiustificazione del potere, non appartiene solo al repertorio politico delle autocrazie o delle tirannidi, ma dilaga in modo sempre più epidemico nelle democrazie, a partire dalle più antiche. La Brexit e il trumpismo sono due esempi di false verità a un tempo di incredibile successo e di manifesta infondatezza. Ma non sono stati semplicemente due errori, bensì due prodotti politici congegnati con forme di persuasione mutuate dall’armamentario della propaganda fascista e comunista (teoria del complotto, ideologia del nemico, ossessione del tradimento). (Carmelo Palma su Linkiesta);

o anche:

dire che gli elettori sbagliano è sacrilegio? Pure io ho ironizzato su Calenda, permettendomi però di ricordare la buona compagnia da cui è accompagnato. Margaret Thatcher e Winston Churchill, e pure Bertrand Russel e José Ortega y Gasset e una moltitudine ancora. E lo sappiamo dai tempi del ballottaggio fra Gesù e Barabba, sebbene poi, la tradizione viene particolarmente da lontano, tutta la colpa è ricaduta su Ponzio Pilato. Ma quando quasi tutti obiettano a Calenda, lo ha fatto con sublime chiarezza Matteo Salvini, che gli elettori come i clienti hanno sempre ragione, si confonde la democrazia con il bar. Vuoi il cappuccino? Ti do il cappuccino. Vuoi la Brexit? Ti do la Brexit. […] E infatti negli ultimi quindici anni abbiamo visto salire fra il trenta e il quaranta per cento, e talvolta oltre, il centrodestra di Silvio Berlusconi, il Pd di Matteo Renzi, i Cinque stelle di Beppe Grillo, la Lega di Matteo Salvini, ora la destra di Giorgia Meloni, cambiati come si cambia bar, nella certezza di non essere cittadini, cioè compartecipi della sorte del paese, ma clienti che ordinano, pagano, pretendono. E siccome non vorrei armare i soliti bendisposti a equivocare, non sto dicendo che la democrazia non funziona, ma che la democrazia non funziona se ti do il cappuccino perché vuoi il cappuccino, e ti do la Brexit perché vuoi la Brexit. (Mattia Feltri, su L’HuffPost)

Giova riportare anche alcuni passi di una lettera che successivamente Calenda ha scritto al Corriere, per precisare il suo punto di vista:

 In una democrazia gli elettori non possono avere sempre ragione e contemporaneamente sempre lamentarsi della politica che pure hanno votato. Che nella democrazia l’elettore sia «il Re» è un fatto, ma che anche i Re possano sbagliare è altrettanto comprovato. Sostengo, non da oggi e non a giustificazione del deludente risultato del Terzo polo di cui mi sono assunto tutte le responsabilità, che in Italia da molto tempo il voto degli elettori prescinda da ogni criterio razionale relativo alla capacità effettiva di governo delle istituzioni dei candidati in campo. Negli ultimi decenni è prevalso il voto «contro» — destra e sinistra — a cui da ultimo si è affiancato il voto per moda. […] Consensi fondati sul nulla e che rapidamente tornano al nulla appena i protagonisti vengono a noia agli elettori. Il voto è diventato insomma per una parte della popolazione l’equivalente del televoto al Festival di Sanremo. 

Continua Calenda:

E del resto come si spiega altrimenti il fatto che il 70% circa degli italiani avesse un’ottima opinione del governo Draghi al momento della sua caduta e la stessa percentuale, qualche mese dopo, abbia votato per partiti che ne hanno provocato la caduta o non lo hanno mai appoggiato? Alla fine sono gli stessi elettori ad esprimere con il non voto il disgusto verso la politica che pure hanno votato. Raramente si domandano «ma il problema non sarà nel modo in cui ho votato, non avrò forse dato scarso peso alla serietà e preparazione dei candidati?». Risulta sempre più facile rimuovere. […] Le cause di questa degenerazione della democrazia italiana, e delle democrazie liberali in generale, sono diverse e profonde. La mancanza di affidamento verso le classi dirigenti (che data dalla caduta delle ideologie), il gap crescente tra istruzione e complessità dei fenomeni di cui la politica si occupa, la rabbia derivante da un trentennio di slogan ottimistici su processi complessi come globalizzazione e multiculturalismo, l’avvento della società dell’intrattenimento dove tutto, politici e informazione in testa, deve appunto intrattenere piuttosto che informare e proporre.

