Pensiamo ORA al dopo coronavirus

E se il mondo, l’Universo, Dio, il Fato, la coscienza collettiva, le anime dei defunti oppure un’incredibile eterogenesi di fini che produce segnali che cercano solo chi li vuole leggere, se i bodhisattva, un segreto ordine cosmico, una razza evolutissima e benigna di exraterrestri stessero cercando di indicarci una strada? Insomma: se il trito e abusato motto che ogni evento negativo può essere fonte di sviluppi positivi fosse realmente preso in considerazione, se il male che non tutto vien per nuocere fosse accolto per ciò che potrebbe (forse, chissà…) portare… Ma non potremmo approfittarne per una svolta? Se alla fine della fiera (una fine – nel senso di conclusione – ancora lontana), seppelliti i morti, guariti i feriti, leccate le ferite, osservando le macerie decidessimo di non tornare nel consueto, di non replicare i torti, di non duplicare gli oltraggi ma, con una spinta di reni, ci inventassimo un mondo nuovo? Ma che dico ‘mondo’? Un’Italia nuova, che di per sé è già compito gigantesco, da far tremare le vene ai polsi degli dei, semmai gli dei hanno polsi…

Immaginiamo innanzitutto una socialità nuova, fatta di consapevolezza e rispetto, dove al cretino o alla cretina che infrange le regole comuni a scapito della collettività si dice subito, immediatamente, sei un cretino, sei una cretina, fermati ORA! E dove un* giovane di 20 anni è già sufficientemente responsabile e non scappa a casa da mammà per non restare bloccata a Milano, e poi non corre a farsi intervistare dal quotidiano con tanto di foto con sorriso deficiente (QUI). E comunque non troverebbe giornalisti disposti a sbatterla sul giornale per strappare qualche click. E si va tutti al parco senza problemi, e si va al supermercato in modo disciplinato, e non si dà di matto se il calcio viene bloccato, e si chiudono temporaneamente le attività dei ragazzini perché i dirigenti sono responsabili ma anche le mamme smettono di fare le cazzare su Uozzap. E per questa socialità nuova, visto che i neuroni a disposizione sono quelli che sono, non è che il coronavirus li possa moltiplicare, per questa socialità nuova – dicevo – sapete cosa serve? Che la gente dica, protesti, non tolleri, denunci, indichi, testimoni. Non su Facebook ma per la strada, al parco. Che non tolleri il cittadino idiota che infrange i divieti, e che non tolleri il presidente di Regione che straparla per ottenere consensi partigiani, che non tolleri il giornalista delinquente che diffonde panico ma neppure il presunto esperto in cerca di visibilità (mai visti tanti esperti in giro come in questi giorni; solo di matematici ne ho ascoltati quattro! Matematici! Io credevo fossero animali mitologici…). In questa socialità nuova la gente intelligente è responsabile, e poiché è intelligente e responsabile ci mette la faccia, e la conclusione è che la minoranza intelligente, e responsabile, e che ci mette la faccia, spezza la cacofonia degli sciagurati, stolti, ignari e ignavi, irresponsabili. Forze, gente intelligente e responsabile, fatevi sentire, iniziamo ora a cambiare qualcosa!

A partire dalla socialità nuova possiamo rimboccarci le maniche e pensare a cosa avrà distrutto, di bello e di buono, la crisi del coronavirus, per ricostruirlo con spalle più robuste. La sanità, per esempio, un gioiello a livello mondiale che si va smantellando, da destra e da sinistra, e che sta resistendo come può all’onda d’urto del virus al Nord (per il Sud aspettiamo qualche giorno per sapere come andrà ma, onestamente…). Cittadini capricciosi e viziati che hanno disperso e lasciato disperdere questo patrimonio, e che ora corrono lamentosi a invocare cure, e semmai vaccini. Il nostro sistema sanitario deve essere rafforzato, protetto e alimentato in termini di risorse economiche per la ricerca e per l’università e per il personale, ma poiché sappiamo benissimo quanto malaffare, quanti interessi e quanti cialtroni si nascondono dietro e dentro la sanità, occorre fare attenzione. Non ricostruire copiando il vecchio, ma approfittare per un sistema sanitario nuovo, di eccellenza e senza sprechi (QUI il nostro punto di vista).

