5 temi per l’opposizione che verrà. 4 – Europa vs autonomie

Postfazione. Car* lettori/trici, questo post non mi piace. L’ho pensato e rimaneggiato a lungo ma non ha, a mio avviso, lo spessore e la capacità argomentativa di altri. In questa breve serie sui “temi per l’opposizione” l’Europa non poteva mancare ma il soggetto si presenta più ostico di quanto avevo preveduto. Perché io mi sento europeista, molto europeista, ma quando al dunque vi devo spiegare perché (tanto più con la pretesa di suggerire argomenti di discussione antipopulisti) non è che mi scorrano, fluide, decine di ragioni. E neanche la metà di mezza dozzina. Nel post, vedrete, indico la pace nel continente come ragione persistente, salvo poi affrettarmi a fare dei distinguo. Non ho scritto, per pudore, l’obiettivo degli “Stati uniti d’Europa”, un’idea bellissima quanto stravagante, oggi. L’unione dei deboli nel mondo dei giganti è una ragione fallace ed equivoca. L’indipendenza fra i nuovi blocchi che si vanno configurando suonerebbe addirittura sarcastico, in un’area divisa in nazioni a loro volta divise in regioni, fino agli italici campanili. Insomma: continuo a pensare che solo con un’Europa giusta, forte, solidale, unita, ciascun paese membro possa salvarsi, ma vedo anche che ogni giorno questa eventuale possibilità si allontana.

Ciò detto, se ancora vi garba, leggete pure il resto.

Europa. Sede di speranze, aspettative, sogni; vite spese per questa Europa unita che sta disilludendo tutti. E l’Europa è un tema sul quale i riformisti, i democratici, hanno poco da dire salvo un blando e generico assenso al fatto che in effetti ci sarebbe da cambiare l’Europa ma, come si fa?, ormai non si può uscire, ormai è cosa fatta, e comunque siamo europeisti e ce la facciamo andare bene.

Nossignore. Intanto la destra sovranista ha praterie demagogiche per soffiare sul fuoco delle prossime, imminenti, elezioni europee, e poi, insomma: NO! Questa Europa non può andarci bene, e vogliamo sì essere europeisti, e vogliamo certamente rimanere in Europa, ma vogliamo anche lavorare per migliorarla. Anzi: cambiarla proprio. Per migliorarla, per aumentarne gli effetti, per farla diventare organismo politico e solidale, al contrario dei sovranisti che la vogliono diminuire, ridurre a contratto limitato e poco ingombrante. E sarebbe il caso che gli oppositori a questo regime grigio-nero aguzzassero l’ingegno e mostrassero, assieme, la necessità di rimanere, ma anche la possibilità di cambiare.

Generalmente chi argomenta pro o contro l’Europa usa argomenti economici; peraltro gli stessi: l’Europa ci ha impoveriti vs. L’Europa ha impedito il nostro tracollo finanziario; l’Europa ci ha reso servi dell’Euro e della Merkel vs. l’Europa ci ha dato competitività e slancio. La cosa interessante è che sono vere entrambe le ipotesi, almeno in parte, perché la verità, come sempre (che noia!) è complessa e necessita di analisi un po’ più sottili di queste grossolane dicotomie. Ma, appunto, il “popolo” ragiona assai meglio con le dicotomie Bene vs. Male…

Di analisi economiche ne abbiamo ospitate già non poche, qui su HR: perché non possiamo uscire dall’Euro, perché dobbiamo tenere i conti in ordine e non imitare i greci, perché l’uscita sarebbe disastrosa (vedi Gran Bretagna)… 

Malauguratamente si tratta di ragionamenti in negativo, che spiegano perché sarebbe un disastro uscire, e non perché sia conveniente rimanere. E dopo anni di insofferenze (ben alimentate dalla retorica populista) verso l’ottusità burocratica di Bruxelles e verso l’egemonia della signora Merkel, occorre trovare delle ragioni capaci di giustificare il giusto scetticismo che pure abbiamo documentato:

Queste ragioni positive devono essere forti. Devono essere decisive. Devono consentirci di sopportare il poco amministrativo, politico, macro-economico che è diventata l’Europa.

E lasciare spazi prospettici per vedere, o almeno intravedere uno sviluppo nuovo e migliore, più appagante e più efficace.

Per quanto pensi ne vedo uno solo. Un solo motivo grande, strategico, necessario, e forse di per sé sufficiente a restare e lavorare per un’Unione migliore… la pace.

