La Rete ci rende stupidi e cattivi


Chi va su Twitter o crea un blog deve avere la pelle dura, prepararsi a tutto
(John Suller docente di cyber-psicologia alla Rider University)

Un popolo di mostri si aggira fra noi; gente spietata e senza cuore, incapace di riflettere, poco intelligente come si conviene a chi ha il cuore di pietra. Non poche persone, non una banda ma una folla, una moltitudine. Questa legione di decerebrati abita il web. Sì, effettivamente molti di loro hanno un domicilio reale e vivono fisicamente fra noi, sono gli arroganti, gli stalker, i violenti, gli ottusi… Pericolosi ma facilmente identificabili e in numero, tutto sommato, limitato. A differenza di quelli che abitano il web. Moltitudini di utenti Facebook e Twitter (e altri social, ma ovviamente questi sono i più rilevanti) che sfruttano questo potente filtro per predicare odio, insensatezza, catastrofismo, razzismo.

Prendete questo primo esempio tratto dal blog di Saverio Tommasi:

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So bene che molti lettori di Hic Rhodus hanno dubbi sulla gestione dell’immigrazione, possono essere favorevoli ai respingimenti etc., ma non è questo di cui stiamo parlando. Un tale su Facebook gioisce della morte di sconosciuti, graditi o non graditi, e diverse persone si accodano per gioire assieme a lui. Della morte di persone, che avranno avuto un nome e un cognome, una storia, delle speranze, degli affetti… Era solo un esempio di mille. Se ne volete uno più recente leggete i tremendi commenti di guardie carcerarie dopo il suicidio di un detenuto:

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C’è il razzismo ignorante che insulta su Facebook la miss nera di Livorno e quello alimentato ad arte da alcuni politici contro altri che scatena deliri di insulti sanguinosi (come quelli alla Boldrini). Il meccanismo, indipendentemente dall’argomento, è sempre lo stesso: un commento razzista (sessista, sarcastico…) cui segue un numero ampio di ulteriori commenti, semmai peggiori, più gravi, da querela (la diffamazione via social network è equiparata a quella a mezzo stampa, art. 585 del codice penale).

Io personalmente uso molto i social network, Twitter in particolare. Le risse (virtuali) sono continue; stipati nei 140 caratteri, senza conoscersi e con le necessarie (e a volte lunghe) attese della risposta altrui, ci sono scambi velenosi che si trascinano per mezze giornate. Ma non è solo un problema di social network. Diversi quotidiani e blog concedono spazio ai commenti dei lettori. In alcuni casi (per fortuna limitati fra i quotidiani, più frequenti nel blog, non solo quello di Grillo che resta l’esempio più chiaro) questi commenti non sono moderati, o non lo sono in maniera adeguata. A seconda dell’argomento (o del “via libera” concesso dall’amministratore?) si assiste a volte a campagne d’odio espresse con parole di violenza inusitata.

Poiché registro una grande differenza fra la gente che incontro per strada e quella dei social, mi viene da pensare che per molte persone un comportamento e un linguaggio che eviterebbero in pubblico viene considerato accettabile sul Web. Complice l’uso di pseudonimi, complice il fatto che anche se usi il tuo nome vero, salvo la cerchia ristretta di tuoi amici, chi ti conosce? Ma specialmente complice l’apparente barriera del filtro tecnologico. Sei nel tuo salotto, apri il portatile, leggi la notiziona-che-deve-fare-indignare e giù un insulto. Leggi un tweet sui matrimoni gay e via una battuta volgare, e se ti rispondono male via con la rissa (verbale e virtuale!). Poi a un certo punto smetti, chiudi il computer e vai a prendere i figli all’asilo, vai a fare la spesa, prepari il sugo per la cena… Naturalmente devi essere già disinformato, ignorante, razzista, maschilista di tuo, ma in qualche modo nella vita borghese semmai ti controlli, ti limiti alla battutina, fai solo un’allusione… Ma sul web no, diventi Mr. Hyde e giù sproloqui e insulti.

