La Democrazia è gratis. Se sei cittadino italiano e non hai fatto qualche boiata pazzesca (ma proprio brutta brutta) tu puoi votare, fondare un partito, candidarti, governare il Paese e rappresentarlo nel mondo. Non devi fare nulla. Votare, per esempio, non costa nulla salvo quell’enorme seccatura di recarti al seggio, ma è proprio l’unica fatica. Non ti è richiesto di capire qualcosa di politica e puoi votare anche solo per sentito dire, perché un candidato ha la faccia che ti piace, perché lo vota anche il tuo amico del cuore; oppure puoi fare una scelta a caso, così per gioco, fare ambarabà cicì cocò e votare secondo la conta. È un tuo diritto, perché tu sei un cittadino, vali uno come tutti gli altri, e col tuo voto puoi fare ciò che credi. Anche se sei un vero bastardo hai diritto a votare; se picchi tua moglie e maltratti i figli, sei un lazzarone buono a nulla, abbandoni il cane e incendi i boschi, non sei capace di tenerti un lavoro, imbrogli, menti e sputi per terra, anche in questo caso sei e resti un cittadino, vali uno come tutti gli altri e hai il diritto di andare a votare come credi.
Sei un cittadino e vali uno. Come me. Anch’io valgo uno quando vado a votare. Io pago le tasse fino all’ultimo centesimo, non ho mai subito processi né tanto più condanne, rispetto il prossimo, guido con prudenza, sono molto informato, studio continuamente, difficilmente parlo se non posso mettere in campo qualche competenza e, per quanto riguarda la politica, leggo regolarmente i programmi di partiti e candidati, considero le informazioni, risalgo alla loro fonte e, insomma, quando vado al seggio sbaglierò, chi può dirlo, ma certamente faccio errori molto ben informati. E di valere uno come i cretini e i farabutti mi pare un evidente vulnus della Democrazia.
La democrazia come ce la raccontiamo (perché la narrazione differisce non poco dalla realtà) riguarda il diritto del popolo a governare. Tutti uguali, ognuno vale uno, si prendono le decisioni assieme; e poiché abbiamo teste diverse e potremmo vederla diversamente, allora ci contiamo e la posizione maggioritaria vince.
Su queste ultime righe si potrebbe scrivere un trattato, perché nessuno di quegli asserti è convincente.
- Tutti uguali, ognuno vale uno: questa è mera retorica populista; nella realtà siamo tutti diversi e, se non si vogliono scomodare differenze di intelligenza e cultura (così poco democratiche) indichiamo almeno le asimmetrie informative ineliminabili: c’è chi conosce determinate cose e chi le ignora; c’è chi, conoscendole, le inserisce in un determinato quadro concettuale e chi in altri, significando quindi diversamente le stesse cose (questo dipende dai diversi “schemi mentali”, come li chiama Neisser, frutto di educazione, interazioni, esperienze differenti…); Quindi, “ognuno vale uno”, giustamente, come aspirazione riguardo un egualitarismo relativo ai bisogni fondamentali, non come capacità di elaborazione sociale e politica, come sede di una supposta intelligenza e saggezza del popolo (bizzarra idea che si chiama, appunto, “populismo”);
- la maggioranza vince: una cosa assolutamente terrorizzante. Date le asimmetrie informative di cui al punto precedente, è facile supporre che una parte dei cittadini – ognuno dei quali vale uno – non sia in grado di ben valutare ciò su cui deve decidere. È sempre stato così, ma oggi c’è un fatto nuovo, rilevante e negativo: che non sapendo bene cosa decidere ci si affidi a più comodi cliché, stereotipi, pigrizie, consuetudini, luoghi comuni, culture locali, conoscenze tacite oppure, questo è il problema di questi ultimi anni, ai cliché, stereotipi eccetera della comunità di appartenenza che oggi è sostanzialmente virtuale. Sul fatto che la Rete non sia democratica spero non ci siano dubbi; il fatto che consenta di far circolare un’incredibile quantità di bufale, prontamente credute dai più, è altrettanto noto .
A questo punto, tremo all’idea che una massa disinformata e omologata decida, a maggioranza, il mio destino (sul concetto, vecchio e un po’ naïf, di omologazione, vi invito a leggere questo mio vecchio post).
A me pare che il concetto di “Democrazia”, tanto nobile e così sanguinosamente (e giustamente) difeso nella storia europea del secolo scorso, sconti due affanni evidenti nel mondo contemporaneo: il primo riguarda la riduzione di sovranità dovuta alla globalizzazione, alla Comunità Europea, ai mercati finanziari, all’interdipendenza sistemica che non rende più, un Parlamento, sovrano assoluto nella guida del Paese. Questo punto, indubbiamente strategico, meriterebbe altre riflessioni. Il secondo affanno riguarda invece i cittadini e la loro crescente difficoltà a farsi carico dei problemi, a partire dalla selezione dei suoi rappresentanti politici fino all’indicazione di prospettive e soluzioni (nelle forme previste, dalla partecipazione politica ai referendum popolari). L’attuale stallo politico dell’Italia, il suo declino economico, lo sfascio dell’istruzione e dell’Università, il populismo dilagante e molteplici altri segnali sono lì a rappresentarci questa difficoltà. Un popolo che crede alle continue bugie dei politici schierandosi fideisticamente a difesa del proprio leader, contro ogni logica, mostra, a mio avviso, che privi di una competenza minima e di consapevolezza lucida il sistema democratico, almeno in Italia, non potrà reggere a lungo (sul fatto che tutti i leader politici dicano bugie, adatte al proprio elettorato e da esso creduto, l’ho ampiamente documentato QUI e nei link correlati).
Cosa fare? Io vedo sostanzialmente due interventi, possibili senza stravolgere il sistema attuale ma sperabilmente capaci di indicare una strada, ovvero quella della non gratuità della democrazia:
- Una formazione minima, specifica, garantita per tutti, di educazione civica vera: le basi della Costituzione, il Parlamento e le leggi, le funzioni di Regioni, Province e Comuni, i programmi dei partiti… Questo va fatto dalla scuola primaria alla secondaria superiore e deve essere disponibile anche per ogni altro cittadino non più in età scolare, gratuitamente. La partecipazione non potrà essere obbligatoria, ma chi non ha fatto questa formazione minima, e non possiede la relativa certificazione, non deve poter votare. Il diritto politico attivo e passivo deve, in sostanza, essere concesso solo a chi conosce, almeno per larghe linee, l’ABC della democrazia. Nessun obbligo. Ma se non interessa capire come la democrazia funzioni, allora non può interessare neppure il voto.
- I diritti politici attivi e passivi devono essere vincolati a un comportamento etico, civico, ispirato al senso dell’appartenenza a una comunità. Chi si macchia di reati contro l’appartenenza comunitaria deve essere temporaneamente privato dei diritti politici. Un pubblico ufficiale si lascia corrompere? Oltre alle pene previste dal Codice deve essere escluso anche dalla possibilità di votare per un certo numero di anni (ciò è già previsto, in forme limitate); un automobilista investe un passante perché ubriaco? Un pastore incendia un bosco per ampliare il suo pascolo? Un industriale versa sostanze tossiche nel fiume? Un politico compera voti? Diritti politici sospesi per un certo numero di anni. Il tema non è “la colpa”, trattata dai Codici, ma la “responsabilità” verso la comunità.
Il primo punto, l’educazione civica, può fare sorridere, e invece credo sia importante; aggiungendo la necessità di rinnovare la certificazione ogni dieci anni, supponiamo, avremmo l’immediato vantaggio statistico di capire che un sacco di gente non va a votare perché non glie ne importa un fico secco, e non già perché disillusa dalla scadente offerta politica. Con questo sistema molti cittadini, che continuerebbero a valere uno come diritto all’assistenza sanitaria etc., semplicemente rinuncerebbero a questa fatica del sottoporsi all’esame necessario, non gli importerebbe nulla, e uscirebbero dalla base elettorale, non più costituita dalla totalità dei cittadini italiani maggiorenni (meno i pochissimi interdetti) ma da quella parte di cittadini che si sono sottoposti alla certificazione, e quindi hanno studiato l’ABC del funzionamento della Democrazia mostrando un minimo di interesse per la cosa pubblica.
Il secondo punto è invece fondamentale in senso repressivo. Leggiamo in continuazione di decerebrati che provocano risse per futilissimi motivi (l’esempio del calcio è sufficientemente eclatante ma non esaustivo), di stalker sostanzialmente impuniti che ammorbano la vita di donne disperate, di giovani burbanti che allagano la scuola per vedere l’effetto che fa (il voto a sedici anni? Ma siete pazzi??), di idioti che provocano danni irreparabili “per gioco” (come nel caso del ragazzino violentato con l’aria compressa a Napoli); tutti costoro devono essere esclusi dai diritti politici attivi e passivi per un certo numero di anni. Non posso pensare che il voto di un cretino demente valga quanto il mio! Naturalmente per molti più anni priveremo di diritti politici i funzionari dello stato corrotti, concussi, abusatori dei loro poteri. Prego notare che l’interdizione dai pubblici uffici è già presente nel nostro Codice Penale, con norme che risalgono agli anni ’30 (e modifiche più recenti ma non recentissime), e si tratterebbe semplicemente di estenderle come fattispecie di reati e di ampliarle come durata.
Considerando che ho scritto non pochi articoli molto liberali, chi mi legge su HR si potrà stupire di questo furore punitivo ma voglio ricordare un concetto molto semplice che in molti conosciamo attraverso la celebre frase di Mill:
La libertà dell’individuo va limitata esattamente nella misura in cui può diventare una minaccia a quella degli altri (John Stuart Mill, Sulla libertà)
o altre simili (che potete ritrovare in un post in cui parlavo di diritti e di doveri, qualcosa quindi di molto pertinente). Ora: se mettiamo in galera il ladro per “rieducarlo” (sì, vabbé!) e impedirgli di nuocermi ancora, o il truffatore, o il violento, con interventi mirati al suo reato, perché non dovremmo considerare gli effetti generali, per la nostra convivenza, per la nostra Democrazia, di personalità violente, di caratteri intolleranti, di disponibilità dolose, di indifferenze conclamate, di abusi di potere e di ruolo, di mancanze di scrupoli, di amoralità immature, di cinismi irrecuperabili, di opportunismi vergognosi? Perché non buttiamo alle ortiche la retorica dell’uno vale uno e non incominciamo a pensare che uno vale ciò che dimostra di valere, fosse poco ma onesto, e che chi demerita viene sanzionato in una forma che probabilmente non colpisce il reo (troppo stupido, troppo cinico per sentirsi toccato dall’interdizione dei diritti politici) ma che interessa tutti noi, che il nostro “uno” lo fatichiamo giorno per giorno? Quindi: togliamo i diritti politici ai cretini!!