Questo appare un argomento debole per più ragioni: innanzitutto i più giovani europei occidentali sono lontanissimi dal solo immaginare scenari di guerra; sono cresciuti con l’Interrail e l’Erasmus, col week end a Berlino e gli amici a Londra, non pensano affatto alle imponenti devastazioni che hanno vissuto i loro nonni e bisnonni. Eppure un po’ di storia non guasta e andrebbe spiegato perché i Paesi artefici dell’ultima guerra si sedettero attorno a un tavolo sostanzialmente il giorno dopo, vincitori e sconfitti, per porre le basi di quella che sarebbe diventata l’Unione. Ricordi trascorsi, orrori dimenticati… È un argomento debole anche perché l’Europa non ha saputo far nulla o quasi nella guerra dei Balcani e nella recente crisi in Ucraina; qui occorrerebbe fare un discorso molto ampio che sintetizzerò così: queste guerre sono state gestite o non gestite da altre organizzazioni sovranazionali. In particolare la questione Ucraina, la Crimea, e sostanzialmente tutto il quadrante orientale è appannaggio della NATO, alla quale l’Europa continua a mostrare una sudditanza deleteria e contraria agli interessi europei:

Ma diventa un argomento assolutamente forte se sappiamo alzare lo sguardo e guardare a scenari di medio periodo… Trump e Putin, per essere chiari, e i confronti che si vanno configurando in scenari fra loro apparentemente differenti: le relazioni commerciali Usa-Europa, l’egemonia nel Pacifico contesa fra Cina e Usa e il ruolo sempre più invasivo della Russia putiniana, come ingerenze europee da un lato e come potenziale alleato cinese dall’altro.

Come accennato nell’ultimo dei testi richiamati qui sopra, il mondo è cambiato rapidamente; non ci sono più i “blocchi”, quello dei cattivi comunisti e quello del “mondo libero”, dove era facile scegliere da che parte stare. Oggi la scelta è semplicemente quella fra chi finirà schiacciato, inglobato, privato di sovranità, e chi ha capacità anche in termini strategici, e quindi massa, per affrontare i tre colossi internazionali: la declinante (ma ancora n° 1) USA, l’arrembante (e terribilmente efficiente anche nel lungo periodo) Cina, e l’aggressivo orso russo, in difficoltà sotto diversi profili e in spasmodica continua ricerca di riscatti e vittorie panslave. È sicuro, e senza il minimo dubbio, che anche la Germania da sola non andrebbe da nessuna parte; figurarsi l’Italia. Sia le sfide tecnologiche che quelle commerciali, sia quelle relative alla sicurezza, non possono che avere una risposta unitaria. Nessuna Unione litigiosa, divisa, più amministrativa che politica, più finanziaria che economica, attraversata da idiozie sovraniste, può competere per un altro decennio nel mondo che si va profilando.

Tutto questo ha moltissimo a che fare con la pace. “Pace” è potere vivere secondo le nostre scelte di europei, senza conflitti interni ma soprattutto senza minacce esterne. Un esercito unico. Una politica estera unica. Una regia economica unica (non sbagliamoci: oggi non c’è; c’è quella finanziaria…). Una politica sociale inclusiva unica.

È talmente lontano dalla realtà, tutto ciò, da sembrare francamente impossibile.

Se i democratici, riformisti, sedicenti europeisti vogliono fare politica veramente, e non distribuire slogan banali, usurati, ormai non più credibili, devono quindi riprendere con forza le idee europeiste e confrontarsi almeno (dico: almeno) con i seguenti punti:

  1. Europa e Nato; necessità di un taglio ombelicale con gli USA di Trump, revisione del ruolo della Nato; ripensamento della politica verso Putin;
  2. Europa ed Est europeo; il più vistoso errore nello sviluppo del progetto di Unione; i paesi dell’Est hanno un’agenda assolutamente differente da quella dei paesi occidentali e sono di ostacolo a una crescita armonica all’interno dell’Unione; il tema va affrontato e risolto;
  3. l’immigrazione: serve ovviamente una politica unica; chi accogliere, quanti accoglierne, come proteggere le frontiere da arrivi indesiderati (e quindi le frontiere dei paesi più esposti, come l’Italia); sempre su questo tema: integrazione; come, chi, con quali regole (su questo rimando a una nota precedente: L’inclusione è un dovere. Per chi viene incluso);
  4. più economia integrata; regole ferree per evitare il ripetersi della presa in giro greca; più controlli per gli stati “birichini” come l’Italia (la Germania dovrà pur essere accontentata) ma basta con i parametri rigidi, occhiutamente antinflazionistici ma incapaci di sostenere sviluppo e inclusione nelle aree che ne hanno più bisogno;
  5. una politica sociale integrata e solidale, altro che reddito di cittadinanza! Un’Europa che sapesse rispondere alle nuove e diffuse povertà non dovrebbe più avere paura dei sovranismi e dei lepenismi;
  6. un vero governo europeo, quindi trasnazionale, al quale concedere ulteriore sovranità. La balla del sovranismo va smontata accelerando il conferimento di autorità per il bene comune; non c’è organizzazione sociale umana, dalla famiglia allo Stato, passando per i condomini e le cooperative agricole, le bocciofile e i Municipi dove non ci sia una delega, una compartecipazione, una cessione di autorità, di sovranità, di responsabilità. L’invenzione populista del sovranismo è una balla totale, ed è facile mostrare che assieme, cedendo tutti un po’ di “sovranità” (?), si diventa più forti, più sovrani in senso globale e strategico, più ricchi.

Post Scriptum: avevo già chiuso questa nota quando è uscito il manifesto di Calenda, che mi pare uno sforzo nuovo e propositivo per andare nella direzione da me esposta. Vedremo; intanto Letta ha già fatto sapere di essere contrario

Già pubblicati:

  1. Immigrati;
  2. Sicurezza;
  3. Difesa personale.

Prossimo appuntamento:

  • Intellettuali, leadership, linguaggio: a mo’ di conclusione.