Considerazioni generali

Di queste cose scriviamo da quando il blog è stato fondato, dieci anni fa. Della frattura fra intellettuali e popolo, delle élite mancate, della politica senza visione e senza programmi, e infine del popolo accecato e insipiente, egoista e irresponsabile. Sia Palma che Feltri, per spiegare le loro posizioni, citano per esempio la Brexit: politici imbroglioni che subornano un popolo che desidera essere imbrogliato; pare che oggi i britannici vorrebbero rientrare in Europa… Informarsi prima, no? Ragionare prima, no? Considerare la truffa perpetrata dai loro politici, no? Uguale in Italia, in tante, tantissime situazioni. Considerate il voto degli italiani negli ultimi anni: per fortuna che Silvio c’è, viva viva Renzi il rottamatore, avanti col vaffa di Grillo, ma che bravo Draghi, che persona per bene Giorgia la madre moglie cristiana italiana… Aspettiamo domani, ci sarà l’acclamazione per qualcun altro, o altra, esattamente opposto, ma viva viva, basta che prometta qualcosa, che si mostri nuovo, che sia instagrammabile, che spari simpatiche malignità su Twitter…



C’è una tale, enorme, confusione… Fatemi mettere in fila alcuni punti, ma veramente a caso:

  • i cittadini in generale non sanno nulla, o sanno poco, e quel poco è probabilmente sbagliato (questo è poi il tema di questo articolo, e lo riprendo più avanti);
  • i loro “rappresentanti politici” sono, più spesso di quanto si vorrebbe, dei poveracci, dei miracolati, con qualche testa pensante in mezzo che non riesce a fare la differenza (siate buoni, non scandalizzatevi; ma le truppe di sciagurati grillini le avete presenti? Ma una buona maggioranza dei parlamentari di destra, finiti pure nel governo, li avete presenti? Sì, anche a sinistra, l’ho scritto un sacco di volte, ma ci sono alcune differenze che ora non sto a rammentare);
  • la stragrande parte delle politiche che contano (ovvero che decidono pesantemente delle nostre vite) non si discutono dialetticamente nel nostro parlamento, ma sono decise altrove; o democraticamente (le decisioni di Bruxelles e Strasburgo cui noi sottostiamo – spesso per fortuna nostra, ma non sempre) oppure autocraticamente (la guerra in Ucraina voluta da quel pazzo di Putin) o anche casualmente.

Quindi: in un mondo dominato da forze politiche, economiche, sociali, caotiche, le democrazie liberali (p.es. l’Italia) hanno enormemente meno poteri di un tempo, sono legate, collegate, vincolate, costrette, subordinate (e a loro volta collegano, vincolano, etc.); in questa democrazia (che ha fantastici pregi, sapendoli vedere e sfruttare) occorre muoversi con strumenti raffinati, con intelligenza, con un’ampia serie di fonti informative, con sagacia e senso del futuro, con altruismo verso le prossime generazioni e alto senso delle istituzioni nel loro divenire…

No, dico… non ce l’hanno fatta gli albionici con la loro supponente storia democratica, ce la potremo mai fare noi, che veniamo da decenni di Borboni e Sabaudi, poi di fascisti, di democristiani, di berlusconiani e infine – non ci si può credere! – di giganti come Salvini, Meloni, Letta e Conte? Che abbiamo preferito a un Draghi, per dire…

E comunque sì, il popolo è bue. Lo è – come da sempre si sa, anche se è così villano dirlo – perché qualunque individuo, ma proprio qualunque (la stessa Giorgia Meloni in quanto individuo, Carlo Calenda in quanto individuo, pure Draghi, in quanto individuo) ha i) un accesso limitatissimo, direi infimo, alle fonti informative (di qualunque genere); ii) una capacità di valutare tali fonti prossima allo zero; iii) la quasi totale assenza di una vera necessità quotidiana di operare tale valutazione; iv) la feroce convinzione di essere nel vero, o comunque non completamente nel torto, per non finire nel tritacarne dell’inaccettabile disistima – una pulsione vietata nella società individualista contemporanea; v) la fiducia fideistica – ancorché cangiante – sul leader del momento, su se stessi, sulla botta di culo che prima o poi deve arrivare, sul fatto che si muore, sì, ma l’esperienza insegna che tocca agli altri, mica a noi!

