Spesa pubblica: taglio o shampoo?

taglialava

A settembre crescono i tagli. Questa frutta di stagione è disponibile in due varietà, i tagli lineari e i tagli da spending review. La prima varietà è quella che si trova in tutti i mercatini, ed è semplicissima da produrre, costa praticamente nulla ai produttori e fa sempre il suo bell’effetto alla tavola dei mezzi di comunicazione. Ha il vantaggio poi di non poter essere assaggiato: dopo aver fatto mostra di sè al centrotavola, scompare, senza aver prodotto effetti. Misteriosamente, però, ingrassa lo stesso: la spesa pubblica aumenta di anno in anno.

I tagli da spending review sono invece rarissimi e costosissimi. Una squadra di esperti viene ingaggiata per analizzare a fondo tutti i paramentri necessari ad ottenere un prodotto di qualità, una cosa di gran gusto e classe, che non impatti l’ambiente con la produzione, elimini sprechi e alimenti in modo equilibrato e sano. Un prodotto di questa finezza è  apprezzabile da un pubblico di fini intenditori (la gran parte dei buongustai è un po’ rozza, e non comprende bene la fatica, l’esperienza, la competenza ed il tempo che ci vuole per ottenere questo frutto prezioso). Forse per questo, anche di tale varietà non si è mai visto un esemplare.

In sintesi, quindi, la differenza tra tagli lineari e spending review, fossimo una famiglia, è:

  • tagli lineari: lui invece di comprare 200 bottiglie di brirra all’anno ne compra 194; lei invece di andare dal parrucchiere 33 volte l’anno, ci va 32 volte (o viceversa, che qui su HicRhodus non siamo sessisti); e altrettanto succede per praticamente tutte le spese di casa;
  • tagli da spending review: dopo una attenta valutazione di tutte le spese di casa, identificate quelle non critiche o addirittura quelle dannose, dati alla mano, lui smette di fumare e lei di giocare a bingo (o viceversa); tutto il resto procede come prima.

Capirete quindi che entrambe le categorie siano, per un vero italiano, inaccettabili, richiedendo due valori difficilmente digeribili: disciplina ed analisi.

Per costituzione, io diffido profondamente di tutto ciò che è espresso in percentuale (in questo caso, un taglio del 3% sulle spese dello Stato), in quanto le percentuali sono facimente manipolabili allo scopo di far intendere cose molto diverse dalla realtà. Inoltre, comunicare che si stanno tagliando le spese copre un aspetto del problema che è invece quello centrale: quanto spendiamo, e come. Solo dopo aver chiara la risposta a queste domande possiamo, in modo sensato, decidere cosa fare.

Diamo quindi un’occhiata alla realtà, ovvero ai dati (tutti di fonte Eurostat). Quali sono gli importi della spesa dei principali stati Europei, e come sono variati negli ultimi anni?

Cominciamo a vedere come vanno le spese:

Government expenditure(qui è definito cosa sia compreso nel General Government expenditure)

Il mio scetticismo sulle percentuali sembra giustificato: quello che ci dicono i dati, ovvero i fatti, è che lo Stato Italiano spende, per funzionare, lo stesso “ordine di grandezza” di Euro degli altri grandi stati europei, anzi, spende significativamente meno di Francia e Germania, e meno dell’UK. Non solo, ma la spesa dello Stato (da non confondere con il debito!) è rimasta più o meno costante negli ultimi 5 anni.

Vediamo ora come vanno gli incassi, ovvero “lo stipendio” che i cittadini erogano alla macchina dello Stato per erogare agli stessi i suoi servizi:

central government revenue(qui è definito cosa sia compreso nel General Government Revenue)

Di nuovo i valori reali ci possono sorprendere: gli incassi dell Stato italiano negli ultimi anni non sono saliti che marginalmente, al contrario di quanto accaduto per Francia e Germania. L’UK si configura come caso a parte, che sarebbe da approfondire. Ricordiamo solo che negli incassi dello Stato sono presenti le tasse, e la crisi economica del 2008 ha inciso in maniera differenziata tra i vari stati, in funzione della struttura della loro economia; nel caso dell’UK, poi c’è stata una significativa svalutazione della sterlina, e i dati sono espressi in Euro.

