Difendere gli interessi degli italiani

Come si decide quali siano gli “interessi” di una comunità di 60 milioni di persone? 60 milioni, poi, di valdostani e siciliani, montanari e marinari, italiani da 10 generazioni, da sole 5 (e già qui troveremmo una marea di occhi a mandorla, per esempio) o solo da una, che parlano peraltro decine di dialetti di origine storicamente differente e perfino incomprensibili l’un l’altro. Non si può che tentare un percorso logico discendente, che dall’astrattissimo concetto di ‘interesse’ scenda la scala di generalità fino a indicatori che siano più chiari, meglio identificabili, più “operazionalizzabili” (= che suggeriscano modalità operative, per esempio la realizzazione di politiche pubbliche, per raggiungere gli obiettivi).

Capite che questa discesa logica ognuno la può fare a modo suo, non c’è un “modo giusto”, anche se potremmo indicarne molti sbagliati. A solo titolo esemplificativo ve ne propongo una mia, così: 

In questa ipotesi abbiamo 12 “indicatori” degli interessi degli italiani che sono ancora piuttosto generali, ma ci permettono una qualche definizione operativa.

Non li ripercorrerò tutti e 12 con voi,sarebbe lungo e comunque impreciso; occorrerebbe una scrittura piuttosto attenta e profonda per trattare adeguatamente ognuno di questi temi, ma se siete interessati all’orientamento di Hic Rhodus credo che abbiamo scritto su ciascuno di questi molti articoli.

Farò delle piccole considerazioni più generali, collocandomi a un livello un po’ più astratto e trasversale.

  • Tutto il settore del benessere materiale è in Italia a livelli inaccettabilmente corporativi che ci stanno portando al disastro. La scemenza del reddito di cittadinanza è iniqua, calpesta merito e lavoro, trascura famiglie bisognose, come hanno chiaramente dimostrato analisi indipendenti. Altra cosa è ragionare sull’enorme cambiamento del concetto di lavoro, forse sulla sua prossima scomparsa così come lo conosciamo, e sulla necessità di un reddito universale di stampo assolutamente nuovo. Ovvio che “lavoro”, “previdenza”, “sostegno al reddito” vadano non solo drasticamente ripensate, ma ripensate assieme. Qualcosa di impensabile in Italia dove si conquistano seggi in parlamento promettendo pasti gratis.
  • La sicurezza intesa come salute, benessere del corpo, salvaguardia del territorio e così via è, in Italia, a livelli intermedi fra penoso e mafioso: la ricerca scientifica (non solo in campo medico) è al lumicino, gli sprechi sanitari sono abissali, il territorio è devastato (pensiamo solo, nell’attuale fase di emergenza dell’acqua, che disperdiamo il 42% delle risorse idriche per impianti e tubazioni difettosi!). Corriamo continuamente dietro l’emergenza del momento, sempre facilmente prevedibile, buttando via montagne di soldi, mentre nessuno mette mano a interventi generali e strutturali i cui effetti si vedrebbero troppi anni dopo, per ripagare politicamente.
  • Ma è giusto parlare anche di sicurezza fisica nel senso di certezza di non essere aggrediti sull’uscio di casa. Malgrado tutto, le statistiche ci dicono che l’Italia è uno dei pesi più sicuri al mondo, e non vale la pena parlarne più di tanto. C’è anche una sicurezza collettiva, in quanto Paese, e in epoca di guerra ai confini dell’Europa è bene ricordare che la pace non è scontata, non è garantita, e nel mondo si agitano potenze militari rilevanti guidate da bulli psicopatici. Allora, la posizione di Hic Rhodus è sempre stata molto chiara: sì alla difesa e no al pacifismo astratto (vale a dire, per esempio, sì a dare armi a Zelensky); sì alla NATO, certo, che oggi come oggi non può essere messa in discussione (grazie al colpo di testa di Putin, che ha resuscitato una creatura in forte stato comatoso) ma attenzione: la NATO va ripensata, perché una NATO a trazione americana, succube degli interessi americani del momento, non è nell’interesse europeo, e quindi italiano; se si ripercorre a mente fredda la storia degli ultimi 30 anni, diciamo dalla caduta del Muro, la NATO e gli USA (assieme o distintamente) hanno prodotto una serie cospicua di disastri internazionali in Medio Oriente, hanno operato per accelerare l’ingresso in Europa di paesi ex sovietici assolutamente immaturi e illiberali, hanno soffiato sul fuoco della contrapposizione con la Russia, eccetera, in modi e forme le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti coloro che si vogliono definire “atlantisti” a prescindere, e quindi in maniera ideologica. Per questo Hic Rhodus ha sempre reclamato una politica estera e di difesa europea, autonoma, capace di mettere al primo posto gli interessi europei; questi interessi moltissime volte coincidono con quelli americani, ma alcune volte no. (Quindi: Europa, Europa, Europa!)
  • La parte sull’inclusione è forse una di quelle sulla quale abbiamo scritto di più, qui su Hic Rhodus, dichiarando più e più volte che a noi interessano i diritti universali delle persone, e non quelli particolaristici dei gay in quanto gay, delle donne in quanto donne, e così via (leggete a proposito la vibrante nota di Ottonieri all’indomani del pronunciamento della Suprema Corte sull’aborto). A me dei gay non importa un fico secco, e delle donne (e uomini), bambine (e bambini) idem, se non in quanto persone, che devono con evidente ovvietà avere gli stessi diritti di ogni altra persona: dal diritto al lavoro a quello del rispetto, dal diritto a convivere e amare chi gli/le pare a quello di non essere aggrediti per il proprio aspetto, per la religione, per le scelte sessuali e via discorrendo. Noi siamo contrarissimi ai diritti particolaristici, e assolutamente favorevoli all’estensione massima dei diritti civili a tutte le persone. Assieme all’estensione di tutti i diritti per tutti – e lo scrivo con vergogna, perché mi pare un’altra ovvietà – siamo per il rigoroso rispetto di tutti i doveri per tutti. Tutti gli immigrati sono ben accetti, se si possono accogliere, e hanno il dovere dell’integrazione; tutte le religioni sono ammesse, ma nessuna può vantare diritti di alcuna specie; tutte le declinazioni sessuali (perché fra adulti consenzienti) sono lecite, senza che reclamino un qualche diritto specifico (no quindi al DDL Zan, no alle “pari opportunità”, assolutamente no al linguaggio politicamente corretto e no al Concordato; no perché sono leggi particolaristiche, corporative, divisive, eccezionali, esclusive).
  • Sulla cultura, la scuola, l’Università, la dimenticata e trascurata educazione informale, ci sarebbe da piangere così tanto che sono stanco e non voglio tediare più il lettore.

