Il programma di governo di Calenda e Renzi

E col cosiddetto Terzo Polo chiudiamo la rassegna dei programmi di governo.

Prima una precisazione. Più di tre settimane fa abbiamo presentato il programma di governo di Azione (Calenda) assieme a +Europa (Bonino); un programma molto snello, chiaro, che servì come base per il successivo brevissimo accordo fra Calenda e il PD. Quella coalizione, per il battito di ciglia in cui è durato, era stata qui su Hic Rhodus acclamata e ben salutata, senonché è finita come è finita. Per chi si fosse persa una puntata, ai vari link ricostruite tutta la vicenda.

Adesso, ultimo fra quelli rilevanti, Calenda si presenta con nuovo e definito programma che, purtroppo, non ha il dono della sintesi del precedente.

Ma noi ci armiamo di santa pazienza e ve lo riassumiamo. Come sempre, in fondo, una nostra valutazione sintetica.

Il programma

Premessa: molto battagliera mettendo subito in chiaro dove va a parare il programma:

L’Italia è un Paese le cui energie sono da troppo tempo represse e soffocate da ideologie di tutti i tipi e dalla mancanza di meritocrazia e pari opportunità. […] Le ragioni sono chiare: dapprima conservatorismi e poi i populismi (di destra e di sinistra) hanno impedito all’Italia di realizzare quelle riforme profonde che erano necessarie per rilanciare la crescita e sfruttare le opportunità della globalizzazione. […] Non serve inventare nuove tasse, sognare la patrimoniale o riempirsi la bocca di “redistribuzione della ricchezza”, serve il connubio inscindibile tra meritocrazia e pari opportunità. Non solo, ovviamente. Chi rimane indietro va aiutato, ma non con la logica dell’assistenzialismo parassitario, bensì con l’instancabile tentativo di rimettere ciascuno in gioco, e da protagonista.

Diciamo che la carta d’identità liberale e razionalista e antipopulista è stata subito presentata. Vediamo come viene declinata in proposte di governo.

Produttività e crescita: da bravi liberali il programma si apre con lo sviluppo senza il quale – è implicito – non si va da nessuna parte: zero tasse per i giovani imprenditori e agevolazioni per favorire la crescita delle piccole imprese, rafforzare l’industria 4.0; aiutare le imprese a trovare manodopera qualificata (tramite una politica della formazione professionale); completare la riforma sulla concorrenza; sostegno al credito nell’artigianato. Tutte misure a costo zero o insignificante.

Mezzogiorno come secondo punto non è male: oltre a un’Agenzia per lo Sviluppo sulla quale ho dei dubbi (ma è colpa mia che sono prevenuto), Calenda e Renzi propongono misure di defiscalizzazione, migliori prestazioni sociali basate su indicatori socio-demografici (come avviato dal Governo Draghi); Alta Velocità; potenziamento porti e Zone Economiche Speciali da far funzionare. Interessante l’idea del Sud come “hub energetico del Mediterraneo”. Il Sud

deve rappresentare il naturale approdo dei gasdotti, nonché la piattaforma logistica di interscambio. Il Sud, inoltre, costituisce un luogo privilegiato di produzione di energia da fonte solare, eolica, geotermica e marina, e diverrebbe così un protagonista assoluto delle dinamiche della geopolitica mediterranea. 

Oltre ad altre indicazioni, si mette l’accento sulla necessità di migliorare i livelli di istruzione e lavorare per contrastare lo spopolamento delle aree interne.

Energia e ambiente: che vi piacciano o no le proposte del Terzo Polo, hanno ben chiaro cosa significhi transizione energetica; inutile proporre interventi mirabolanti raggiungibili in decenni se non si spiega cosa facciamo, e come, in tale percorso decennale (questa è stata la critica fondamentale che abbiamo mosso al programma dei Verdi). Ebbene Calenda distingue fra breve periodo (indipendenza dal gas russo, e quindi necessariamente due rigassificatori, aumentare la produzione nazionale – sì, vuole dire anche trivelle, una strategia per le rinnovabili e altro), medio periodo (riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 grazie a energie rinnovabili) e infine lungo periodo (mix energetico che includa anche il nucleare per arrivare a emissioni zero entro il 2050). Può piacervi o no, ma almeno qui vi hanno spiegato non solo cosa vogliono fare, ma anche come e con quali risultati. Poiché la riduzione delle emissioni non si raggiunge solo con la transizione energetica, ecco allora alcune proposte di transizione ecologica, fra le quali la riduzione dell’impatto del trasporto merci, migliorare l’efficienza energetica degli edifici (il programma indica come, con relativi costi), manutenzione foreste e piano per la gestione del dissesto idrogeologico (con costi indicati).

