Il fanatismo è sempre di destra

Due piccoli incidenti, uno sulla fanpage di Hic Rhodus e il secondo sul gruppo “Codice Giallo” (sempre Facebook) mi inducono a una dolorosa constatazione: gratta sotto la pelle di un democratico e potresti vedere apparire un fascistello.

In entrambi gli incidenti, chiamiamoli così, una signora in ciascun caso ha ritenuto di polemizzare per il fatto che su HR (e su Codice Giallo) fosse stato richiamato un articolo apparso sull’Huffington Post che paragona Renzi a un piccolo Turigliatto. Le signore in questione, in quanto renziane di ferro, non hanno semplicemente protestato (che in sé è lecito, ma in questo caso comunque stupido) ma hanno inveito, poi insultato, e insistito con una veemenza che si spiega solo con categorie prepolitiche (un concetto importante, che non vedo molto utilizzato; io ho creduto di spiegarlo COSÌ) interpretabili con teorie personologiche, psicoanalitiche, culturali, intellettive ma, certamente, non politiche.

Tutto questo è tipico. Tipico del lessico dei social, tipico dei tempi difficili, dell’incultura di massa, delle macchie solari… ma anche basta, direi!

Sono anni che assisto a questa involuzione della discussione politica pubblica nelle aridissime terre della prepolitica. E non sto parlando di Salvini, che è un po’ un caso mediatico a parte, o dei grillozzi, fulgido esempio di prepolitica di massa elevata a sistema, cui abbiamo dedicato un numero più che sufficiente di analisi. Sto riferendomi a quanto accade in quello che – più o meno – dovrebbe essere il gruppo dei miei simili politici, ovvero quei democratici, riformisti, certamente anti fascisti e anti lepenisti, che vanno – grosso modo – da LEU fino a Calenda, includendo quindi PD, Italia Viva, +Europa, Giannino, cattolici democratici (esistono ancora, come entità politica?). Più leggo i post di persone di quest’area, e più facilmente trovo che il senso identitario sopraffà, e di molto, l’analisi politica. Questa contrapposizione diventa chiarissima nel più ristretto (ma virulento) contrasto dialettico fra “zingarettiani” e “renziani” (a breve la ragione delle virgolette). Non sono alleati, anche se governano assieme; non sono cugini, anche se provengono dallo stesso ceppo politico; sono dei rancorosi avversari che non sono disponibili a perdonarsi nulla, di supposti insanabili oltraggi subiti, e che difendono con tale veemenza il “Noi” contro il mondo, da far pensare, con una certa facilità, alla fragilità oggettiva di tali appartenenze, se il collante è – 9 volte su 10 – la cattiveria del mondo che non li capisce, e non l’oggetto specifico che dovrebbe costituire una forza politica, vale a dire le politiche.

Una quantità notevole di persone di quest’area – e arrivo alle virgolette sopra – non si definisce, semplicemente, ‘riformista’, o ‘democratico non populista’ (poniamo: un riformista che vota Italia Viva; un democratico che aborre il populismo ed è iscritto al PD; …) ma “renziano” o “zingarettiano” (solitamente questi secondi sono ex “bersaniani”). Costoro non sembrano sostenitori di un programma politico, e se lo sono vi fanno realmente scarsi riferimenti; sembrano invece fanatici sostenitori del leader, che è inviolabile, non perfettibile, non emendabile, soprattutto non criticabile, quasi santo. Una critica a un’opinione del leader, o alla sua linea politica, non viene quindi considerata nel merito, ma affrontata come un attacco al quale rispondere colpo su colpo. Certo, già lo so: ci può essere una critica pacata e razionale e una finta critica birichina che cerca di aizzare artatamente il popolo… ma non mi piangerei troppo addosso per questo; sei in politica? Sei un leader? Puoi andare in TV ogni 3 x 2 a dire quello che vuoi? E allora ti becchi anche le critiche birichine, le domande capziose, qualche eccessiva insistenza su questioni che vorresti lasciar decantare… E i leader meno sprovveduti lo fanno, sia chiaro… Raro vedere Zingaretti o Renzi fuori dai gangheri per una domanda inopportuna o per la sottolineatura di un loro difetto. Fuori dai gangheri ci vanno i fan (= che tradotto letteralmente dall’inglese, insomma, significa semplicemente fanatici); sono loro quelli che si alzano come un sol uomo, brandiscono la scure della mancanza di dialettica, indossano l’armatura splendente e lucida della totale incapacità di capire la critica nel merito, e giù fendenti urlando Marrani maledetti!

Concludo: queste persone non sono di sinistra (o democratiche / liberali / riformiste / quel che vi pare) solo perché loro stessi si appiccicano addosso quell’etichetta; non lo sono perché si sono iscritte a questo o quel partito; non lo sono perché passano il tempo a darsi grande pacche virtuali sulle spalle, nei social, irridendo in coro agli avversari e sentendosi, quindi, così bene accolti nel loro gruppo di pari, e quindi così nel giusto (se milioni di mosche mangiano merda significa che hanno ragione, no?).

Al contrario, lo scrivo con enorme chiarezza e contezza, costoro sono sostanzialmente eversori populisti esattamente come i “salviniani”, i “meloniani”, i “grillini”…

Essere democratici, in una delle molteplici accezioni possibili, non è attribuirsi un’etichetta (sul tema delle etichette in politica abbiamo scritto diverse cose in passato; se siete interessati al tema vi suggerisco almeno QUESTO e QUESTO), è – invece – agire una pratica. Se pensi di essere democratico (in una delle molteplici accezioni possibili, inclusa “di sinistra”) non lo devi dire, lo devi fare.

Fare il democratico – per me – non ha a che fare col buonismo e con la tolleranza; ha a che fare con la razionalità. Non con l’inclusione e l’uguaglianza, ma con la razionalità. Non con la concertazione e la partecipazione, ma con la razionalità.

Se in cima alla vostra lista mettete la passionalità, il senso di identità, una qualunque scelta di valori, una definizione di etica (questo è il massimo dell’orrore!) allora sarete i perfetti soldati di qualsivoglia satrapo, sarete schiavi di ideologie e continuerete a pensare pensieri altrui, forgiati per dirigere le vostre azioni come nuovi cani di Pavlov, inconsapevoli, attori di copioni in cui recitate il ruolo di marionette.

La democrazia (qualunque cosa sia, comunque intendiate declinarla) è senza sentimenti, è senza valori, è senza appartenenze, è senza virtù: è per questo che può sforzarsi di promuovere una giustizia giusta, e non un giustizialismo malato; che può cercare di risolvere le disuguaglianze senza crearne di nuove perché la cura è stata dettata da un’ideologia, o da una paura, o da un condizionamento prepolitico, anziché dalla necessità di eliminare elementi disfunzionali nei sistemi sociale ed economico; è per questo che sa amministrare bene, spendere i Fondi Europei, erogare una buona Sanità pubblica, non perché “è buona”, ma perché è razionale.

Se in cima ai criteri voi mettete una definizione di bontà, una classifica di valori, siete immediatamente contro coloro che quella definizione non accettano, che quei valori non condividono. L’universalità della democrazia consiste nel provare uguale simpatia, pari a zero, per qualunque religione, stile di vita, inclinazione sessuale… e quindi nel farsi carico di accoglierle tutte

Ma se siete rabbiosi “renziani”, se siete “zingarettiani” senza se e senza ma, tutto questo non potete capirlo, esattamente come non possono capirlo i “salviniani” e i “grillini”.