Adesso, caro lettore, ragioniamo su chi, nel panorama politico italiano, compie un esercizio più o meno, anche vagamente, simile a quello che abbiamo appena fatto. Pochissimi e di peso trascurabile. A destra hanno timore della propria ombra e credono che la politica della paura sia premiante; ed è vero, perché il Paese è mantenuto nell’ignoranza (scuola abbandonata, opinione pubblica ridicola…). A sinistra si inseguono slogan demagogici vuoti di senso (“Accogliamoli tutti”, ius scholae, etc.) validi per dare piccoli contentini simbolici a un elettorato che ancora premia il pensiero breve.

Morta la politica, la grande ombra populista ha insegnato a deresponsabilizzare politici ed elettori, e si avanti così, due passi a lato, uno indietro, in un valzer che arretra, con l’orchestra del Titanic, nel profondo degli abissi.

Io vorrei un partito repubblicano (tanto per dare un nome che non sia uno slogan, come si usa adesso). Un partito che dicesse chiaro agli italiani che i diritti si guadagnano coi doveri; che il merito deve essere premiato a scapito delle corporazioni, che i sindacati ingannano il popolo, che nessuno ha diritto al pasto gratis, che si devono iniziare oggi imponenti sacrifici i cui frutti saranno colti dai figli e dai nipoti, che la pena deve essere certa ma giusta, che i condoni aiutano i parassiti, che chi non paga le tasse tradisce il Paese, che il lavoro deve essere dignitoso e ben pagato ma che tutti devono lavorare se vogliono avere pane e rispetto.

Ci sono germogli, sì, li vedo. Ma l’incancrenirsi pluridecennale del declino italiano ha portato i miei concittadini a non vedere le cose che vedo io, a non voler sentir parlare di mettere mano al portafogli, non voler puntare sui giovani. Sterili dibattiti nei talk show hanno sostituito la dialettica e l’argomentazione politica. Ma anche su questo mi sono lamentato così tante volte che mi sono pure stufato di ripetermi.