In questo capitolo si parla anche di crisi idrica ed economia circolare (sì, ci sono anche i termovalorizzatori, se no si fanno solo chiacchiere…). Tutto molto articolato ma non voglio annoiare i lettori.

Lavoro: il problema è piuttosto chiaro:

Il mercato del lavoro è improntato a un formalismo sfrenato, il costo del lavoro è altissimo, la produttività è bassa, la mobilità professionale molto limitata e gli spazi di ingresso per i giovani sono estremamente ristretti. Le imprese che operano in modo regolare sono sovraccaricate di opportunità di ingresso nel mercato del lavoro – viene contrastato dal sistema, mentre i contratti precari e illeciti si diffondono senza ostacoli efficaci.

Cosa fare dunque? Salario minimo (che immagino sarà votato all’unanimità visto che lo propongono quasi tutti), rimborso alle imprese che qualificano i dipendenti, contrasto alla precarietà promuovendo la flessibilità regolare (esattamente il contrario di quanto realizzato col decreto Dignità), semplificazione burocratica. Sul Reddito di Cittadinanza si propone di mantenerlo ma, visto il suo palese fallimento, con importanti modifiche:

Proponiamo che il sussidio venga tolto dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e che ci sia un limite temporale di due anni per trovare un’occupazione, dopodiché l’importo dell’assegno deve essere ridotto di almeno un terzo e il beneficiario deve essere preso in carico dai servizi sociali del Comune.

L’elenco delle misure nel capitolo “Lavoro” è ancora piuttosto ampio, e qui mi sono impegnato in una sintesi, quindi vado oltre.

Fisco: siamo a punto centrale perché – anche se il Terzo Polo si è ben guardato dal promettere mari e monti – i soldi servono, le cose da fare sono tante, e i cittadini devono sapere se devono mettere mano al portafogli. La premessa è questa:

Nessun settore come il fisco dimostra l’essenza del problema italiano: uno status quo vecchio ed inefficiente, oggetto di chiacchiere infinite da parte di opposti populismi troppo impegnati in una guerra di slogan  acchiappa-voti per pensare e realizzare un serio progetto di riforma. Il fisco italiano deve essere rivoluzionato, ma non a parole: con una seria e graduale opera di riforma sistemica, in grado di consegnare a famiglie e imprese un sistema più leggero e più semplice. 

Una premessa impegnativa che viene tradotta con proposte molto concrete e articolate (troppo lunghe da ricondurre qui) per la riforma dell’Irpef; l’abolizione dell’Irap per le persone fisiche; riforma e riduzione Ires; riordino Iva con due aliquote; riduzione della tassazione sul risparmio; correzioni al regime forfetario; lotta all’evasione che passi dalla digitalizzazione alla riduzione degli adempimenti fiscali; varie altre cose. Noto che – a differenza di altri capitoli – qui i dati sono carenti; voglio dire: a occhio e croce si va verso meno tasse (oltre che meglio distribuite e riscosse) creando (forse) un minore gettito…

Giustizia: separazione delle carriere (bene), rafforzamenti organico, riforma della normativa sulla custodia cautelare per ridurre gli abusi (benissimo), miglioramento della giustizia civile, interventi per contrastare le vergogne dell’attuale sistema penitenziario.

Sanità: non si va da nessuna parte se non si

ridefinisce la disciplina di competenza di Stato e regioni con riferimento al Titolo V della Costituzione. È necessario riconoscere allo Stato funzioni di analisi dei dati e bisogni, valutazione delle tecnologie sanitarie, indirizzo e coordinamento delle Regioni. Alle Regioni si riconosce la funzione di erogazione e gestione dei servizi, con il conferimento di accreditamento in base a criteri oggettivi ed esigenze territoriali. Nel caso in cui le Regioni non siano in grado di garantire l’erogazione dei LEA, va riconosciuta allo Stato la possibilità di intervenire.