Ci sono diversi studi che mostrano come i social media polarizzino e accentuino gli elementi negativi della personalità degli utenti. Facebook, per esempio, attraverso i “mi piace” che mettete ai vari contenuti, seleziona sempre più l’offerta delle pagine suggerite finendo col circondarvi di un mondo che vi somiglia, e che finisce col confermare le vostre medesime idee (QUI una sintesi dell’esperimento che lo dimostra). La facile “socialità” che sembra offrire Facebook favorisce l’espressione radicale delle proprie idee incrementando la creazione di pagine razziste (fonte) e aumentando il tasso di razzismo fra gli utenti (fonte). Internet non è mai stata “democratica in sé” e meno lo sarà nell’immediato futuro vista l’involuzione di cui ci ha parlato in queste pagine Ottonieri. Che poi la Rete sia diventata un rifugio per molteplici gruppi neonazisti che spargono il loro odio e la loro volgarità intollerante su tutto è questione nota, monitorata e fonte di preoccupazione.

Insomma: se la Rete ci facilita la vita (email, giornali on line…) ci rende anche un pochino più ottusi, tendenzialmente ignoranti, potenzialmente dogmatici e rissosi. Serve più attenzione, serve più competenza, serve più capacità critica sulla Rete di quanta ne serve al Bar Sport quando ci lasciamo andare a battute e critiche veloci con gli amici. Il mediocre utilizzatore di social network, quello che potenzialmente si lascia irretire, non si prende cinque secondi per meditare e clicca a vanvera, ha un profilo di facile identificazione, già tratteggiato da diversi osservatori fra i quali Federico Sbandi che in vecchio post ne delinea le caratteristiche peculiari in maniera breve e incisiva che vi invito a leggere in originale. Questi utenti, che non riflettono, condividono a vanvera, sono tendenzialmente qualunquisti, si risentono immediatamente se chiedete la fonte, se mettete in evidenza la loro contraddizione, se li invitate a riflettere (ho una lunga collezione di queste mie “provocazioni” e delle risposte evanescenti, seccate o rancorose, come QUESTA).

99 La Rete ci rende stupidi e cattivi 2Ignoranza. Rara disponibilità ad approfondire. Minor disponibilità al confronto. Facilità al commento violento e volgare. Disponibilità alla rissa verbale. Sì, non sto facendo una buona propaganda ai social network che pure, come ho detto, utilizzo molto. Non c’è difesa: all’ignoranza occorre contrapporre istruzione e cultura, che in Italia hanno da tempo trend negativi consegnandoci ai livelli bassi delle classifiche internazionali (anche se limitatamente alle competenze economiche ne abbiamo parlato non molto tempo fa). Per la violenza e la disponibilità alla rissa non vedo parimenti soluzioni: l’incontinenza verbale è spacciata come discussione politica in quasi tutti i talk show. L’ingiuria, il dito medio alzato, l’epiteto ingiurioso sono il linguaggio corrente di politici e persone dello spettacolo che riempiono così pagine di cronaca nei quotidiani senza suscitare particolare biasimo. L’inciviltà dei comportamenti, l’inciviltà del linguaggio, sono un segno dei tempi, e molti utenti della Rete sfogano a loro volta, in questo miserevole modo, la loro debole capacità di comprendere il mondo.

Ma occorre stare attenti. Attraverso questa ignoranza passano le idee più stravaganti e insensate, l’idea che il mondo sia dominato da complotti (poiché non lo si capisce, deve esserci un grande inganno!), che qualunque bufala rimbalzata su Facebook (e ce ne sono quantità incredibili) sia vera solo perché l’ha cliccata un amico, che non sia necessario capire, che tutto il mondo sia una scenario confuso e parimenti grigio (“tutti ladri”, “i soliti noti”, “la casta” e tutte le generalizzazioni che aiutano a non discernere nella complessità). Dobbiamo naturalmente opporci a tutto questo. Non deve passare alcuna bufala senza che noi chiediamo al responsabile che dia dimostrazioni. Non deve passare nessun insulto senza che noi blocchiamo e cancelliamo quell’utente dal nostro profilo. Non deve esserci alcuna dimostrazione di ottusità senza una nostra prova di intelligenza.