In conclusione, quindi, sì: si vota a cazzo di cane (copyright Renè Ferretti), poi si dà la colpa a quelli che abbiamo votato e ci si butta addosso a un altro, poi si dà la colpa anche a quello e si ricomincia daccapo. Intanto, gli eletti passano più tempo su Twitter che in aula, i governi si succedono facendo poco e male, impigliati in lacci retorici, impantanati su posizioni ideologiche, confusi fra questioni sostanziali e futilità apparenti. Non sto parlando dell’attuale governo Meloni, vale più o meno per tutti negli ultimi decenni, con rapide parentesi “tecniche” rapidamente dimenticate.

Cosa sappiamo, esattamente?

Ragionavo con un amico, qualche giorno fa, preoccupato per il divenire del mondo nel quale crescono i suoi figli. Siamo partiti dal pericolo dell’Intelligenza Artificiale, che potrebbe essere strumentalizzata, manipolata e quindi manipolatoria, per considerare che, alla fin fine, assolutamente tutto è manipolato e manipolatorio, e nessuno di noi  ha certezza di quello che accade, e di come interpretarlo.

Cosa sappiamo realmente della guerra in Ucraina? Quali sono le nostre fonti di informazione? Ve lo dico io: per il 90% le fonti ufficiali russe e ucraine, che ovviamente hanno interesse a distorcere la realtà; e a quali di queste accediamo? A quelle più prossime a ciò che già pensiamo, che già crediamo e che siamo disposti a credere, e con grandissima difficoltà saremmo disposti a cambiare idea dietro esibizione di altre informazioni o, più sovente, di altre interpretazioni.

Cosa sappiamo realmente del funzionamento dell’Unione Europea? Voglio dire: al di fuori delle credenze pregresse (ovvero: sentirsi europeisti o sovranisti; avere sempre saputo che l’Unione è bene o male…), e anche senza avere approfondita conoscenza di ogni trattato e regolamento, sappiamo davvero come funziona l’unione di cui facciamo parte? Quanti soldi diamo e quanti ne riceviamo? Chi formula leggi e regolamenti e quali subiamo, e quali ci avvantaggiano, e cos’hanno fatto i rappresentanti italiani per limitare i primi e favorire i secondi?

Facciamola più facile. Uno dei punti in discussione col mio amico era la possibile manipolazione che un’intelligenza artificiale (si parlava di ChatGPT) può perpetrare a nostro danno. Vero. Così come ci manipolano i quotidiani, la televisione, i politici, i vicini di casa… manipoliamo pure noi stessi, se ci pensate. Facciamo alcuni esempi. I libri delle elementari e delle medie ci presentano la storia patria in modo eroico: dai romani fino all’epopea del Risorgimento, Garibaldi, la Resistenza…! La storia scritta dai vincitori. Non so se nei libri contemporanei si parla, per esempio, delle foibe. Io, delle foibe, l’ho saputo che ero già abbastanza grande… E noi siamo “democratici”, ché nei paesi totalitari i libri di storia sono consapevolmente manipolatori e distorti; generazioni di russi, di cinesi e di molti altri paesi che crescono con convinzioni errate sulla storia e quindi sul destino del loro popolo, con convinzioni falsate del loro posto nel mondo… Ci sono università americane dove è obbligatorio il creazionismo… dico: Università! Dai, su, noi non ci salviamo perché più democratici… Praticamente 1984 (Orwell) è realtà da tempo, inclusa la neolingua oggi rappresentata dal linguaggio inclusivo, politicamente corretto e fascistissimo nel senso più profondo col quale posso usare quel superlativo.

Noi sappiamo poco e niente, e per lo più interpretiamo. Abbiamo centinaia di convinzioni, sul mondo e sulla vita, sull’amore e le relazioni, sulla politica e l’economia, se la pena di morte sia giusta o ingiusta e se sull’amatriciana ci vada la pancetta o il guanciale, ma di pochissime di queste cose che “sappiamo”, sapremmo spiegare il perché, salvo usare formule stereotipate, conoscenze tacite, cliché e luoghi comuni. 

Noi interpretiamo opinioni altrui, ricicliamo idee sentite dire, adottiamo atteggiamenti della nostra famiglia, del nostro gruppo di riferimento, siamo “di sinistra” perché il nonno partigiano, ma poi ci comportiamo semmai come destri giustizialisti e intolleranti; siamo “inclusivi” per moda e convenienze, che c’abbiamo anche amici froci ma noi no, siamo etero.

Allora, onestamente: abbiamo paura del potere che verrà, di cosa combinerà domani l’Intelligenza Artificiale, ma ci sembra normale sbraitare come cinghiali sugli spalti per una partita di calcio? Arrivare a farsi licenziare pur di non vaccinarci perché chissà cosa ci iniettano? Credere al complotto delle scie chimiche? O votare Brexit, o assaltare il Campidoglio perché ce l’ha detto Trump, o votare Conte perché difenderà il reddito di cittadinanza…?

Se guardate le cose facendo due passi indietro per vedere il quadro intero, come sto cercando malamente di fare io, non vedete da nessuna parte un mondo all’incirca ordinato, con gente che più o meno sa quello che vuole, governata da politici che cercano di azzeccarne una ogni tanto; sì, poi c’è qualche matto che spara nei campus in America, ma gli squilibrati ci sono; c’è qualche imbecille che vorrebbe sparare ai negri ma dai, mica tutti hanno studiato e girato il mondo e sono per ciò stesso diventati magicamente consapevoli e inclusivi; c’è qualche fascista che picchia ma, onestamente, siam stati tutti ragazzi, via, poi gli passa.

Non è così.

Il mondo è un gran casino, e il cruscotto per guidarlo si è rotto da un pezzo. Se davvero qualcuno crede che il cruscotto ci sia, e non sia utilizzato a dovere solo per infingardaggine dei governanti, si sbaglia di grosso. E non esiste un cruscotto magico in mano ai poteri forti… I governanti non lo sanno che il cruscotto si è rotto e gli viene una fifa blu quando lo capiscono (guardate i voltafaccia di Meloni in questi due mesi di governo, il suo tentativo di tenere un profilo basso, il suo imbarazzo per tenere a bada quella banda di insensati che stanno – dicono – dalla sua parte). Guardate il bordello europeo, con decisioni ridicole, abborracciate, tardive, su pressoché qualunque argomento. Guardate il gran casino cinese, che dopo essere stato sopravvalutato dai più (da me anche) sta collezionando figure di tolla una dietro l’altra, perché il mondo è troppo complesso anche per la proverbiale lungimiranza dei mandarini cinesi. Guardate l’Africa, il sud America… continenti perduti, nel senso che ormai vanno alla deriva (con una grossa spinta nostra, sì, non è questo il punto) senza alcuna speranza di recupero; ma davvero c’è uno fra voi che crede che nel 2050, o nel 2100, la Sierra Leone, o il Ghana, o il Botswana, avrà raggiunti livelli di istruzione, reddito, democrazia, equiparabili anche vagamente a quelli attuali europei? “Attuali”, ho scritto, perché su come saremo messi noi, nel 2050, o nel 2100, non scommetterei. Ma tanto, io non ci sarò.

La democrazia è una balla

Senza ripetere la frasetta che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora” (attribuita a Churchill, che se l’ha detta è stato 75 anni fa…), dovremo pur fare i conti che viviamo in un’illusione. Finora il sistema regge; paghiamo le tasse (chi più, chi meno), mandiamo i figli a scuola (chi più, chi meno), lavoriamo (chi più, chi meno) ma… Accidenti: in quel “chi più, chi meno” non troviamo forse la dimostrazione che la democrazia, se anche vogliamo dire che funziona, funziona davvero male?

Le forme e i modi con i quali una società “si tiene”, sono molti, ovviamente, e ancora riescono a funzionare. Ci sono ragioni che sarebbe lungo mostrare. Io ho sempre lavorato e pagato le tasse, mandato i figli a scuola, eccetera; ho viaggiato, sono andato a teatro, ho fatto più o meno tutte quelle cose che un borghese di media cultura può fare, aspettandomi certi riconoscimenti, certi diritti e doveri, certi traguardi (per esempio la pensione). Onestamente, la mia vita individuale non è stata malaccio; ma io sono un uomo del Novecento, altra storia. Molti miei amici, piò o meno, come me. Ma bisogna essere ciechi per non vedere che il mondo è cambiato, le garanzie sono diminuite, assieme alle libertà. I governi governano meno. L’economia è diventata un terreno di scontro complicato e globalizzato. I diritti sono diventati individuali (io sono io e in quanto io ho diritto a…) e i doveri sono degli altri.

Che democrazia stiamo costruendo, se da nessuna parte c’è qualcuno che tiene il timone? Chi diavolo c’è al timone, eh? Non c’è un capitano, non c’è equipaggio, non c’è un timoniere, non c’è un nostromo. Siamo tutti nella grande sala sul ponte principale a stappare champagne.

Attenti alla botta…