E questo punto è estremamente chiaro e cristallino. Nel programma c’è poi la riorganizzazione dell’assistenza territoriale (giusto, si ritrova in molti programmi), gli investimenti sull’assistenza residenziale e domiciliare, modalità trasparenti nel rapporto fra servizi pubblici e privati, un “Piano straordinario per le liste d’attesa” e svariate altre cose tutte serie, tutte urgenti, tutte giuste.

Scuola, Università e ricerca: la prima cosa sulla quale punto il dito, in senso quasi entusiasta (mi perdonerete) è il Sistema nazionale di valutazione

interrotto dai governi Conte, perché non può esserci autonomia senza valutazione. E solo un sistema nazionale di valutazione efficace può consentire di individuare le aree su cui è necessario migliorare. 

Evviva! Poi. Obbligo a 18 anni e tempo pieno. No al precariato scolastico e valorizzazione delle professionalità. Buona formazione professionale. Edilizia scolastica e molte altre belle cose.

Onestamente mi pare un po’ debole il paragrafo sull’Università, certamente con altre buone intenzioni, che non fa i conti con una debolezza del sistema che – mi pare – è diventata strutturale.

Diritti e pari opportunità: l’immancabile legge contro l’omotransfobia (e vabbé); sostegno ai genitori divorziati; molte cose per la disabilità. Segue un lungo paragrafo sulle pari opportunità (di genere! Ma perché non si capisce che “pari opportunità” non significa nulla se non specifichi?) che neppure commento. Bene, sottoscrivo tutto, ci mancherebbe! Personalmente ritengo più importante il paragrafo successivo su famiglie e natalità, una sorta di buco nero che rischia di trascinare l’intero Paese; l’idea è quella “draghiana” del Family Act che ha introdotto l’assegno unico universale. Il Family Act va attuato anche nelle altre sue parti, piuttosto articolate, ma sostanzialmente basate su contributi economici (c’è anche altro) che, a mio modesto avviso, sono importantissimi per chi fa figli, ma servono pochissimo per incentivare a fare più figli.

Giovani: incentivare l’imprenditorialità giovanile, formazione, riformare “Garanzia Giovani”, altre cosette giuste ma non così radicali.

Welfare e Terzo settore: inizia con un paragrafo di robette sugli anziani, tutte giuste, per carità; poi prosegue con un paragrafo di riforme strutturali per il Terzo settore più succose e necessarie.

Pubblica Amministrazione: qui ci sono varie cose, di peso e natura differente; vi potrei anche dire che sono tutte più o meno ragionevoli ma ce n’è una che vale tutte le altre: “Premiare il merito”:

Per completare le riforme e cogliere le opportunità per tornare attrattive per i migliori talenti proponiamo di: 

  • eliminare i tetti al salario accessorio per premiare la produttività; 
  • valorizzare oltre alle conoscenze tecniche, anche le competenze di carattere trasversale attività lavorativa; 
  • centri di alta formazione nazionali e internazionali per tornare a essere l’incubatore della migliore cultura di governo. 

Non è quanto basta, ma è un buon inizio. Ci sono molte altre cose, come ho detto, ma una mia vecchia idea, ritrovata qui sul programma di Calenda, mi convince particolarmente:

Vogliamo includere in una più ampia riforma della PA la possibilità per i dirigenti pubblici di compiere anche esperienze nel settore privato e viceversa, ovviamente con adeguate garanzie di protezione.

Avendo lavorato un ventennio nella P.A., e più di un ventennio nel privato, sono assolutamente convinto della bontà di questa proposta.

Il capitolo è completato da un paragrafo sul PNRR, sulla scia di Draghi.

Trasporti: Alta Velocità; migliorare la sicurezza delle ferrovie; manutenzione grandi opere e molte altre cose buone.

Innovazione, digitale e space community: un capitolo indispensabile; senza innovazione digitale l’Italia non va da nessuna parte.

Agricoltura; Cultura, turismo e sport (due capitoli): tante belle idee, ma sarete pure stufi di leggere, giusto?

Immigrazione: qui invece è importante, perché marca la differenza sia dalla destra muscolare (mettere le navi della marina militare per bloccare gli accessi) sia dalla sinistra scioccamente inclusiva senza alcuna regola. L’idea del Terzo Polo è sensata e ovvia: no all’immigrazione clandestina, sì a flussi regolari e programmati, perché l’Italia in crisi di natalità ha bisogno di manodopera, specialmente qualificata. Ovviamente, braccia a perte ai richiedenti asilo. Il programma indica in che modo favorire l’inclusione dei migranti (corsi di lingua, regolarizzazione degli irregolari che già lavorano, Ius Scholae, etc.).