Non sorprendentemente, tutti gli Stati spendono più di quanto incassano, accumulando quindi debito:

netto
(definizione di Net Lending (-) / Net borrowing (+) of General Government: Actual revenues and expenditures are those that definitely affect the net financial assets. The net financial wealth consists of financial assets held, namely cash, deposit, titles, shares and other securities, subtracted from the financial assets and liabilities. The difference between actual revenues and actual expenditures corresponds to the total balance. (Budgetary Framework Law, no. 91/2001, 20th August) )

Una nota di metodo: si potrebbe obiettare come non sia opportuno scegliere i valori assoluti per tali confronti, in quanto sia le spese che i ricavi sono dipendenti dal numero di abitanti (o da decine di altri fattori, quali per esempio la distribuzione della popolazione, la morfologia del territorio, l’età media etc,). Sono disponibili i medesimi dati anche pro capite, è possibile soddisfare quindi questa curiosità: le considerazioni non cambiano, confermando che su grande scala, quella che necessariamente si deve adottare quando si parla di politica economica, le spese e i ricavi per assicurare la tipologia di servizi assicurata da uno Stato occidentale di dimensioni significative sono scarsamente sensibili al variare della popolazione.

Anche un’analisi del numero di dipendenti pubblici rapportati alla popolazione non offre elementi di differenziazione: l’Italia è molto vicina alla media europea (qui). È significativo questo studio sia prodotto da un sindacato, cui sfugge, come ormai quasi sempre, che l’analisi puramente numerica non correlata alla misurazione della efficienza prodotta dai numeri sia, nel mondo post ottocentesco, senza alcun significato.

Non tutti i calcoli sono sensati.

Torniamo quindi alla nostra domanda iniziale: dobbiamo procedere, in Italia, a tagli lineari o da spending review? Data la situazione, che ci vede già piatti nella spesa di funzionamento, tagliare linearmente sembra non avere senso nè ha senso sperare di ottenre risparmi strutturali o ridistribuzioni strategicamente efficaci lavorando all’interno dei singoli budget assegnati ai diversi Enti dello Stato. Occore quindi una vera spending review.

Ma una spending review deve portare necessariamente a tagli? Sono tagli, ciò di cui abbiamo bisogno? La risposta è no, e non ce lo dicono opinioni o sensazioni: il nostro livello di spesa e di entrate è non solo pienamente compatibile con un moderno stato occidentale, persino virtuoso. I risultati invece che otteniamo, dal punto di vista della competitività, dei livelli di servizio, della efficacia della interazione stato-cittadino sono, ne abbiamo già parlato (qui, qui e qui), del tutto insoddisfacenti.

Abbiamo quindi bisogno di una redistribuzione su larga scala della spesa, che:

  • sposti il denaro dei cittadini da settori improduttivi, di puro mantenimento (che includono molte rendite di posizione) a settori produttivi, nell’immediato e pro futuro;
  • analizzi le spese che ora appaiono incomprimibili, per motivi legislativi o sociali, e ne affronti il nodo (vedi anche qui);
  • stabilisca obiettivi in termini di efficienza misurabile per le strutture statali, e quindi alle persone che lavorano nello Stato, a qualsiasi ivello, in modo da evitare che la spesa si trasformi in spesa di funzionamento e non in spesa a servizio della comunità, incentivando l’efficienza dei processi e delle strutture introducendo il principio, e la prassi, della responsabilità non limitata al mansionario;
  • sostenga con le entrate dello stato i settori che permettono sviluppo (quindi ricerca ed innovazione reale) e non di sussidiare settori intrinsecamente non competitivi.

Infine, abbiamo bisogno di cittadini che si chiedano il significato delle misure che sono presentate e pretendano spiegazioni quando si parla, senza motivo, di tagli, e non, come si dovrebbe, di efficienza nell’assegnazione delle risorse.

Ma uno Stato efficiente significa, ahiloro, meno soldi per i cittadini che, molto numerosi, vivono traendo sostentamento da settori del tutto inefficienti. Una rivoluzione che manca di veri rivoluzionari.