E aggiungiamo l’iniqua disparità, visibilissima in momenti di crisi come questo, fra chi ha un lavoro più o meno stabile e garantito e chi si deve arrabattare guadagnando il pane giorno per giorno, artigiani e artisti, consulenti e commercianti. C’è un mare di gente, là fuori, che dall’oggi al domani, con le limitazioni (giuste) del governo, si trova senza un euro di reddito. Niente assistenzialismo, niente carità, ma dispositivi per una sopravvivenza dignitosa: controllata, limitata, compatibile con le risorse (che ci sono, se solo si avesse il coraggio di rivedere le varie misure già previste ma in buona parte ingiuste, inefficaci e deteriori, a partire dallo stupidissimo reddito di cittadinanza; ne abbiamo trattato, fra l’altro, QUI). Per fare questo occorre zero demagogia, 100% di razionalità e, sempre, che i cittadini scottati da quanto sta accadendo (e da quanto li sta per toccare) si sveglino, si scuotano, e pretendano il meglio per il Paese.

Ma per fare questo dobbiamo assolutamente liberarci da questa massa di autonomie malate che ci stanno intossicando. Lo spettacolo indecente di molti (troppi) presidenti di regione è scandaloso, come ha scritto di recente Ottonieri. Le Regioni vanno assolutamente ridisegnate, sia come aree geografiche (macroregioni) sia come ridefinizione, al ribasso, delle loro funzioni, cambiando integralmente quanto scritto al Titolo Quinto della Costituzione. Si mettano il cuore in pace i padani “virtuosi” come i meridionali “orgogliosi”: la gara a chi fa peggio per il Paese li vede impegnati in una bella gara (sarcasmo). Non si può aspettare più. Malgrado l’occasione mancata dal burbante Renzi (non capìta, sabotata dai “suoi”, troppo tecnica, troppo banalizzata in slogan fuorvianti) occorre riprovarci; mettere un bel bavaglio agli intellettuali organici à la Zagrebelsky (che comunque tace di suo, dopo lo sforzo immane di avere salvato la Costituzione-più-bella-del-mondo dal proditorio attacco eversivo del fiorentino) e mandare a casa gli Zaia, i Sala, gli Emiliano, i De Luca… Le Regioni tornino ad essere quello che erano, enti intermedi di programmazione, facciamoli dirigere da brave teste d’uovo e non pensiamoci più.

Difficile credere che i cittadini non vedano lo sconquasso prodotto da questi satrapi. E se non vedono con chiarezza, un altro paio di settimane di coronavirus e vedranno per forza. 

Socialità e consapevolezza; protezione del sistema sanitario; equità nel trattamento fra categorie di cittadini (troppi sono gli iperprotetti a scapito di precari), radicale cambiamento delle Regioni, da mettere in condizione di non nuocere.

No, non basta mica; ma cominciamo da qui. Poiché il coronavirus sta toccando esattamente tali questioni, sarà ragionevolmente più facile (meno difficile) partire da qui. Che poi alla gente dà gusto partecipare a una bella rivoluzione sociale e culturale, e dopo potremo attaccare lo scandalo della disparità Nord/Sud, l’inaccettabilità di un sistema scolastico sfasciato, un dissesto idrogeologico che ha nomi e cognomi chiari e precisi… 

L’importante è incominciare.

La gente crede di dover omologarsi, portare la famigliola nei centri commerciali, guardare la partita di calcio e se possibile fregare l’assicurazione. Questo è il mondo dell’omologazione populista che ha illuso delle virtù dell’idiozia, che rende tutti uguali, che assicura il pasto gratis, che disimpegna. Ma se riusciamo a far vedere la bellezza dell’impegno, della ragione, del senso civico, del sentirsi parte responsabile di una comunità, oh! signori miei, se facciamo dare appena un piccolo morso a questa libertà, ai nostri concittadini, non ci sarà più un buco dove andarsi a nascondere per populisti, terrapiattisti, no vax, leghisti e studentesse bocconiane scappate da mammà.

(L’immagine di copertina è fresca fresca da un piccolo Bezzi… Una nota di speranza)