Il nostro commento

I nostri lettori già sanno che l’orientamento politico di Hic Rhodus si muove in un’area che potremmo chiamare liberal-riformista; siamo decisamente contro questa destra che ci porterà al disastro economico e sociale e all’isolamento internazionale e non siamo molto accomodanti neppure con la sinistra post comunista, che rappresenta per noi un’altra forma di populismo con un marker ideologico del secolo scorso. Quindi siamo stati attenti nel leggere il programma del PD (che non ci è piaciuto) come questo di Azione e Italia Viva, che invece ci è piaciuto molto.

Partiamo dai difetti (che pure ci sono):

  • malgrado lo sforzo, è indubbiamente meno comunicativo di quello della destra, anche se enormemente di più di quello del PD. Certo, il premio deve andare alle idee, ma bisogna anche saperle rappresentare. Il terzo polo è una novità, è condotta da due leader non propriamente simpaticissimi, la narrazione sul tradimento di Calenda (falsa) e sull’infingardaggine di Renzi (oddio…) sono patrimonio comune e quindi un aiutino nella forma sarebbe stato utile; qualche proposta in meno (alcune – pur interessanti – non hanno natura strategica e si potevano omettere) e qualche concetto-chiave in più avrebbero aiutato. Che dire? L’area liberale è sempre stata intellettualoide…
  • diciamo che qualche concessione al loggione elettorale c’è e mi pare palese: bene tutto, ma le carezze a famiglie, donne, insegnanti, anziani etc. stanno a cavallo fra proposte con un qualche merito, con una qualche giustificazione, e un po’ di strizzatine d’occhi a settori sensibili dell’elettorato. Farò un solo esempio: non è affatto “necessario approvare quanto prima una legge contro l’omotransfobia”; un’ennesima legge particolaristica e prevedibilmente inefficace, sostanzialmente al di fuori dalle idee liberali (il tema è complesso; le nostre ragione le abbiamo spiegate per esempio QUI). Comunque, rispetto alle boiate sesquipedali, assurde, irrealizzabili, proposte da altri partiti, qui siamo davvero ai peccati più che veniali;
  • infine: anche se sul fisco le idee di Calenda e Renzi sono chiarissime, e se gli interventi onerosi sono estremamente più limitati qui che nei programmi di altri, pure non è ben chiaro dove e come si troveranno i soldi. Vorrei dire che nel precedente programma promosso da Calenda e Bonino (ne ho accennato in apertura di post) c’erano dei punti molto chiari che non sono stati ripresi qui:
    • Il debito va ridotto e il deficit tenuto sotto controllo con le politiche di bilancio. 
    • Ogni euro aggiuntivo di spesa pubblica dovrà essere destinato a istruzione e sanità.
    • Nessun taglio di tasse può essere fatto ricorrendo a deficit aggiuntivo. 

Ecco, quella chiarezza mi era piaciuta molto; so che Calenda non ha cambiato idea nel frattempo, sarebbe stato bello vedere quelle medesime frasi nel programma attuale.

E adesso i pregi, quelli che a noi sembrano pregi:

  • chiarezza e onestà; sul merito, sui migranti, sulla pubblica amministrazione, sullo spinoso capitolo dell’ambiente e dell’energia, il programma non finge, non si nasconde; parla agli italiani che vogliono ascoltare, ovviamente;
  • non promette soldi a pioggia, bonus a pioggia, pensioni per tutti, felicità a gogò; anzi, a ben leggere si richiamano più i doveri che i diritti, più le cose da fare con sacrificio che quelle ottenibili gratis;
  • si parla molto di sviluppo, impresa e produttività, ma non si dimenticano mai i deboli e i precari, e si indicano con grande puntualità gli interventi che si vorrebbero fare per il sostegno dei giovani, delle donne, dei disabili, dei poveri.

Vedo che ho impiegato meno righe per descrivere i meriti (quelli che sono tali secondo me) rispetto ai difetti. Ma quelli che descritto come difetti sono, in fin dei conti, poca cosa, mentre questi meriti sono davvero una prova di onestà e di prospettiva di sviluppo.

Gli altri programmi politici: