Le donne, i diritti, l’integrazione. Dopo i fatti di Colonia

Copertina Dossier migrazione

Sulle molestie di massa subite da centinaia di donne di Colonia (e di altre città) da parte di individui “di aspetto nordafricano o arabo” avete letto già più o meno tutto. Aggiungo qualcosa perché la chiave di lettura da adottare a me sembra solo sfiorata e non sufficientemente sviluppata nelle sue conseguenze. Allora dico subito che il problema non è (solo) la molestia alle donne. Molti commentatori e blogger si sono concentrati su questo aspetto, certamente grave, gravissimo, che impedisce però di vedere un problema più ampio. Per esempio l’ottima blogger Anna Mallamo scrive, su Manginobrioches un post indignato e vibrante – che sottoscrivo – sullo sfruttamento della donna, sull’istinto predatorio e così via prendendosela con le donne che, in nome di un mal interpretato relativismo culturale e sposando “la causa dei disperati che bussano alle nostre porte” tacciono anziché protestare. Interessante anche quanto scrive Annunziata sull’HuffPost; scritto da una delle penne dell’intellighenzia progressista, quel “sul corpo delle donne no pasaran” è emblematico di un mutamento di prospettive, più ampio di quello di Mallamo ma ancora circoscritto.

Voglio aprire subito i giochi sostenendo che in ballo non c’è il problema delle donne. Non solo quello, almeno. Mi associo a quanto scrive Deborah Dirani sempre sull’HuffPost ma prima dei fatti di Colonia, sulla falsa indignazione occidentale riguardo la fatwa del Califfo sulle schiave sessuali; Dirani, in un testo che può suscitare reazioni controverse (basta leggere i commenti dei lettori) ricorda che le violenze e le discriminazioni sulle donne sono estremamente diffuse anche in Occidente; secondo l’Autrice, quindi, è ipocrita condannare questo atto (certamente osceno) del Califfo continuando a umiliare le donne da noi. Attenzione: questo non significa, in realtà, non indignarsi; Dirani intende semplicemente ricordare che l’Occidente non è il paradiso dell’uguaglianza e dei diritti compiuti, e che dobbiamo ancora percorrere molta strada.

La sintesi cui vorrei pervenire coinvolge le donne, certamente, ma più in generale il discorso dei diritti e di come viene affrontato in Occidente rispetto ad altre aree del mondo. È vero quanto dice Dirani ma, appunto, può dirlo e scriverlo perché c’è crescente sensibilità al tema. L’Occidente discrimina ancora le donne sul lavoro, mercifica ancora i loro corpi e sono frequenti i casi di molestie e violenze ma, questo è il cuore del ragionamento, suscita scandalo l’abuso, fa notizia la violenza, cresce una pubblica opinione che chiede parità di trattamento reale. Questo accade come regola per tutti i diritti delle minoranze; Salvini può protestare contro la costruzione delle moschee ma – appunto – ne può democraticamente discutere in un contesto politico e culturale che difende le minoranze religiose e il loro diritto a praticare la loro fede; i fondamentalisti cattolici sviluppano iniziative contro i diritti degli omosessuali, appunto perché si discute di diritti ammissibili, consoni alla cultura democratica occidentale, in molti paesi già acclarati. Il problema non è “la donna”, non è “l’omosessuale” e non è “il musulmano”; la questione è i diritti individuali in una società plurale, e l’Occidente ha imboccato da alcuni secoli questa strada: con timidi passi avanti, qualche clamoroso passo indietro, difficoltà, contraddizioni… ma andando avanti: ogni individuo ha diritti di esistenza ed espressione e parità di trattamento: le donne, gli omosessuali, i credenti in qualunque religione e così via. Non devono esserci “diritti in quanto donna”, “diritti in quanto omosessuale” etc., ma semplicemente “diritti in quanto persone”. Questo è il cuore pulsante dell’Occidente democratico e liberale. Poi, le persone, declinano in modo specifico tali diritti: le donne e il diritto alla maternità responsabile, gli omosessuali e il diritto al riconoscimento della loro unione, i credenti e il diritto a praticare la propria fede.

Il problema è che in altre aree del mondo non esistono i diritti degli individui, declinati come detto, ma solo una cristallizzata visione del mondo fondata su dogmi antichi legittimati da letture ristrette di libri presunti divini. Una versione particolarmente ristretta di tale dogmatismo rende subalterne le donne, ma uccide anche gli omosessuali, imprigiona i miscredenti e non tollera critiche e opposizioni. Si tratta di un mondo che impedisce qualunque minoranza, non tollera l’uguaglianza, non ammette la discussione (c’è un libro sacro, c’è chi lo interpreta e detta la conseguente legge); un mondo maschile, senza ombra di dubbio, un mondo dove i rapporti di potere sono a totale vantaggio dei maschi eterosessuali fedeli alla legge; questo mondo ha distanze siderali dal nostro perché disconosce la pluralità e, di fronte ad essa, imprigiona e uccide.

Tornando ai fatti di Colonia, allora, la lettura è assai più tragica e preoccupante. Non già un delirio occasionale di uomini frustrati da una cultura misogina, ma un attacco a uno stile di vita, quello occidentale, che suscita rancore e scandalo. La donna libera che festeggia in jeans e maglietta, a viso scoperto e in compagnia promiscua il capodanno, è insopportabile come la tolleranza verso gli omosessuali, come il diritto alle fedi o all’ateismo; la donna libera in occidente è una continua denuncia della misoginia maschilista dei popoli più retrivi e delle religioni stupidamente interpretate in modo restrittivo e fondamentalista (e questo non riguarda solo un certo Islam); la donna libera è un manifesto permanente dell’impossibilità di integrazione di culture così distanti (delle culture, non degli individui) e della necessità di rimettere in profonda discussione gli insegnamenti dei padri, quelli dei religiosi, quelli dei pari. La donna libera, più dei meno visibili omosessuali e atei, è una continua provocazione al machismo represso inteso come diritto. Il bersaglio – attraverso le donne di Colonia – è la cultura occidentale dei diritti degli individui. E va sottolineato che non si è trattato di sporadiche molestie da parte di alcuni ubriachi, ma di un’aggressione chiaramente progettata e pianificata, e in questo elemento si trova il cuore pulsante del problema.

Allora, se questa analisi è corretta, le conseguenze devono essere altrettanto nette. Non si tratta solo di acciuffare e punire i molestatori di Colonia, ma di interrogarsi sul trade off fra tolleranza e diritti, democrazia e princìpi, inclusione e libertà. Se la strada occidentale, con i suoi mille limiti e difetti, è la strada dei diritti individuali entro le differenze, e quindi l’inclusione, la libertà e la tolleranza reciproca, questo, esattamente questo, è ciò che le migliaia di rifugiati e immigrati devono imparare ad accettare. Loro possono venire in Europa a pregare i loro dei (una cosa spesso impossibile da fare per gli stranieri nei loro paesi); loro possono venire e mangiare o non mangiare i loro cibi, vestire come credono, insegnare ai propri figli la loro lingua e le loro tradizioni. Questa è ricchezza. Ma il prezzo che devono pagare è l’accettazione di ogni singolo elemento della nostra cultura liberale. In Occidente le donne sono libere e chi le sfrutta viene condannato; in Occidente gli omosessuali hanno sempre più diritti e chi li ferisce viene condannato; in Occidente preghi chi vuoi e se sei ateo hai tutto il diritto di manifestarlo (qui un riferimento a Charlie Hebdo è d’obbligo, e la strage subita si inscrive esattamente in questo medesimo discorso, solo più tragicamente), e chi non tollera questo viene condannato. L’integrazione è una strada lunga e difficile, che noi occidentali per primi dobbiamo compiutamente imparare; può apparire una forca caudina intollerabile per chi è fortemente portatore di princìpi differenti ma non c’è altra strada. Accoglienza sì; arresa di fronte all’intolleranza altrui no.

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